Venerdì 21 Maggio

Moritzbastei

Lipsia, Moritzbastei (foto di Christian Dex)

Eccoci ancora una volta ritornati in quel di Lipsia, scalpitanti e desiderosi di fare l’ennesima abbuffata di concerti e quant’altro. Quest’anno poi la pattuglia di band arrivate al festival sembra alquanto poderosa e dunque non ci sarà che l’imbarazzo della scelta (tempo a disposizione permettendo). Purtroppo (per noi, certo non per l’organizzazione) anche la marea di persone che hanno deciso di partecipare al più grosso evento musicale gotico della stagione è quest’anno in netto aumento e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: code chilometriche di persone in attesa per fare i biglietti che durano tutta la giornata davanti al Werk II, anche sotto l’acqua scrosciante (tanto i tedeschi nemmeno se ne accorgono, gli unici con l’ombrello sono italiani…) e code chilometriche anche in automobile per arrivare ai cancelli della zona dell’Agra, dove si svolgono i concerti più importanti e dove c’è l’enorme campeggio. La cosa buffa è che invece di parcheggiare l’auto alla meno peggio (come abbiamo fatto noi) e correre a vedere i concerti, la maggior parte dei tedeschi è stata diligentemente in coda nell’auto ad aspettare anche fino alle due di notte, con un’impassibilità per noi davvero inconcepibile (valli a capire…).

Ci immergiamo così nell’ambiente oscuro dell’Halle 2, un enorme magazzino fieristico riadattato per l’occasione a megalocale per concerti. L’ambiente è già zeppo di persone acconciate nei modi più assurdi e originali, dal look sado maso spinto, al perfetto stile medievale, da quello gotico-romantico con tanto di vestito a ruota puro stile ‘800 al look techno-electro, ma dopo un primo momento di smarrimento e sorpresa, poi non ci si fa già quasi più caso… Nell’abituale “toto magliette” direi che quest’anno dominano sempre i Project Pitchfork seguiti dai :wümpscut:, ma devo dire che sono in netto aumento le magliette metallare (non chiedetemi i nomi, perché le scritte sono illeggibili per me!). Di gran moda quest’anno tra le fanciulle la borsetta a pecorella, in versione pecora bianca oppure pecora nera (davvero un must del kitsch) e i capelli raccolti in testa a mo’ di cornine (sarà…).

La serata inaugurale, come di tradizione, non presenta molti concerti, addirittura solo due quest’anno, i Tanzwut e i Loom con orchestra, mentre il resto della serata è dedicato alla discoteca (per la quale è stato infatti montato presso il campeggio un tendone enorme) o agli acquisti presso il megamercato di dischi, vestiti e oggetti strani vari.

La sfilata, quest'anno un tantinello - ma solo un tantinello - meno kitsch che in passato (foto di Mircalla)Il programma inizia con la solita sfilata di vestiti gotici, leggermente più piacevole rispetto alle scorse edizioni per la coreografia di stampo maggiormente teatrale e per la presenza di qualche schetch dal sapore sadomaso, ma pur sempre inevitabilmente e terribilmente kitsch. Anche quest’anno presenta l’evento il nostro Oliver Klein, intrattenitore-cantante di raro talento, che non ci risparmia le sue solite banalità….

Ma veniamo all’evento principale della giornata: il concerto dei Tanzwut! Eravamo molto curiosi di assistere al live di questo gruppo tedesco di cui ci avevano parlato un gran bene: si tratta infatti di una formazione parallela dei Corvux Corax e propone sempre musica di tradizione medievale, ma unita a suoni decisamente elettronici (per non dire techno), insomma una via di mezzo tra la musica medievale e i Rammstein. Già la loro comparsa sul palco non può che far rimanere stupefatti: il cantante appare vestito solo di un cinturone nero di pelle e di un gonnellino rosso borchiato in stile medievale completamente aperto ai lati, con sotto… niente! Completano il look stivaloni rossi di pelle, catenacci di ferro che dal collo si collegano alle braccia, con tanto di bracciali e di collare con lunghissime punte di metallo, per non parlare della pettinatura alla Prodigy, con tanto di cornetti rossi!! Gli altri componenti del gruppo non sono comunque certo da meno: si va dal pifferaio panzuto e con barba lunghissima (e di una certa età) vestito con tunica color argento fosforescente e che sembra appena fuoriuscito da una saga fantasy, al percussionista con i capelli lunghi e la fascia in testa stile hippy-medievale, al cornamusista (si dice così?) in perfetto look sadomaso versione medievaleggiante con tanto di maschera argentata sulla faccia, insomma un vero spettacolo!! Non riesco nemmeno a capire quante persone sono sul palco perché si muovono a una velocità impressionante e continuano a cambiare strumenti, tra cornamuse, vari strumenti a fiato, chitarre, ghironde e uno strumento stranissimo a corda in legno che sarà lungo almeno due metri. Il risultato di tutto questo è inevitabilmente una musica estremamente potente e trascinante, che calibra con precisione momenti medievaleggianti e suoni duri e tecnologici, davvero con una forza e un’originalità che è paragonabile solo a quella degli In Extremo, grande scoperta della scorsa edizione. Il concerto suscita l’entusiasmo del pubblico con la gente che poga e l’esaltazione che sale alle stelle; un ottimo successo per questa incredibile band di cui corriamo subito a comprarci il cd!

Tanzwut

Prodigy? No Tanzwut! (foto di Mircalla)

Aspettiamo soddisfatti il secondo concerto della serata, i Loom, che si presentano con tanto di orchestra classica e di ballerine. Suoni digitalizzati e tecnologici prodotti da tre giovani fanciulli piazzati in varie zone della sala si uniscono a quelli classici dell’orchestra posta sul palco principale, che però sono così in secondo piano che quasi non si sentono, mentre sulla parete opposta vengono proiettate una serie di immagini digitali con le danzatrici che si esibiscono proiettando le loro ombre sui muri… Il tutto poteva essere decisamente suggestivo e interessante, ma in realtà si risolve in qualcosa di sterile e troppo intellettualistico, tanto che dopo le prime canzoni la noia ha su tutti noi il sopravvento e decidiamo che è il caso di cambiare decisamente aria…. anche perché lo stomaco comincia a farsi sentire e il megamercato dell’Halle 1 si presenta come il paese dei balocchi in versione gotica.

Sabato, 22 Maggio

Diamanda Galas

La Div(in)a Diamanda (foto di Mircalla)

La giornata si presenta fin dall’inizio alquanto impegnativa: come si fa a non andare a vedere la mitica Diamanda Galas che suona a mezzogiorno (!!!) alla Halle II? Con somma fatica solleviamo le nostre stanche teste dai cuscini e corriamo per non perdere l’evento. La sala, nonostante l’orario, già trabocca di gente (per fortuna che hanno messo le sedie!). Il concerto del resto prevede esclusivamente brani per pianoforte e voce… Ed eccola arrivare, completamente di nero vestita, con un lungo abito alquanto sexy e prendere posto al pianoforte. Il resto è solo grande musica unita ad una voce inarrivabile, che messe assieme tolgono il fiato per l’emozione. La Galas ripropone alcuni dei brani migliori del suo vastissimo repertorio e non ha, per un’ora e mezzo abbondanti, un solo attimo di cedimento. Alla fine le richieste di bis si sprecano e lei molto gentilmente concede altri tre brani, poi ringrazia e se ne va immersa in una nuvola di denso fumo…

Non c’è nemmeno il tempo di riprendersi che già bisogna ripartire per il Parkbühne dove per il pomeriggio è prevista una lunga serie di concerti. Ma purtroppo il tempo non è certo dei migliori, piove e fa freddo, e il posto, come il nome fa intuire, sta in mezzo ad un enorme parco ed è rigorosamente all’aperto (tranne il palco che è coperto). Quando arriviamo i concerti stanno per iniziare, ma la gente si aggira ancora un po’ smarrita, tutta compressa sotto le riparate arcate laterali. Il programma prevede in successione Whisper in Shadow, Still patient?, Scream Silence, Lore of Asmody, The Last Dance, Anathema, Inkubus Succubus, Weltenbrand: riusciamo a resistere una mezzoretta circa, giusto per vedere l’inizio del primo concerto, e poi il freddo ha la meglio e decidiamo di andarcene, anche perché abbiamo trovato un’alternativa che sembra piuttosto allettante: il concerto dei Mila Mar nel teatro della città.Non conosciamo assolutamente questo gruppo, ma da quello che riusciamo a decifrare nella mini presentazione che c’è sul programma (rigorosamente in tedesco!) sembrerebbe piuttosto interessante… E così ci sediamo al calduccio nelle morbide poltrone della Schauspielhaus, curiosi di vedere che succede.

Mila Mar

Mila Mar: la migliore sorpresa del Wave Gotik Treffen 1999 (foto di Mircalla)

Ed ecco apparire i tedeschi Mila Mar in mezzo a una scenografia affascinante composta da strani alberi rinsecchiti con i rami contorti e da delle specie di calderoni fiammeggianti: due maschietti alle tastiere e alle percussioni, una violinista e flautista e la cantante, che si presenta sul palco a piedi nudi fasciata da un semplice abito nero. Ma fin da subito è la loro musica a prendere il sopravvento su qualsiasi sensazione estetica: una musica calda e sensuale, sorretta dalla meravigliosa voce di Anke che spazia con facilità dai toni più bassi a quelli più acuti e che in certi momenti non può non ricordare la divina Lisa Gerrard. Ma oltre alla splendida voce e al gioco tra sintetizzatori, flauti e violini sono le percussioni che svolgono un ruolo fondamentale nella musica dei Mila Mar e che contribuiscono a dare un certo tocco “etnico” che li rende particolarmente intriganti. Il concerto è molto intenso e toccante e alla fine gli applausi arrivano scroscianti, soprattutto da parte nostra, soddisfatti per aver potuto scoprire un gruppo così valido e particolare, ma completamente sconosciuto in Italia.

Decidiamo poi, dato che il tempo non dà segni di miglioramento, di tornare all’Agra, dove nella Halle I il programma di concerti sta per avere inizio e sembra piuttosto interessante; infatti si alterneranno Skyclad, Liv Kristine, Umbra et Imago, In Extremo, Him, Loom, Joachim Witt e per il gran finale i Project Pitchfork. Arriviamo mentre stanno suonando gli Skyclad, mix di musica metal, folk e progressive, abbastanza piacevoli, ma che non ci interessano poi più di tanto. Aspettiamo quindi il concerto di Liv Christine, più per curiosità che per altro, dato che una nostra fidata collaboratrice già ci aveva preavvisato, dicendoci peste e corna del suo ultimo album da solista. Ma noi ricordavamo la buona performance a Lipsia dello scorso anno, quando aveva cantato con i Theatre of Tragedy e dunque volevamo sincerarci di persona…

Liv Kristine

Liv Kristine: la peggiore sorpresa del Wave Gotik Treffen 1999 (foto di SuperVirna)

In effetti già alla seconda canzone ci rendiamo conto di stare assistendo a quello che alla fine possiamo dire sia stato il peggiore concerto che abbiamo visto a Lipsia: la nostra infatti ci propina un gothic-metal banale e noiosetto, condito di un romanticume appassito e asfittico, in alcuni momenti sfacciatamente melenso e pop (il che non è di per se stesso affatto un’offesa, anzi, ma lo diventa se si intende come “estremamente leggero e superficiale”), fino a cadere nel più assoluto ridicolo con il must di “Innamorata” (ebbene sì, la canzone fa proprio così) che fa scoppiare urla di protesta (“cialtrona, vai a lavorare”) da parte di una parte del pubblico italiano presente accanto a noi. Gli altri, non moltissimi a dire il vero, ascoltano impassibili e applaudono, ad ognuno i propri gusti, del resto.

Alla fine del concerto si liberano finalmente un po’ di spazi tra le prime file che mi permettono di collocarmi in buona posizione per vedere il concerto (o sarebbe meglio dire spettacolo?) degli Umbra et Imago, mentre dietro a me la folla cresce e le spinte si fanno più pressanti. Dopo una lunga preparazione del palco ecco comparire sulla scena Mozart e compagni, con un nuovissimo set, che presentano al pubblico per la prima volta. L’approccio è decisamente meno fetish del solito (anche se non mancano le solite donnine senza veli), mentre prevale un aspetto più gotico-romantico, con Mozart che si presenta con un enorme mantello nero dal collo alto e con un bastone che sprigiona fiamme, un po’ simile a Dracula, un po’ ad un Orco delle fiabe. La scenografia è molto oscura (lenzuoli neri tappezzano tutte le pareti del palco) e i fuochi accesi un po’ dappertutto dominano incontrastati, creando una successiva atmosfera. Per il resto il kitsch domina sovrano sia nella musica che nei gesti, ma bisogna dire che proprio questa fusione musica-spettacolo è comunque ben assortita e non annoia chi è in vena di un po’ di divertimento. A Mozart piace aizzare il pubblico, che risponde del resto caloroso, un po’ lo sfotte e un po’ lo eccita, e si diverte poi a scendere dal palco e ad andare in mezzo agli spettatori, da vera rock star consumata. Insomma se vi piacciono i luna park, i mangiatori di fuoco, i vecchi tunnel dell’orrore, Umbra et Imago non vi deluderanno!

Umbra et Imago

Umbra et Imago: quando il kitsch diventa sublime (foto di SuperVirna)

E’ giunta finalmente l’ora degli In Extremo, e l’attesa tra la gente arriva alle stelle. E’ incredibile come nel giro di un anno questo gruppo si sia guadagnato un’enorme popolarità ed una sostanziosa quantità di seguaci in Germania. I più agguerriti arrivano vestiti da perfetti combattenti medievali con tanto di kilt rosso e cinturoni di cuoio o di pelle, altri (di stazza enorme) sembrano veri e propri vichinghi con barbe e capelli lunghissimi, anche le ragazze sfoggiano lunghe vesti legate in vita da una corda e piccole bisacce di pelle al polso. Non vi sto a descrivere nei particolari il concerto degli In Extremo perché mi sembrerebbe di fare una riedizione di quello che ho scritto lo scorso anno, dato che lo spettacolo si presenta più o meno invariato, e pertanto vi rimando all’articolo di Lipsia ’98, dove potrete trovare tutti i particolari sul loro show. Purtroppo quest’anno il loro live è stato da me meno apprezzato sia perché l’impianto sonoro non era ben regolato (alcuni strumenti tipo i flauti si sentivano poco) sia perché il gruppo ha accentuato molto il suono delle chitarre, con un risultato un po’ troppo metallone per i miei gusti. Inoltre, schiacciata in prima fila contro le transenne, non mi sono potuta godere lo spettacolo, perché non sono mancati alcuni momenti di tensione a causa di esagitati che con il loro pogo fuor di misura hanno rischiato di mandare per terra più di una persona, soprattutto le ragazzine molto giovani che si erano già appostate nelle prime file per seguire il concerto dei loro amati Him. Nonostante queste piccole contrarietà la performance è stata comunque fantastica, la miscela di musica medievale e metal che propongono gli In Extremo è davvero esplosiva ed inusuale e consiglio a chi non li conosce ancora di non aspettare un minuto oltre e andare a comperare il loro cd “Weckt die Toten”, ora reperibile anche in Italia.

Alla fine del concerto sono così distrutta che quasi non mi reggo in piedi e inoltre l’aria della Halle II si è fatta irrespirabile. Dato che il gothic-metal dei bellocci Him non ci interessa più di tanto, per non parlare dei successivi Loom, che già ci avevano annoiato a morte la sera prima, né tanto meno Joachim Witt, vecchia stella germanica anni ’80, proviamo a fuggire dal megacapannone e andare a vedere se è possibile recuperare il concerto dei Weltenbrand al Parkbühne, tanto più che nel frattempo ha smesso finalmente di piovere. Ma quando arriviamo là una brutta sorpresa ci attende: i Weltenbrand hanno già suonato. Infatti nonostante i gruppi precedenti avessero accumulato un certo ritardo, la chiusura del parco era stata fissata alle 22.00 e gli organizzatori si sono tenuti ligiamente ai patti. Pazienza, avremmo voluto ascoltare dal vivo le canzoni del loro nuovo cd, ma sarà per un’altra volta.

A questo punto ci rimangono tre possibilità: o tornare all’Agra, o andare alla serata industriale, dove in seguenza suonavano Black Psyche, Tho-Soo-Aa, Feindflug, Nocturnal Emission, Deutsch Nepal, Hypnoskull, oppure a quella elettronica che vedeva in scena Breathe, Stendal Blast, Melotron, Abscess, Cat Rapes Dog, Evils Toy, Funker Vogt. Molto dubbiosi e incerti optiamo infine per l’ultima possibilità (un resoconto sulla serata industriale comunque ci è stato gentilmente inviato da un corrispondente di eccezione) e andiamo all’Haus Leipzig. Arriviamo nel momento in cui hanno appena finito di suonare gli Evil Toys, e mentre una fiumana di gente esce dal locale, parliamo con un po’ di persone decisamente entusiaste del concerto e in generale di tutti i live dei gruppi elettronici presenti in quella serata. All’interno si respira a fatica tanta è la gente accalcata (e sudata) in tutte le parti della sala. Scattare foto è addirittura impossibile dato che siamo relegati in cima e non ci sono possibilità di raggiungere la zona a fianco del palco adibita per i giornalisti. Perciò ci rassegniamo e aspettiamo l’inizio del concerto dei Funker Vogt.

Questa edizione del Festival di Lipsia ha rappresentato l’illuminazione sulla via dell’Electro per parte della redazione di Ver Sacrum (il buon Riff Raffaello aveva già da un pezzo “visto la luce”). Non che abbiamo intenzione di trasformarci in una rivista/sito trance ma sia Mircalla che io abbiamo (finalmente?) abbandonato una leggera avversione per i suoni sintetici, ripetitivi e ossessivi. Anziché storcere il naso e al massimo battere a tempo il piedino ora ci scateniamo nelle danze! Sicuramente questa splendida performance dei Funker Vogt ci ha aiutati a ricrederci. Siamo arrivati all’Haus Leipzig dopo l’estrema delusione per la perdita del concerto dei Weltenbrand (di cui sto ascoltando, ora mentre scrivo, lo splendido “Der Untergang von Trisona”). Facendo un rapido calcolo delle scalette e dei ritardi accumulati capiamo che se torniamo all’Agra ci saremmo dovuti sorbire gli insopportabili Loom: all’unanimità decidiamo di procedere per i Funker Vogt…

L’Haus Leipzig è un edificio rettangolare, costruito in pieno stile “Socialismo Reale” ma che nasconde al suo interno una sala elegante, seppur non gradissima, con un bel pavimento di parquet. Così almeno è come me lo ricordavo al concerto degli Illuminate di tre anni fa. Ora i dettagli mi sfuggono decisamente perché la sala, nonché la piazzetta antistante e le scale di ingresso, sono piene di persone. Riusciamo ad entrare solo perché sta uscendo molta gente dopo il concerto, pare bellissimo, degli Evils Toy. Il locale è comunque ancora decisamente affollato e l’atmosfera è molto eccitata. I fan sfegatati del gruppo incitano i musicisti a comparire al grido di “Fußball, Trinken, Funker Vogt”, più o meno “Calcio, Bere e Funker Vogt”! Non siamo tra un gruppo di intellettuali quindi, né per il pubblico e né tantomeno per il gruppo, che nel frattempo è salito sul palco in tenuta paramilitare e comincia a distribuire baschi dell’esercito. I brani vengono snocciolati in rapida sequenza mentre l’audience comincia a ballare all’impazzata. E’ davvero difficile non farsi prendere da questa miscela di suoni potenti e ritmi mozzafiato: la struttura delle canzoni è assai semplice e basica, tanto da farmi ricordare, per approccio e ovviamente non per i suoni, il punk del ’77. Non ci stupiamo perciò nel vedere spettatori coinvolti in poghi mozzafiato e addirittura nello stage-diving. Riascoltati su disco i Funker Vogt perdono completamente questa carica catartica trasmessa in concerto: rimane una musica molto eccitante, ma decisamente ripetitiva e noiosa, inferiore a quella proposta da altre formazioni electro. In loro manca completamente il gusto per le melodie, che ha fatto emergere formazioni come Apoptygma Berzerk e VNV Nation (i due gruppi che si stanno contendendo la mia personale “palma” di “Depeche mode del 2000”) o un approccio di ricerca, prossimo all’industrial (come in alcune cose di :Wumpscut:): i Funker Vogt fanno una musica semplice e divertente, ottima per ballare e niente più. Ma nessuno mi farà cambiare idea sul fatto che il loro concerto sia stato uno dei migliori del Gotik Treffen 1999! (Christian Dex)

Finito il concerto lasciamo alquanto soddisfatti la Haus Leipzig e ci dirigiamo in gran fretta all’Agra, sperando di arrivare in tempo per vedere il concerto dei Project Pitchfork, confidando nel ritardo che di solito si accumula tra uno spettacolo e l’altro. In effetti i nostri calcoli sono stati giusti e il gruppo, all’una e passa di notte, non ha ancora iniziato a suonare. Abbiamo così il tempo di appostarci tranquillamente.

Project Pitchfork

Project Pitchfork (foto di SuperVirna)

Aspettavo con ansia e tanta curiosità il concerto dei Project Pitchfork. Ho appena due CD della loro sterminata discografia, opere che ho molto apprezzato, e inoltre avevo sentito parlare molto bene dei loro live da tutti i nostri amici che hanno avuto occasione di vederli in Italia (il loro “mitico” spettacolo a Pordenone due anni fa) o in giro per l’Europa. La magia però a questo festival di Lipsia non c’è stata. Forse ero io a non essere pronto a “ricevere” oppure loro non “stavano trasmettendo”. Senz’altro la terrificante acustica della serata ha contribuito non poco a peggiorare le cose: i tecnici del suono, probabilmente confusi dall’estrema varietà della musica dei gruppi in scaletta, dopo aver già offerto una pessima prova al concerto degli In Extremo, insistono a rovinare le nostre orecchie rovinando le sonorità normalmente precise e cristalline del gruppo. Questa amalgama informe di suoni ci viene restituita abbondantemente impastata grazie ai mille riverberi dell’Agra, che come il nome suggerisce è uno spazio fieristico – enorme – usato per fiere dell’agricoltura, in pratica l’incubo di un qualsiasi audiofilo. Le canzoni quindi erano apprezzabili più che altro “a memoria”. Il pubblico è comunque entusiasta e accompagna la fine di ogni brano con vero boati di approvazione. Sul palco i Project Pitchfork erano in quattro, i due membri “storici”, Peter Spielles e Dirk Scheuber, più due turnisti alle tastiere e alla batteria. Se la performance di Spielles è stata senz’altro impeccabile, e ha scatenato un delirio fra le numerose ragazzine delle prime file, è stato il suo compare a dar vita ad uno spettacolo a mio avviso imbarazzante. La faccia truccata di biacca bianca, i capelli biondi tutti scombinati, vestito con un informe maglione grigio, sembrava un incrocio tra uno spaventapasseri e l’Igor dei film di Frankenstein. Per tutta la durata del concerto ha ciondolato da una parte all’altra del palco, infliggendo ogni tanto colpi furiosi ad una povera tastiera evidentemente spenta o incitando il pubblico a battere le mani. Quel che è peggio è che era evidentemente sobrio! Mah! Ad ogni modo la scaletta del concerto ha riproposto, nel bene e nel male (il brutto singolo “I live your dream”) soprattutto brani dalle ultime prove del gruppo e solo nel finale si è infiammato con alcuni vecchi successi (su tutti “Souls”). Alla fine del concerto incontro diverse persone abbastanza deluse da questo spettacolo, seppur per motivi assai diversi tra loro. E se fosse stata tutta colpa dei malefici tecnici del suono? (Christian Dex)

Finisce così questa intensa giornata, davvero stancante e faticosa, ma che valeva certo la pena di essere vissuta, data la quantità e la qualità dei concerti che abbiamo visto (tranne qualche caso). Giusto per amore di documentazione vi faccio un breve accenno sugli altri spettacoli in programma che ci sarebbe piaciuto vedere ma ai quali, per un motivo o per l’altro, non abbiamo avuto possibilità di assistere. Molto suggestivo era ad esempio il programma del Völkersclachtdenkmal (un enorme monumento ottocentesco rotondo in marmo bianco, costruito in occasione di una vittoria su Napoleone) che presentava in concerto prima i Sorrow (il gruppo di Rose McDowel, attorniata da altri ex collaboratori dei Current 93) e poi gli Ataraxia, entrambi in versione completamente acustica. Oppure si poteva optare per il teatro dove Lydia Lunch presentava il suo ultimo spettacolo, a metà tra rock e reading, o ancora per la Michaeliskirche dove gli Joculatores & Ensemble Amarcord presentavano un programma di musiche sacre antiche tratte dal ciclo sulla vita della santa Elisabeth von Thüringen. Piuttosto interessante doveva essere anche la “Vampirnacht” che prevedeva delle letture di storie di vampiri, una rappresentazione teatrale tratta da Bram Stoker, poi il musical “Tanz der Vampire” (La danza della Vampira), una performance di erotismo oscuro, un concerto per flauti e voce tratta da “Il Vampiro” di Baudelaire e film di vampiri vari. Il tutto senza citare il numero a dir poco pazzesco, almeno una quindicina, di feste notturne in discoteca, sparse in vari locali di Lipsia!!!

Mircalla

Moritzbastei

Moritzbastei (foto di Christian Dex)

La Sin Organisation/Onde Furlane Posse arriva orgogliosa al Werk II con grandi aspettative per le performances di almeno due dei personaggi previsti in scaletta, al secolo Nocturnal Emissions e Deutsch Nepal. Nessuno di noi avrebbe pensato che si sarebbero concretizzati un pomeriggio e una serata così pieni di materia delirante e di imprevisti più o meno paradossali.

Dopo aver superato non senza problemi un servizio d’ordine anche troppo efficace, tra perquisizioni in grande stile e un’atmosfera della serie “campionati regionali di lotta greco-romana”, entriamo nel benedetto stabile dando serio spettacolo: rischi di capitomboli al buio, tentativi maldestri di ricerca di posti a sedere, agognato ed eroico raggiungimento dei bagni; il tutto in una infantile e patetica dimensione di smarrimento generale. Eppure il Werk II non può non piacerci, uno stabile ai limiti di un posto occupato, ben organizzato nella sua caotica oscurità fumosa; siamo ben motivati, e viene da pensare “proprio l’ideale per un happening di musica industriale”. Musica industriale? Alla fine della serata abbiamo avuto non poche riserve nell’adottare questa definizione… Ma andiamo con ordine…

La Halle D si riempie senza grossi affollamenti, persone sedute sui gradini o per terra, un buon numero di appassionati e curiosi si avvicina al palco, insomma l’inizio sembra più che promettente. Si comincia con i Black Psyche, formazione che rende ancor più fumosa l’atmosfera del luogo attraverso una sterile esibizione a base di luoghi comuni di quella che sovente liquidiamo con la definizione “musica industriale” o “sperimentale”; la grinta e l’impegno ci sono e il tentativo di sprigionare energia pure. Niente da dire, non basta però rifarsi ad un minimalismo del tipo “tanto chi se ne accorge”, fra duetti vocali di ambo i sessi (lui grintoso e falsamente adirato, lei sempre aggressiva, ma comunque mitigratice del polpettone in questione), campionamenti e plagi stile “tastierine Bontempi”, e soprattutto quelle malefiche percussioni metalliche che, come effetto sonoro, ricordavano vagamente ma con insistenza il rumore dei pugni e degli scapaccioni di Bud Spencer nei suoi memorabili films. Energici ma scordinati, i Black Psyche avranno forse con il tempo la possibilità di ritagliarsi un loro spazio, anche con qualche realizzazione degna di lode; ci vuole però una convinzione fatta soprattutto di ragionamento, oltre che di manovalanza a testa bassa. Nell’attendere tali rosei sviluppi, noi abbiamo indirizzato insistentemente il nostro ispirato sguardo verso il reparto bar.

Si prosegue: il progetto Thoo-Soo-Aa si muove in quella sfera musicale che ai più richiama il genere dell’”ambient music” attuale, mescolato con sapienti ritagli fatti di vera suggestione, con momentanei excursus verso “colonne sonore” più sperimentali; chi ama le registrazioni di Vidna Obmana o del nostro Alio Die si ritroverà paciosamente accasato fra i suoni prodotti da questa presunta one-man band. Più da ascolto quindi che da visione, nonostante il tentativo tramite video (riprese decisamente appropriate e in linea con il comun denominatore onirico del progetto) di amalgamare una performance quasi statica, da “vedere chiudendo gli occhi”. Niente male.

Comincia la sagra! Sul palco arrivano i Feindflug, quartetto accompagnato da una fedelissima cerchia di aficionados/hooligans che sembrano materializzarsi da ogni angolo del Werk II in tenuta regolamentare: pantaloni stile mimetica color nero con ampi tasconi laterali, abbondante rasatura ai lati con ciuffetto (anch’esso possibilmente nero) in bella evidenza, t-shirts di stampo E.B.M. con grandi sprazzi di originalità nella scelta dei gruppi (7 su 10 :wumpscut:, mentre qualche isolato Leather Strip e In Strict Confidence sembra quasi far la figura del “progressista” nella ricerca del nome più “cool”). Anche i Feindflug non scherzano: omaccione scolpito e rasato alle tastiere, un tipo avvolto fra tuta stile “impianto nucleare” e pseudo maschera anti-gas, un chitarrista che sfiora livelli di quasi normalità e… LUI! Sì! Non poteva essere altrimenti, il classico cantante E.B.M. della mutua, di quelli che tanto par capirci “cantano” una parola ogni sei pezzi, suonano per finta la batteria elettronica (sbagliando sempre e comunque due battute su cinque, media stabilita matematicamente sul luogo in tempo reale!) e fanno gran sfoggio di nudi pettorali (o era una neonata panza da birra?) incitando la bolgia intervenuta con movenze energico-macho. Proprio così, un bel concerto d’epica maschilinità sterile, una buona compensazione di possibili frustazioni quotidiane attraverso la concessione sociale del poter incidere “musica”: in poche parole…come andare allo stadio, cambiano i suonatori ma le circostanze comportamentali rimangono le medesime. Eppure questa ” libertà concessa” (siamo tra le famose democrazie del Nord-Europa, no?) viene messa a punto con estrema caparbietà: una tabula rasa vera e propria, i Feindflug mettono a ferro e fuoco il Werk II attraverso convincenti/convinti episodi di hard-E.B.M. al limite della techno “bum bum”, con alto tasso di comunicatività impulsivo-tamarra. La risposta del pubblico è decisamente calorosa nonché isterica; ma anche se battiamo volontieri il piede continuamo a non (voler) capire, fra campionamenti “sospetti” e il tentativo di una breve messa in scena di un interrogatorio + esecuzione (…) dall’impatto recitativo irrilevante.

Moritzbastei

Moritzbastei (foto di Christian Dex)

Dopo la mattanza dei Fleiflug ci aspettiamo ben pìù grandi cose da Nocturnal Emissions: sebbene ben consci di un possibile svarione di tipo manierista del progetto di Nigel Ayers, nella nostra immaginazione riusciamo ancora a vivere di rendita attraverso quell’importante e imponente discografia che aveva contraddistinto Nocturnal Emissions sin dai primi anni ’80, in particolare quel “Tissue of Lies” che fece scuola nella cosidetta “industrial music” assieme a S.P.K. e a Throbbling Gristle, senza ovviamente dimenticare i penultimi lavori, dai più recensiti come una sorta di “ambient music al contrario”. Non potevamo sapere però che la scottatura sarebbe stata così dura da digerire: levatisi dalle scatole i Feindflug il palco si “riempie” della figura di Nigel Ayers/Nocturnal Emissions armato esclusivamente di un campionatorino e nulla più. Lo vedemmo dal vivo in una veste più appropriata circa nove anni fa, o per meglio dire “nove chili fa” (per gamba): ora si presenta con pantaloni in stile leopardato acrilici e maglietta, con un’espressione tra il dubbioso (probabilmente l’impeto semi-reazionario che lo ha preceduto) e una strana/poco lucida determinazione; delle due l’una: o sapeva di essere un pesce fuor d’acqua, oppure ha pensato “tanto mi pagano pure…”.

Comincia il delirio: sceglie a caso (o così è parso un po’ a tutti) una base tra tre in memoria e si parte con un infinito monologo a base di ritmi orientaleggianti e accenni simil zampogna; se non l’avesse tirata fuori sul momento si sarebbe potuto dire che il campionamento in questione avrebbe portato Nocturnal Emissions molto vicino al repertorio della buonanima di Bryn Jones/Muslimgauze; la base continua per alcuni minuti, mentre Nygel Ayers si sbraccia stile perfetto santone con addittivi, andando pure a cercare di stringere la mano provocatoriamente alle stesse persone che hanno osannato il concerto precedente, ovviamente immobili; fra movenze quasi ursine, sembra scontare una specie di pena del contrappasso, una danza del ventre a lui mai permessa… Si prosegue con un cantato con la stessa ritmica in sottofondo, la gente comincia a spazientirsi, noi ci appoggiamo ad una colonna sapendo che ne vedremo delle belle; le stilettate al pubblico continuano, mentre la base salta tra i fischi e qualche insulto; si riparte e la base salta di nuovo, Nigel Ayers fra il disappunto generale continua nei suoi movimenti sballati, tirando fuori una pallina illuminata che mostra ai poveri spettatori allargando le braccia e portandosela vicino al volto; ridiamo e aspettiamo il meglio, mentre dietro di noi un corpulento metallaro urla “Bullshit! ” e un tizio spazientito gli tira un pacchetto di sigarette vuoto. Sembra giunta la fine, della serie che continuamo a dirci “ora lo menano forte”, ma il grande Nygel continua, tirando fuori dalla sua scatola magica una sequenza di tre campionamenti da brivido: chitarrone distorte, poi stoppa tutto e fa partire per pochi secondi delle registrazioni al contrario, poi si guarda attorno e mette in onda un sample vocale a metà tra un canto mistico maschile e il lamento di una jena appena investita da un carro armato; con una tale “colonna sonora” continua nelle sue pose para-religiose, e la gente ha proprio raggiunto livelli di mega saturazione da incazzatura.

Nel momento in cui il pestaggio sembra inevitabile e mentre noi continuamo a parteggiare per lui, Nigel Ayers manda un loop a pieni giri e a tutto volume che ad orecchio ci ricorda moltissimo i primi secondi di “Anarchy in the U.K.” dei Sex Pistols; colpito in faccia dal ritmo e dalla foga vocale del Nostro, parte del pubblico comincia a muoversi, mentre le basi vanno e vengono e con noi che cominciamo a pensare “forse si salva”… Grande mossa di Nygel Ayers per conquistare definitivamente i poveri paganti: lancio della maglietta sudata sul pubblico e conseguente gran ovazione dello stesso: ormai è fatta, e ci si può fermare nuovamente con le basi in tilt, per far partire l’ormai sacro trittico di campionamenti: chitarre, registrazioni al contrario, ululato di jena che rimane in sottofondo; la gente crede che il pezzo precedente sia stato uno specchio per le allodole, ma Nocturnal Emissions ristabilisce il consenso facendo ripartire la stessa base orientaleggiante solamente un po’ sfasata, immergendosi tra il pubblico che, prendendolo in grande simpatia, comincia a ballare in quella che sembra diventata una convention ragamuffin, piuttosto che una serata di musica industriale. Avete presente i movimenti di Shaun Rider, l’ipertossico cantante degli antipaticissimi Happy Monday? Bene, siamo più o meno a quel livello, ma con una resa espressiva ancor più destabilizzante.

Buona parte del pubblico è conquistato, paradossalmente utilizzando uno show quasi casuale, “cogliendo l’attimo” non senza rischi; il pezzo con Nygel tra il pubblico dura diversi minuti, ci rassicuriamo sulla sua sorte e attendiamo il finale; tornato sul palco, continua la manfrina con due poveri cristi dell’audience coinvolti on stage come improbabili ethno-danzatori. Il “concerto” giunge al termine, e viene invocato un bis! Nygel Ayers sa di aver compiuto la sua missione e ripropone un campione differente del presunto “Sex Pistols” utilizzando il testo del primissimo pezzo… finisce tutto tra scoscianti applausi e qualche fischio di coloro che non hanno apprezzato e simpatizzato con l’atteggiamento realmente situazionista di questo vecchio marpione: provocare un’audience ostile e scardinare certi piedistalli, accattivandosi lo stesso atteggiamento negativo per ribaltarlo completamente a suo “favore”, tramite l’ostentazione di una metodologia sulla carta inaccettabile. In poche parole: un grande successo dal punto di vista sociale, la comunicazione tra persone agli antipodi è ancora possibile! Di grande sollievo simbolico.

Moritzbastei

Moritzbastei (foto di Christian Dex)

Gira voce che gli Hypnoskull non suoneranno e che invece verrà proposta una versione più lunga del concerto dei Deutsch Nepal. Sale sul palco Lina Baby Doll/Deutsch Nepal munito di boccale e (così a noi è parso) un po’ alticcio; mentre vengono preparati gli strumenti comincia a tentare di accattivarsi il pubblico con frasi simpatiche e vari “yeah”, cosa che verrà ripetuta anche durante il concerto. Partono due lunghi brani atmosferici, con Lina impegnato in svaccate prolusioni vocali quasi da ipnosi, un po’ alla primi Psychic TV/”messa beat”, alternando il tutto ai soliti sbeffeggiamenti di cui sopra. Ci chiediamo se la serata continuerà a livelli così pazzoidi, e mentre lo facciamo, dopo le due nenie appena descritte, Deutsch Nepal compensa un po’ tutto con un brano molto interessante estremamente ritmato e – toh! – decisamente “industrial”. Si ferma tutto, il video pure, non capiamo bene se questa mezz’ora scarsa sia stata quella “versione lunga” del concerto anzitempo annunciata.

Ritroveremo simpaticamente il Lina il pomeriggio seguente al Parkbühne, guarda caso con relativo boccale. Stiamo per partire per vederci i Project Pitchfork, siamo già stanchi e ci rendiamo conto che per questa presunta “serata industrial” ci siamo persi Lydia Lunch e pure gli Ataraxia (questi ultimi visti comunque l’indomani allo stesso Parkbühne in un concerto eccellente); ci consoliamo ricordandoci quello che mi dissero alcuni amici di Napoli: “Il mondo è bello perché avariato”.

Gianfranco Santoro

Domenica, 23 Maggio

Goethes Erben

Goethes Erben (foto di Mircalla)

Anche stamattina l’alzata è stata alquanto faticosa, ma se non altro il tempo sembra nettamente migliorato, il cielo è sereno e un pallido sole aggredisce le nostre pupille ancora spente. Purtroppo non c’è molto tempo per tergiversare o godersi i primi caldi (e nemmeno per fare colazione!) perché il programma dei concerti è come sempre massacrante: alle 12.30 suonano nella Halle I dell’Agra nientemeno che i Goethes Erben e certo non si può assolutamente mancare. Arriviamo che la sala è già strapiena, ancora più che per la Galas, e l’atmosfera sembra molto carica di attesa; il palco poi è completamente invaso da migliaia di candele spente poggianti su candelabri di varie forme… Passano pochi minuti ed entra lui, Osvald, l’ammaliante cantante e mente del gruppo, vestito con un ampio spolverino di pelle nera dal quale fuoriescono all’altezza della vita e dell’avambraccio delle lunghissime spine triangolari effetto porcospino. Con la sua usuale abilità di teatrante comincia a intrattenere il pubblico con una lunghissima introduzione recitata nel suo stile intenso ed evocativo che lascia spazio a momenti di vero pathos (ed è un vero peccato non riuscire a capire bene i testi!). All’improvviso appare una danzatrice con un costume bianco, la faccia dipinta e una cuffietta (anche lei a mo’ di porcospino) ad interpretare un brano strumentale, poi altre due ballerine si uniscono alle danze e insieme eseguono un’altra suggestiva coreografia… ma ecco che le luci si spengono e tutte le candele si accendono in una apoteosi di fiammelle che guizzano nell’oscurità. Si procede quindi con la scaletta ufficiale del concerto che prevede la riproposizione dei brani più noti dei Goethes Erben. Il cantante e mattatore della scena, completamente cambiatosi (sfoggia ora un’ampia camicia bianca e pantaloni scuri), dà vita a una performance davvero coinvolgente per spettacolarità ed eleganza, alternando momenti in pieno stile romantico, in cui si lascia coinvolgere dalle sue ballerine in passi di sensuale passione, trasformando il concerto quasi in uno spettacolo di danza classica, ad altri decisamente più marziali e ossessivi, in cui i temi della pazzia prendono il sopravvento e si colgono anche nella drammatica intensità della voce e delle espressioni del volto.

Il pubblico intanto, munito anche lui di candele accese, segue con attenzione il concerto e omaggia il gruppo con grandi applausi e boati di approvazione; la tensione sale al massimo quando Osvald decide di scendere dal palco e si lancia ad angelo in mezzo alla gente che lo sorregge, trasportandolo così da un lato all’altro della sala, per poi ricondurlo incolume al punto di partenza. E’ evidente quanto i Goethes Erben siano amati dai loro connazionali: una vera ovazione accompagna i bis e il pubblico continua a richiamare il gruppo, che pure ha ormai dato il meglio di sé, suonando per quasi due ore ininterrottamente. Noi siamo davvero stupefatti dalla bellezza dello spettacolo a cui abbiamo avuto l’onore di assistere e subito ci rendiamo conto che sarà difficile scalzarlo dalla prima posizione nella nostra scaletta dei concerti preferiti.

Ancora un po’ intontiti e trasognati abbandoniamo l’Agra, il tempo passa ed è ormai l’ora di avviarci verso il Parkbühne, dove il programma pomeridiano oggi non corre il rischio di essere funestato dalla pioggia e dal freddo. Il programma del resto è alquanto invitante, perché presenta in ordine Forseti, Backworld, Ataraxia, Hagalaz Rune Dance, Sorrow, Camerata Mediolanense, Fire & Ice e Kirlian Camera. Decidiamo così di seguirlo tutto, anche per non rischiare la crisi di schizofrenia che ci aveva sfiorato il giorno precedente. Arriviamo mentre hanno da poco iniziato a suonare i Backworld, gruppo di tre elementi (chitarra acustica, violino e violoncello) che propone una musica che rientra negli stilemi dell’apocalyptic folk, ma da cui si distingue per una vena un po’ meno oscura e più vicina a sonorità classico-romantiche. Pur non conoscendoli, mi lascio subito coinvolgere dalle loro melodie affascinanti ed intense, e il concerto scorre piacevolmente, con il pubblico che segue attento, merito sicuramente della notevole bravura tecnica dei musicisti (la violinista del resto suona anche con i Blood Axis e i Fire & Ice). Dopo una breve pausa tocca agli Ataraxia: il pubblico si accalca e aspetta ansioso di vedere il loro nuovo stupendo live-show.

Ataraxia

Ataraxia (foto di S*Tox)

I musici sciolgono il loro incantesimo dando vita agli strumenti, le prime note scintillano nell’aria, inquiete presenze calcano il palcoscenico, il Parkbühne improvvisamente sprofonda indietro nei secoli trascinando tutto seco: ecco gli Ataraxia in concerto !!! La maturità del gruppo è immediatamente evidente e la loro performance diventa qualcosa di più di una semplice proposta musicale, trasformandosi in un rapimento estatico che cattura l’ascoltatore.

Francesca Nicoli è l’assoluta protagonista, leggiadra e conquistatrice nella sua interpretazione, emblema dell’idealità femminile stilnovistica, eterea ed intangibile, capace di modulare suoni carichi del pathos creativo che caratterizzò l’Italia dell’età di mezzo fino al Rinascimento. La rappresentazione del gruppo trova pieno complemento nell’ambigua figura del mimo in costume che, assumendo sembianze sempre diverse, calca il palcoscenico ipnotizzando il pubblico con le sue movenze danzanti: una maschera inespressiva cela il volto del misterioso e silenzioso giullare, quasi che lo stesso Ignoto prendesse di volta in volta una forma priva di soggettività, per incarnare i sentimenti e le inquietudini che gli splendidi musicisti italiani sanno trasfigurare in suoni. Bravissimi come sempre, gli Ataraxia con il loro repertorio di ispirazione medievalistica e rinascimentale costituiscono un tassello d’oro nell’interessante giornata musicale del Festival.(S*Tox)

Non ci siamo ancora del tutto ripresi dalla bellezza di suoni e immagini che gli Ataraxia ci hanno proposto che è già l’ora degli Hagalaz Rune Dance, gruppo formato da una fusione tra gli Ekate e Andrea M. Haugen, artista ben nota in passato, componente tra l’altro delle Aghast. Le percussioni ossessive e ritmiche tipiche degli Ekate si uniscono così alle melodie folk di ambientazione nordica che Andrea ci propone, in un insieme di notevole fascino e bellezza. Saghe di un lontano passato medievale, riti arcani e oscuri rivivono nelle note degli Hagalaz Rune Dance e la cantante, vestita con un semplice saio di sapore medievale, sembra davvero la sacerdotessa di un antico culto nel momento culminante della trance, dell’evocazione degli spiriti… Il concerto, intenso e trascinante, riscuote un gran successo da parte del pubblico, soprattutto di quello maschile, non insensibile nei confronti delle belle fanciulle presenti sul palco…(chi vuol intendere intenda)…

Sorrow

Rose McDowel dei Sorrow (notare le alucce da fatina) (foto di Mircalla)

E’ ora la volta dei Sorrow, ovvero del gruppo formato da Rose McDowel (Current 93, Death in June, Coil e altri), Michael Cashmore (Current 93, Nature and Organisation), Julie Wood (Current 93) e Robert Lee. Rose McDowel si presenta sul palco con una mise davvero particolare, avvolta in un body in pvc che all’altezza della vita si allarga per diventare una specie di tutù in tulle nero, mentre dalle spalle ecco spuntare due piccole ali nere che appena si notano dietro la sua folta chioma scura… insomma sembra davvero una piccola “dark fairy” appena uscita da una fiaba celtica! Putroppo non posso raccontarvi molto riguardo il loro live, perché devo confessare di avere seguito giusto due o tre canzoni per poi abbandonare vigliaccamente il campo. Infatti la musica dei Sorrow, estremamente lenta e dilatata, dai toni sempre uguali, non ha fatto altro che favorire in me una certa sonnolenza… decido così di allontanarmi a bere qualcosa, seguita del resto da parecchie altre persone, anch’esse in preda a una simile crisi (eravamo noi stanchi o loro noiosi? Mah, rinvio il giudizio a una prova d’appello!)

Rinfrancata e ripresami un po’, ritorno sotto il palco, dove sta per iniziare il concerto dei Camerata Mediolanense, che, superata la sfortuna dello scorso anno, quando erano stati costretti ad annullare la loro presenza per la malattia di uno dei componenti, si presentano finalmente quest’anno in grande forma dinanzi al pubblico.

Camerata Mediolanense

Camerata Mediolanense (foto di Mircalla)

Un coro militare italiano apre il concerto dei Camerata Mediolanense. L’impatto dei titanici tamburi della band è forte ed emotivo. La ritmica serrata e marziale cattura immediatamente il pubblico che poi ben volentieri si lascia accompagnare per mano dalla splendida voce di Daniela, lucente di venustà anche nel suo look un po’ fetish. L’eccezionale bravura espressiva della bellissima vocalist, capace di suscitare grandi emozioni mediante una tecnica canora raffinatissima, si fonde con magica armonia nel virile contesto sonoro elaborato dagli strumentisti.

Indubbiamente la proposta culturale del gruppo, evidenziata nell’ultimo CD Madrigali, i cui brani costituiscono l’asse portante della serata al Parkbühne, trova conferma della sua validità nella splendida prova in terra di Germania. I brani, di particolare complessità estetica, hanno infatti suscitato ampi consensi nei numerosissimi ascoltatori che, alla fine, hanno invocato i Camerata furor populi per una replica, ed i musicisti italiani hanno sagacemente eseguito la loro versione di “Lili Marlene” accolta ovviamente con grande entusiasmo.

E’ emozionante vedere, sentire, percepire che la musica italiana, quella vera e non quella canzonettara del Festival di Sanremo, ha oggi, soprattutto nel Gothic, dopo anni di sudditanza verso il sound anglosassone (penso agli anni ’80), un proprio ruolo nel panorama culturale europeo, e che ciò avviene attraverso il recupero e la migliore attualizzazione di quel patrimonio umanistico e tradizionale che ha fatto del Genio italiano un faro illuminante per lo sviluppo progressivo della civiltà. (S*Tox)

Calano ormai le prime ombre della sera e tocca ora ai Fire & Ice conquistarsi i favori del pubblico, già alquanto ben disposto, tanto che basta la prima canzone perche’ i presenti si riscaldino e tributino la loro ammirazione per questo gruppo molto conosciuto e amato nell’ambito del folk apocalittico. Sul palco la formazione è di tutto rispetto, quasi una specie di supergruppo, essendo composta dai tre membri dei Backworld prima citati, più una violinista e il cantante, nonché vera mente del progetto Fire &Ice. Le loro melodie sono dolci, attraenti e affascinanti, la voce è invece bassa e leggermente stonata (alla Tony Wakeford); ballate celtiche di sapore antico si uniscono a suoni più ritmati e cadenzati con percussioni in primo piano. Il loro repertorio è decisamente di ottimo livello e il concerto risulta davvero molto piacevole ed interessante; alla fine un’atmosfera un po’ magica ed irreale, fatta di fate, gnomi e folletti, invade il Parkbühne….

Ma bastano pochi minuti per riportare tutto alla realtà: sul palco sono saliti i Kirlian Camera con Bergamini in tenuta pseudo militare (passamontagna, bomber, anfibi) e il loro show promette scintille…

Kirlian Camera

Angelo Bergamini, Kirlian Camera (foto di Mircalla)

Una gran folla è rimasta al parco per il concerto dei Kirlian Camera, un pubblico di fedelissimi che chiama i membri del gruppo ad alta voce. Subito le note sintetiche di “Solaris” riempiono l’aria con il loro incedere ossessivo e violento, mentre Angelo Bergamini recita i testi, leggendo da un libro. Il concerto continua preciso e potente: subito balza all’occhio la differenza dall’ultimo live del gruppo che vidi, ormai diversi anni fa. Lì, presente in formazione Simon Balestrazzi dei TAC, i synth, seppur in primo piano, lasciavano spesso spazio a rumorismi e sperimentazioni, a sonorità atipiche create con lastre metalliche o catene. Ora il suono dei Kirlian Camera, sia su cd che stasera al Parkbühne, è molto compatto e omogeneo. Il carisma dei membri storici, Angelo ed Emilia, cattura l’attenzione del pubblico che tripudia alla fine di ogni pezzo una calorosissima ovazione. Il concerto continua sintetico ed energico fino ad un’apertura completamente acustica in cui vengono proposte in fila, chitarra alla mano, una serie di romantiche ballate. Il finale è affidato al brano più famoso dei Kirlian “Eklipse II”, ballato in ogni dancefloor europeo che si rispetti: qui appare evidente il difetto maggiore di questo, per il resto impeccabile, concerto, ovvero la voce della seconda cantante. Ad accompagnare Emilia infatti stavolta c’è la nuova vocalist, Barbara Boffelli, decisamente brava, ma caratterizzata da una voce marcatamente “rock-blues” e quindi a mio avviso non proprio adatta al genere dei Kirlian Camera.(Christian Dex)

Il concerto si conclude puntualmente alle 22.00, nonostante il pubblico continui insistentemente a richiamare il gruppo sul palco. Bergamini esce e gentilmente ringrazia, ma spiega che non è possibile suonare ancora, l’organizzazione del festival deve rispettare gli orari pattuiti …

A questo punto dobbiamo solo decidere cosa fare: siamo un po’ indecisi se andare all’Agra dove stanno per suonare i Creatures e poi Sex Gang Children o scegliere la serata electro che anche quest’oggi presentava un ottimo programma: Dark Illumination, Monaco X, Dance or Die, VNV Nation, In strict Confidence e Covenant. Ci giunge notizia che all’Haus Leipzig la gente trabocca a tal punto che non fanno più entrare e dunque non è nemmeno il caso di tentare, per cui la scelta diventa d’obbligo, anche perché non abbiamo nessuna intenzione di perderci il ritorno di un nostro mito, Andi Sex Gang. Chiaramente si potevano fare altre scelte in alternativa: anche stasera c’era infatti la serata industrial al Werk II, che prevedeva Collapse, Ain Soph (ma pare non ci fossero), Söldnergeist e Sonar, oppure la serata “Conne Darkland” all’Eiskeller con Sepulcrum Mentis, Neon Dream, Field of Winter, Illuminate, Sanguis et Cinis e Die Schinder. Quando arriviamo all’Halle II già molti gruppi hanno terminato il loro concerto: Diesirae, Eve of Destiny, Eva O., Secret Discover, mentre è ora il turno dei Creatures ovvero di Siouxie e di Budgie. Dato che conosciamo già la loro splendida performance (vedi recensione concerto di Firenze) preferiamo riposarci un po’ e mettere qualcosa sotto i denti, giusto per placare i morsi della fame… la serata è ancora lunga del resto. Lasciamo quindi al nostro fido Max il compito di relazionare sul concerto del “dinamico duo”.

Creatures

Budgie, Creatures (foto di SuperVirna)

Grande attesa da parte mia per il concerto dei Creatures, in quanto avrei potuto finalmente vedere dal vivo uno dei miei miti giovanili. Attesa non delusa dalla performance di Siouxsie (accompagnata oltreché dal fido Budgie da una bassista e da un chitarrista, entambi molto bravi) che, nonostante la non più verde età, ha dimostrato di poter cancellare la nostalgia dei vecchi fans per i bei tempi andati recuperando la vena oscura che sembrava ormai persa. Concerto molto vitale ed energico in cui sono stati presentati quasi tutti i brani i brani di “Anima Animus” tra cui una stupenda versione di “Exterminating Angel” sicuramente il brano che più ricorda i vecchi Banshees.(Max)

Facciamo ancora in tempo a fare un po’ di giri al mercato e poi, finito il concerto, ci piazzamo in buona posizione sotto il palco, mentre frotte di persone si allontanano. Tra le prime file l’emozione è grande: chi oggi ha circa trent’anni non può non pensare con nostalgia ai vecchi Sex Gang Children, alle loro magiche canzoni, al loro look estremo e provocatorio…cosa ne sarà rimasto ora?

Con estrema emozione guadagniamo le prime file dell’Agra per assistere a quello che non può che essere definito “Evento”: un pezzo di storia del (Gothic) Rock sta per apparire sul palco. Ahimé il pubblico sembra essere completamente indifferente e comincia a scemare dall’ampia sala dell’Agra. Anche l’età media si alza decisamente mentre dai più giovani non è raro sentire domande del tipo “Ma chi sono questi che devono suonare?”, “E che genere fanno?”. Il tempo è stato tiranno con l’artefice di quel capolavoro chiamato “Song & Legend” e lo ha lasciato in un doloroso oblio. Ma stasera l’uomo più inquietante della scena, colui che venne definito “il folletto gotico”, salirà sul palco, con i suoi vestiti sensuali, il look trasgressivo, lo sguardo magnetico e rapirà inevitabilmente i presenti. Ecco il concerto sta per iniziare… i musicisti di accompagnamento (nessun membro della formazione originaria) hanno già imbracciato gli strumenti… Andi sta per salire, il pubblico comincia a invocarlo a gran voce… lo luci si spengono… ecco deve essere lui… Un momento: ma chi è QUELLO???? E’ Andi Sex Gang o suo zio???

Sex Gang Children

Zio Andi (Sex Gang) (foto di Mircalla)

Una minuscola figura si muove sul palco, avvolto in un doppio petto grigio, scarpe bianche, occhialini tondi e capello corto, un po’ alla “duca bianco”. I primi vocalizzi fugano però ogni dubbio: il tempo sarà stato tiranno con Andi, ma la sua voce è ancora splendida ed emozionante. E quando finalmente attacca “Sebastiane” sembra che gli anni non siano mai passati e l’Agra improvvisamente, per un momento, diventa un piccolo club di Soho dove la musica con cui sono/siamo cresciuto/i è nata… Chi si aspettava un concerto di revival è rimasto stupito, perché sono quasi tutte nuove le composizioni proposte dai Sex Gang Children stasera, di ottimo livello anche se molto “in stile” rispetto ai classici del gruppo. Il concerto finisce dopo un’ora e mezza scarsa lasciandomi addosso strane sensazioni: malinconie di trentenne? Ahimé, temo di sì, ma è indubbio che gli splendidi brani proposti dal gruppo stasera travalichino ogni tempo. L’augurio è di poter ascoltare ancora per anni a venire nuove opere dei Sex Gang Children. Bentornato zio Andi! (Christian Dex)

La serata è stata lunga e faticosa anche oggi, e mentre le feste e le discoteche impazzano in tutti i locali della città noi preferiamo riposare un po’ le stanche membra facendoci cullare tra le braccia di Morfeo…

Lunedì, 24 Maggio

Grufties e frittelle di verdure al mercatino medievale (foto di Mircalla)

Eccoci arrivati all’ultima giornata del festival, che solitamente vede un minor numero di concerti in programma, per lasciare spazio alla grande e spettacolare festa gotica che si tiene ogni anno negli angusti spazi medievali della Moritzbastei. La mattina dunque ce la prendiamo con una certa calma, e dopo aver abbondantemente dormito ci dedichiamo un po’ allo shopping… Il primo spettacolo a cui decidiamo di assistere si svolge nel bel teatro della Schauspielhaus ed è un concerto di musica strumentale, per solo pianoforte, composta ed eseguita da Ozymandias, un ragazzo svizzero di notevole talento, che ben sa intrecciare le sonorità classiche con quelle più contemporanee. L’ambiente è particolarmente oscuro: quando arriviamo il concerto è da poco iniziato e dobbiamo faticare non poco per orientarci nel buio fitto che avvolge la sala… Dopo aver rischiato di inciampare e caracollare fino ai piedi del palco e dopo esserci seduti per sbaglio sopra due o tre persone (che essendo ovviamente vestite di nero non si vedevano proprio) finalmente troviamo delle sedie libere e ci sistemiamo a dovere (dopo di noi altri ripeteranno la stessa imbarazzante scena…). La musica, fatta di slanci eterei e impalpabili verso la luce e di improvvise cadute verso profonde voragini di oscurità e terrore, mi culla dolcemente e mi trasporta in un mondo di sogno (no, non mi sono addormentata! Ma altri sì, ho sentito anche qualcuno russicchiare… ed erano le 3 del pomeriggio!).

L’esibizione breve ma intensa di Ozymandias mi ha rintemprato l’animo dopo lo stress dei giorni precedenti e ho riacquistato il piacere di ascoltare musica nel più perfetto silenzio e nella massima concentrazione, cosa che agli altri concerti è praticamente improponibile… insomma è stata una esperienza tonificante per il corpo e per lo spirito! Finito il concerto non abbiamo nessuna voglia di calarci nella bolgia infernale dell’Agra o dell’Haus Leipzig e così preferiamo farci un bel giro per il mercato medievale, il “Wonnemond”, che come tutti gli anni propone una serie di stand molto tipici dove vengono venduti oggetti tipici (in cuoio, legno, argento e metalli etc.) e dove si possono anche mangiare dei piatti tipici medievali (quest’anno c’erano delle frittelle di verdura buonissime). L’ambiente è carino e accogliente ed è molto piacevole giracchiare qui con aria un po’ indolente, fotografando i passanti.

Parte del mercatino si svolge anche all’interno delle mura della Moritbastei e nella parte più bassa, presso la sala detta Oberkeller arriviamo giusto in tempo per assistere alla parte finale di un bel concerto di musica tradizionale medievale, fatta con zampogne e flauti, proprio mentre una ragazza si sta esibendo in un numero da fiera popolare davvero molto spettacolare, tenendo dietro la schiena una raggiera che termina con dei fuochi accesi. Subito dopo arriva un altro gruppo, tre persone indossano delle maschere e dopo la prima canzone ci si accorge che sono tutte delle ragazze, che si mettono a intrattenere il pubblico con canzoni della tradizione medievale e lo coinvolgono costringendolo a ballare in un’unica danza delle gighe e altre ballate tipiche.

L'Âme Immortelle

L'Âme Immortelle (foto di Mircalla)

E’ un peccato dover abbandonare questa bella atmosfera, ma c’è un concerto che vogliamo vedere assolutamente e quindi ci incamminiamo verso l’Haus Leipzig per assistere al live dei L’Âme Immortelle, formazione che ci piace molto, ma il cui concerto di Lipsia dello scorso anno (vedi recensione di RiffRaffaello in Lipsia ’98) Christian Dex e io ci eravamo purtroppo persi. Molti degli italiani che stavano a Lipsia ci hanno messo in guardia dicendo che non ne valeva la pena, perché avevano avuto modo di vederli quest’anno in Aprile, quando avevano suonato al festival gotico che si è svolto in Austria, e ci avevano fatto un resoconto molto deludente del loro live; noi però vogliamo verificare di persona… Arriviamo giusto in tempo, dopo che due gruppi, i Flowing Tears & Whitered Flowers e gli Inertia, hanno già solcato il palco, proprio mentre gli L’Âme Immortelle stanno per iniziare. Prima di loro c’erano in scaletta i Nosferatu ma per nostra fortuna (perché avevamo poco tempo a disposizione) vengono spostati e messi per ultimi (li vediamo solo passare nei camerini con quelle loro teste cotonatissime un po’ ridicole… chissà come è stato il loro concerto, certo se fossero i Nosferatu di un tempo sarebbe tutta un’altra musica…).

La sala è zeppa di persone desiderose di ballare e di divertirsi che si accalcano tra le prime file e allora noi preferiamo sistemarci vicino al backstage per poter fare foto e seguire tranquilli il concerto. Già dalla prima canzone ci rendiamo conto di non essere affatto di fronte ad un gruppo fiacco e svogliato come ci era stato descritto dagli amici che li avevano visti in Austria, tutt’altro. Sarà stata l’atmosfera più giusta, il pubblico assolutamente scatenato, i suoni meglio orchestrati, fatto sta che la loro esibizione è davvero trascinante e piena di ritmo, tanto che è difficile starsene fermi e tranquilli. La voce maschile e quella femminile si alternano dando vita la prima a sonorità decisamente ballabili e tecnologiche, la seconda invece a dolci ed eteree melodie che però si stagliano sempre su un solido muro di suoni elettronici. E’ proprio questa commistione che rende originale la loro musica, e in concerto si riesce anche a cogliere tutta la potenza e la grinta che li anima. Il pubblico è impazzito e dopo la fine del concerto li richiama a gran voce tanto da farsi concedere due bis. Purtroppo il tempo a nostra disposizione sta scadendo e pertanto al secondo bis dobbiamo scappare di tutta furia se vogliamo arrivare in tempo a teatro per il concerto degli Stoa...

E infatti arriviamo giusto cinque minuti prima che i posti finiscano, tanto che molti dopo di noi rimangono fuori a bocca asciutta, ma mancare a questo concerto sarebbe stata proprio un’enorme delusione. Dopo averli visti due anni fa, sempre a Lipsia, eravamo rimasti così incantati dalla loro performance che per niente al mondo ce li saremmo persi. Lo spettacolo questa volta non prevede il coro d’accompagnamento, sono solo loro tre, voce femminile (magnifica, inarrivabile), tastiere e violoncello, con la loro musica eterea, neoclassica, ma che in realtà travalica ogni barriera della storia per stagliarsi in una zona al di fuori del tempo e dello spazio, dove librarsi leggera e impalpabile, riscaldando gli animi di chi l’ascolta.

Stoa

Stoa (foto di Mircalla)

Il concerto è perfetto, estremamente intenso ed essenziale, i suoni sono limpidi e cristallini, e le belle diapositive di quadri (soprattutto ottocenteschi e vittoriani) che passano alle loro spalle ben si annodano con i loro suoni e con le loro anime. Il pubblico segue impassibile in silenzio, ma in ultimo gli applausi arrivano scroscianti e sembrano non avere più fine, commosso il gruppo ringrazia e propone una serie di bis, ma in realtà nessuno vorrebbe che questo incantesimo si spezzasse. Il successo del concerto è tale che il banchetto del merchandise nel giro di pochi minuti registra un completo sold-out; per fortuna riusciamo ad accaparrarci le ultime magliette in vendita, mentre dei loro due CD non ce n’è più nemmeno l’ombra…

A questo punto, essendo ormai passate le dieci e trenta di sera decidiamo di recarci direttamente alla grande festa della Moritzbastei… molti altri concerti sarebbero in programma, ma per quest’oggi abbiamo deciso che la qualità è meglio della quantità…

D’altra parte il programma dell’Agra prevedeva una mega maratona di gruppi metal che ben poco ci interessavano (a parte i The Gathering): in sequenza Spark, Venusgarden, Darkseed, Evereve, Agathadimon, Forbidden Site, The Gathering, Subway to Sally, Therion e Dimmu Borgir… Alla Moritzbastei suonavano invece i The House of Usher (in sostituzione dei Magenta), ma quando arriviamo sono già terminati.

Le stesse goticone fotografate un anno fa nella STESSA posizione (i vestiti sono diversi) (foto di Christian Dex)

Ci dedichiamo pertanto, dopo una bella mangiata (il ristorante/self service lì è ottimo ed economico, essendo un luogo frequentato da studenti) alla visita della fortezza: infatti in occasione della serata conclusiva del festival viene aperto tutto il percorso sotterraneo circolare che permette, passando attraverso una serie di stretti corridoi e di stanzette, di ritornare al punto di partenza. Lungo tutto il tragitto, illuminato solo da fiaccole ardenti è possibile trovare piccoli bar e tavoli dove sostare per bersi una birra e chiacchierare mentre nelle tre/quattro sale più grandi differenti dj propongono il meglio della musica, passando a seconda del luogo dalla electro al gotico, al folk apocalyptic e così via. La cosa più divertente è però girare (o stare fermi) e guardare le persone che per la serata sfoggiano delle mise ancora più assurde e complesse che nei giorni precedenti…un vero spettacolo nello spettacolo.

Alla fine, a notte fonda, arriva il momento dei saluti, dei baci e degli abbracci, un altro festival è terminato, ma uno nuovo sta già per ricominciare…

Giudizi sui concerti della “spedizione” di Ver Sacrum al festival di Lipsia 1999


MircallaChristian Dex
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