Ver Sacrum I Cranes sono una realtà che dovrebbe essere ben nota un po’ a tutti i lettori di Ver Sacrum, se non altro perché sono stati in grado, per numerosi anni, di mettere d’accordo persone di estrazione e gusti completamente differenti, grazie a quella loro miscela di suoni tra la wave malinconica dei cosiddetti “shoegazer”, slanci noise, sensazioni fortemente psichedeliche, il tutto sapientemente condito da leggere dosi di elettronica. Devo dire di non conoscere bene il loro album precedente, al momento l’unico loro lavoro a lunga durata mancante dalla mia personale collezione; ne conosco alcuni brani presenti nel loro primo live ufficiale, quel “Live in Italy” uscito l’anno scorso. Questo nuovo lavoro sembra, almeno in buona parte, confermare quel po’ che conosco del precedente album in studio: i suoni sono molto ammorbiditi rispetto al passato, l’elettronica in molto punti prende un pochino il sopravvento e prende la forma di un trip hop sicuramente molto morbido e delicato ma, a mio parere personale, talvolta leggermente sbiadito. La forza travolgente delle chitarre psichedeliche degli slanci più noise del gruppo è praticamente scomparsa, ed è un peccato perché nelle esibizioni dal vivo è ancora ben presente e continua a dare forti emozioni. Rimane la grazia delle loro composizioni, in qualche modo legata alle peculiari caratteristiche della voce di Alison Shaw, inconfondibile come sempre. Per quanto riguarda la scelta del percorso musicale, se la direzione deve essere, come parrebbe ormai chiaro, quella di una musica molto soffusa e quieta, sarebbe a mio parere preferibile una scelta più innovativa, in quanto allo stato attuale i brani rimangono dolci e piacevoli ma talvolta un po’ stucchevoli; alle volte mi è sembrato di sentire echi di gruppi molto interessanti come i Seefeel, senza però raggiungere livelli di intensità e innovazione ad essi paragonabili. Il rischio che si corre in molti punti è quello di un’eccessiva uniformità che rischia di diventare, alla lunga, tediosa. Sono presenti, in ogni caso, anche brani molto interessanti, e si tratta proprio di quelli in cui ci si avventura nel dedalo ostico delle dissonanze, come avviene ad esempio in “Here comes the snow” e “Light song”, oppure in cui si ricercano soluzioni nuove a livello di uso dei sottofondi musicali e della voce, come in “Particles & waves”. Meno “saporite” sono invece le incursioni nel terreno, a mio giudizio troppo sfruttato negli ultimi anni, del “post rock” più canonico e meno avanguardistico. Certamente se dovessi consigliare ad un neofita l’acquisto di un CD dei Cranes la mia scelta non ricadrebbe su questo lavoro, che, nonostante, credo rimanga un acquisto piacevole ma non imperdibile per gli amanti del gruppo.