Il nome di Katya Sanna di certo non è una novità nell’ambito della musica alternativa italiana: questa notevole cantante ha infatti prodotto numerosi lavori, sia da solista sia con i Dunwich, autori di un demo tape e tre CD ufficiali e dai quali si è allontanata, credo, verso la fine del 1999; notevole è anche la sua collaborazione con molti di progetti, tutti estremamente interessanti: per fare qualche nome, potremmo citare tre ottimi gruppi che, al principio degli anni ’90, gravitavano intorno all’etichetta romana Angel Records: gli Engel der Vernichtung, gli splendidi e ineffabili Epsilon Indi e i Solar Lodge; ricorderei inoltre il suo contatto con gli Ain Soph, con i quali ha inciso il brano MAG. Quello in mio possesso è il suo terzo CD solista uscito dopo aver abbandonato l’organico dei Dunwich e devo constatare che, purtroppo, i due precedenti sono passati decisamente inosservati. In questo lavoro la cantante romana si fa aiutare da un paio di vecchie conoscenze: Sergio De Vito (Deus ex machina degli Ipsilon Indi) e Fulvio Biondo (uno dei due membri fondatori dei Solar Lodge). Caratteristica della voce di Katya Sanna è l’escursione di tonalità molto ampia, che le permette di spaziare e di sperimentare molto: di conseguenza in questo CD si possono trovare numerose influenze, dalla musica orientale fino a brani più sperimentali. I risultati sono spesso molto buoni anche se non posso negare che il CD nel suo complesso sembra essere affetto da un paio di difetti che in qualche modo ne limitano l’impatto complessivo: innanzitutto una mancanza di coesione che tende a confondere l’ascoltatore; inoltre, pur essendo un amante delle voci femminili, ho l’impressione che la vocalist romana, sebbene molto dotata, abbia ecceduto nel porre la propria capacità vocale al centro di tutto l’impasto sonoro, rendendolo a tratti un po’ troppo distaccato e facendo perdere al tutto un po’ di mordente. Si tratta, beninteso, di un buon lavoro, anche se ho l’impressione che le produzioni di alcuni dei progetti a cui ha partecipato (in particolare penso agli Ipsilon Indi, forse i più vicini da un punto di vista stilistico) siano state in grado di raggiungere livelli di eccellenza che qui si riescono appena ad intravedere, probabilmente proprio perché in essi la voce era parte di un amalgama più ampio, ricco e complesso che era in grado di esaltarne le caratteristiche.
Email: katyasanna@libero.it