Ma come si fa ad intervistare un mito? Non sono certo un fanzinaro di primo pelo (Ver Sacrum tra una cosa e un’altra esiste da quasi 13 anni!) ma ci sono nomi che ancora adesso suscitano in me una fortissima emozione. Carl McCoy è uno di quelli. La musica dei Nephilim mi ha accompagnato per anni: la mia collezione di vinili e CD è piena di release, ufficiali e non, del gruppo inglese. Chi mi ha accompagnato nei viaggi all’estero all’inizio degli anni ’90 (una persona a caso… indovinate voi chi!) si è sopportata le mie peregrinazioni nei negozi di dischi alla ricerca del 12″ dei Nephilim che mancava nella mia collezione o della maglietta del tour di Elizium che mai e poi mai si sarebbe trovata in Italia.
A distanza di anni, nonostante nei miei ascolti attuali il gothic rock compaia assai di rado, i Fields of the Nephilim sono uno di quei gruppi capaci ancora di lasciarmi a bocca aperta (e non sono il solo nella redazione di Ver Sacrum: basta che guardiate le lodi diffuse che Mourning Sun ha ricevuto nella Playlist 2005 del sito). Merito senz’altro della grande coerenza con cui Carl McCoy ha portato avanti il suo progetto e naturalmente della straordinaria ispirazione delle sue opere, sempre (se si escludeFallen ma si capisce il perché dall’intervista) di una qualità eccezionale, indubbiamente superiore alla media in campo gothic e non.
Con lo stato d’animo del fan emozionato, ma soprattutto con la grandissima voglia di scambiare qualche chiacchiera con uno dei miei artisti preferiti. mi sono accinto a realizzare l’intervista che segue. Ho trovato un Carl McCoy molto gentile e disponibile ma anche un po’ stanco dopo un’intera giornata di promozioni telefoniche a catena (30 minuti a giornalista: avanti il prossimo!). Su qualche argomento avrei preferito saperne di più (suvvia, chi ci crede che Carl McCoy non ascolti musica nel tempo libero!): cercherò di approfondire alla prossima occasione. Magari in corrispondenza di una tournée italiana dei Nephilim???
Partiamo con una domanda su Mourning Sun: puoi dirci quale è stata l’ispirazione principale per quest’opera?
Mmm, da dove cominciare… L’album è parte del viaggio originario che ho intrapreso nel 1983 quando si formarono i Fields of the Nephilim. E’ sempre lo stesso viaggio da un punto di vista concettuale. Penso che l’album rappresenti al contempo sia il completamento di un ciclo ma anche un nuovo inizio. Ha un approccio molto fresco: è come se rappresentasse una nuova vita, una nuova porta, un inizio che porta però in sé delle riflessioni sul passato. D’altronde sono sempre io, non posso cambiare: sarà sempre così. Sento però che quest’opera ha guadagnato in forza. Penso inoltre che sia un po’ più vario rispetto agli altri album. D’altra parte quando fai un nuovo album quello diventa sempre il tuo preferito.
Come mai ci hai messo così tanto per creare questo album? In pratica cosa è successo dopo Zoon?
E’ successo che cominciai ad avere dei seri problemi con la mia casa discografica dell’epoca (n.d.r.: la Beggars Banquet). Le mie idee erano estremamente diverse dalle loro, mi consideravano un po’ “fuori moda”. Così naturalmente volevo cambiare label ma loro mi impedivano di andare via, non consentendomi di ottenere un altro contratto. La cosa è andata avanti per quattro anni, in cui non mi è stato possibile registrare un altro album. In seguito ho cominciato la lavorare con un paio di vecchi membri della band (in particolare con Tony Pettitt: n.d.r.), cosa che è stata un po’ un errore perché non ha funzionato veramente. E’ stata un’esperienza dolorosa ad essere onesti. E alla fine alcuni demo sono stati pubblicati…
Nell’album Fallen…
Sì, e questo è stato ovviamente assai frustrante per me. E’ stato veramente brutto cominciare a lavorare con delle persone che si sono poi dimostrate avide. E’ stato un errore e allo stesso tempo è stato triste, perché comunque c’è stato del lavoro per produrre della musica, sebbene fossimo ancora allo stato di creazione iniziale. Ho comunque lasciato la cosa alle spalle e ho ricominciato da capo. E questo ci porta al nuovo album che mi ha richiesto circa un anno per la registrazione più un altro anno lavorare sui demo e naturalmente per decidere con quale etichetta pubblicarlo (alla fine ha scelto la label tedesca SPV: n.d.r.). Così in complesso dall’ideazione iniziale al prodotto finale sono passati circa due anni che non è un tempo troppo lungo.
Parlaci dei tuoi collaboratori per quest’opera. Sul tuo sito sono stati definiti dei “musicisti fantasma” i cui nomi non sono stati pubblicizzati. Perché hai deciso di essere in prima linea con questo album e non far diventare i Nephilim nuovamente una band vera e propria?
Penso di aver avuto troppo brutte esperienze lavorando con una line-up fissa. Non credo che la cosa funzioni veramente: trovi dei musicisti, definisci una visione e alla fine ti rendi conto che gli altri si limitano semplicemente a venirti dietro. E’ veramente noioso lavorare in questo modo. Preferisco invece non avere restrizioni e ogni volta reclutare persone necessarie allo specifico progetto a cui voglio lavorare, persone che possono veramente aiutarti a esprimere al meglio la visione che stai inseguendo. Ho interno a me delle persone con cui collaboro a vari progetti, non necessariamente legati alla musica. Sono anch’io un musicista, sebbene non riesco a fare cose troppo complesse, ma posso sempre chiamare degli amici ad aiutarmi. Non ho veramente bisogno di una band.
Hai intenzione di fare un tour per promuovere Mourning Sun?
Sì assolutamente.
In questo caso ti farai accompagnare dalle stesse persone che ti hanno aiutato per l’album?
Ho delle persone in mente con cui fare concerti dal vivo. La cosa non mi preoccupa: appena saranno programmate delle date la line-up non sarà un problema. Questi saranno i Nephilim più forti, o almeno lo spero.
C’è qualche possibilità di vedervi in Italia questa volta? Ti posso assicurare che trovereste un’audience molto calda per voi!
Sarebbe bello. Non siamo mai riusciti a venire in Italia prima, non so come mai. Speriamo di farcela questa volta.
Parlando della vostra audience, come ti aspetti che questo nuovo album venga ricevuto dai tradizionali fan dei Nephilim? E in generale come pensi che sia cambiata l’audience dei Nephilim in tutto questo tempo?
Le reazioni al nuovo album le percepisco parlando con persone come te, che sono da lungo tempo dei fan del gruppo: in generale ho ottenuto sempre delle risposte molto molto buone. Non credo di aver avuto un feedback negativo finora! E la cosa mi sorprende abbastanza perché non faccio album per compiacere il mio pubblico: l’album deve in primis soddisfare me stesso e naturalmente il massimo è rendere contenti sia me che il pubblico. Finora quindi sto ottenendo dei feedback molto incoraggianti e per quanto riguarda l’audience originaria dei Nephilim – si sta parlando dei primi anni ’80 – molti di loro probabilmente sono cambiati e fanno altre cose, non so nemmeno se seguono ancora la musica. Penso che c’è un sacco di gente nuova da raggiungere ogni volta, persone che spero possano farsi ispirare dall’album. Fare un album è per me ogni volta una nuova sfida: non voglio affidarmi solo alla mia reputazione passata.
Ti sorprende che ancora oggi, nonostante la scena musicale sia completamente diversa da quella degli anni ’80, i Nephilim, siano un nome “caldo”, una cult band?
Dal mio punto di vista ciò accade perché noi siamo stati sempre molto seri riguardo ciò che facciamo e la gente lo rispetta. Al contrario, altri col passare del tempo commercializzano quello che fanno o cambiano natura. Io creo ciò che la mia audience si aspetta, lo spero almeno.
Ti sorprende invece il fatto di essere diventato una specie di icona? Si ritrovano personaggi ispirati alla tua figura nei fumetti (Hellstorm di Warren Ellis, uscito per la Marvel Comics) e nei film (quelli di Richard Stanley, non soloHardware in cui McCoy recitava una piccola parte ma anche nella sua seconda pellicola, Demoniaca, la figura del “demone della sabbia” aveva molte attinenze con l’immaginario Nephilim: ndr).
Beh, è piacevole ma non so proprio cosa dire di più. Mi sta bene, sono contento purché ciò venga fatto con un gusto decente!
Una domanda sulle tue fonti di ispirazione: quali sono le cose che ti ispirano fortemente, nella musica ma non solo?
Penso che sia la reazione chimica che si crea tra i pensieri, la musica, la voce e che fa scattare un’emozione. Per me è un vero traguardo quando riesci a compenetrare la tua musica con una visione e le persone la interpretano, anche se non sanno niente delle tue intenzioni originarie, e riescono ad avvicinarsi a questa tua idea. Questo è quello che sto cercando di fare: sebbene non sia IL motivo per cui faccio musica questa cosa comunque mi ispira molto. Mi ispira molto anche la spontaneità nel fare musica. Mi piace sperimentare, provare soluzioni nuove, trovare delle nuove regole.
Per quanto riguarda la musica, hai avuto modo di ascoltare delle cose buone recentemente?
Non ne ho avuto il tempo ad essere onesto. Non sono molto informato su ciò che sta succedendo nella scena musicale, sono troppo impegnato con il mio progetto. Quando non sto lavorando al gruppo ti assicuro che ascoltare altra musica è l’ultima cosa che voglio fare al mondo!
E che mi dici del cinema? Hai visto qualcosa di recente che ti è piaciuto?
No, niente recentemente. Stesso discorso, sono stato troppo occupato. Non ho visto niente di trascendentale da un sacco di tempo. Ovviamente ci saranno un sacco di buoni film fatti ultimamente ma non mi viene in mente neanche un nome ora.
Beh, dimmi almeno quali sono i tuoi film preferiti di sempre!
Ho sempre amato molto C’era una volta il West di Sergio Leone. Ce ne sono altri ma non riesco mai a ricordarmi i titoli dei film, è un mio problema!
E naturalmente i film di Sergio Leone sono stati una fonte di ispirazione per i primi Nephilim.
Sì, erano così epici e vedevo riflesso questo aspetto in quello che volevamo fare. L’ispirazione credo che sia venuta proprio da là. Mi intrigava l’inusuale accostamento di generi e stili. Sì, sono stati decisamente un’ispirazione.
Mi ha sempre affascinato il lato visuale delle produzione dei Nephilim: volevo chiederti perciò qualcosa sulla tua “seconda” forma di espressione, legata al nome Sheer Faith. Cosa stai facendo ora in questo senso? Hai altri progetti grafici a parte quelli legati ai Nephilim?
Sheer Faith è un nome che ho inventato tempo fa, legato primariamente ai Nephilim, all’artwork, alle copertine dei dischi, etc.., visto che non mi andava di mettere ovunque il mio nome. Eravamo solo io e la mia ragazza dell’epoca. Ho fatto comunque altre cose. Ovviamente, nel periodo dopoZoon quando non ero in grado di produrre nuova musica, dovevo in qualche modo mantenermi e ho lavorato primariamente con il nome Sheer Faith. Si è trattato di vari lavori, niente a che fare con i miei progetti per i Nephilim. Ho fatto pubblicità, lavori visuali, anche qualcosa per dei film.
Mi ricordo che avevi anche fatto una copertina per un libro della scrittrice Storm Constantine (Hermetech: ndr)…
Sì, è stato molto tempo fa.
Sei ancora in contatto con lei?
Non la vedo da anni. Onestamente non so cosa stia facendo ora.
Sempre per quanto riguarda l’aspetto visuale nella musica: hai creato degli artwork stupendi per i tuoi dischi, che potevano essere apprezzati appieno nelle grandi copertine degli album di vinile. Poi si è passati ai CD dove quindi si è perso qualcosa dal punto di vista grafico. Ora però siamo passati alla musica digitale dove l’aspetto visuale va perso completamente. Cosa ne pensi di tutto ciò?
Personalmente la cosa non mi piace molto perché l’artwork che creo va mano nella mano con la musica. Inoltre ho sempre preferito avere un’opera originale piuttosto che una copia digitale. Molta gente probabilmente non ci fa caso. I formati digitali vanno senz’altro bene per la musica commerciale, che è qualcosa destinato a durare poco, ma non credo che vada bene per un gruppo come il mio. Ad esempio un sacco di fan dei Nephilim sono dei collezionisti che amano avere tutto del gruppo. Penso che il pubblico andrà sempre a comprarsi un disco che ha un bell’artwork. Ho creato il progetto grafico per il nuovo album proprio per cercare di dare qualcosa in più alla gente che andava a comprarsi il disco, qualcosa che non fosse un semplice CD. Probabilmente in futuro sarà possibile con la musica digitale compensare la mancanza dell’artwork con qualcos’altro, si potrà dare qualcosa in più alla gente. Non so ancora come ma credo che sia importante cercare di superare questo limite.
E riguardo alla grafica quali sono i concetti principali che ti hanno portato a creare la copertina di Mourning Sun, questa immagine di te congelato?
Ci sono probabilmente un sacco di interpretazioni diverse dietro questa immagine. Naturalmente io ho la mia idea personale ma molto è lasciato all’interpretazione del pubblico. Suppongo che possa far pensare al freddo, a qualcosa di estraneo e senza tempo, tutte sensazioni di cui Mourning Sun è pieno. Può significare molte cose: una nuova porta, una nuova vita. Ma non voglio spiegarmi di più: è arte, è fatta per essere interpretata dalla gente.