Se c’è una cosa che caratterizza il Mare (fin troppo) Magnum delle proposte gothic rock/gothic metal e affini che invadono il mercato è la piattezza della superficie e la bassezza dei fondali, la riproposizione infinita e reiterata degli stessi modelli, stilemi e soluzioni compositive. Il che crea una sensazione di noia e di deja-vu che si traduce in un senso di sazietà ogni qual volta si mette il dischetto nel lettore: sembra sempre si ascoltare lo stesso lavoro. Ebbene, va dato atto -e non è poco- ai finlandesi Fall of the Leafe, nei 12 pezzi di questo Vantage, di evitare di produrre questa sensazione. Sia chiaro, il lavoro non sprizza originalità da tutti i pori, perchè evidentissima è la matrice tradizionalmente gothic metal del gruppo (l’impronta dei migliori Paradise Lost o Anathema è ovunque), piene di accenti prog , ma altrettanto chiara è la contaminazione da sonorità e da attitudini del brit goth di più alta caratura (Mission?): dunque potenza, melodia, complessità che non diventa arzigogolatura fine a se stessa, uniti ad una notevole differenziazione nell’approccio dei pezzi e ad una facilità di ascolto che davvero non guasta. Degna di nota è, poi, la performance dell’infaticabile cantante Tuomas Tuominen , che davvero può considerarsi la punta di diamante del gruppo: duttile, stilisticamente coerente, espressiva e teatrale a punto giusto e -udite udite- estremamente personale. Notevoli e intensi “The fresco”, “Morning works”, e soprattutto “But the ghosts here”, ma attenzione a “Off the map, under the sun”, pezzo di bravura puramente brit-goth e a “Discipline and Punish”, strumentale che sembra addirittura un pezzo dei Cure!. Bravi, davvero.
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