Nel mese di Ottobre si è svolta a Roma al Teatro dell’Orologio una manifestazione teatrale a carattere vampirico dall’invitante titolo Draculiadi 1897-1997, durante la quale sono stati rappresentati alcuni interessanti lavori, tra cui una bella rivisitazione dello spettacolo di Mario Moretti Dracula-Esercizi sul terrore risalente all’ormai lontano 1983.
L’evento clou della manifestazione era però costituito senza ombra di dubbio dalla presentazione di un lavoro teatrale davvero nuovo e originale, Blue Vampire. A metterlo in scena una compagnia francese, Compagnie Là Hors De di Lione, per la regia di Natalie Veuillet e su testo di Angela Batignani e Mario Moretti. Si trattava della prima e unica esibizione italiana, dopo che lo spettacolo aveva aperto, con grande successo di critica e di pubblico, il Festival Court Circuit di Lione.
Blue Vampire narra chiaramente una storia di vampiri, ma in essa gli “eventi” da raccontare sono tutto sommato marginali, perché in realtà il testo si basa quasi esclusivamente su una serie di riflessioni filosofiche legate al senso della vita e della morte, al ruolo del male nel mondo. E lo scontro non avviene tanto nell’opposizione classica uomo/vampiro (bene/male), quanto nella conflittualità tra i due principali protagonisti vampiri (Faber e Magnus) dovuta alla diversità della loro concezione del male. La comunità vampirica attraversa infatti una crisi interna al suo stesso mondo dovuta ad una perdita dei ruoli tradizionali. Sostiene Faber, vampiro giovane, ribelle e sacrilego: “…anche il male ha cambiato forma. Voi vecchi vampiri, avete ancora paura delle croci. Siete fermi alle credenze superstiziose vecchie di più secoli. I mortali invece discutono di filosofia, coltivano le scienze, applicano la psicanalisi, aggiornano le loro tecnologie e il loro sapere. Se mostri dal volto diafano infestano i loro cimiteri se ne infischiano… La nostra è un’epoca nuova che ha bisogno di un nuovo male. E questo nuovo male sono io. Io sono il vampiro ideale per questi tempi, e lo sai perché? Perché io sono normale. Io sono come tutti loro messi assieme! Chi ha detto che la morte deve sempre stare in agguato nell’ombra? Io sono la morte della porta accanto. Sono la morte seduta in salotto. Sono la morte in punta di piedi nel corridoio. Sono la morte in ascensore, in un cinema, a teatro. Io sono con loro!… Io sono il peggiore dei demoni, sono il mostro che assomiglia esattamente a quelli che mostri lo sono a loro insaputa!”
Le vecchie regole dunque sono ormai cadute; i vampiri non sono più il retaggio di antiche paure, qualcosa di alieno e misterioso, non si nascondono più in luoghi macabri e solitari; ora i nuovi mostri vengono allo scoperto. In una società razionale e moderna, per poter sopravvivere, anch’essi devono farsi umani, devono sedurre e portare il male non attraverso la “diversità” che li contraddistingue, ma rendendosi i più “normali” possibile.
E’ questa a mio parere una visione molto interessante del mito vampirico nella società contemporanea, in linea con le tendenze letterarie di questi ultimi anni che hanno visto una sempre maggiore umanizzazione e introspezione psicologica della figura del vampiro (basti pensare a Intervista con il vampiro di Ann Rice, romanzo capostipite di questo filone “neogotico”). Più in generale è possibile notare come sia ormai avvenuto un rovesciamento delle parti per cui negli anni ’90 il vero “mostro” viene identificato con il “serial-killer”, pazzo e sanguinario, ma pur sempre uno di noi, totalmente umano, e non con le figure tradizionali dell’orrore letterario, che non suscitano più soggezione, ma piuttosto interesse e talora anche un desiderio di imitazione e immedesimazione.
L’interesse del testo di Blue Vampire, assai ben costruito, chiaramente non si esaurisce qui e molti sarebbero gli spunti possibili per ulteriori approfondimenti (ad esempio per quanto riguarda la figura di Alba, l’unico personaggio umano). Ma in realtà ciò che più mi ha colpito nello spettacolo è stato senz’altro il lavoro di messa in scena e di regia che ho trovato davvero formidabile, sorretto anche da un’ottima prova offerta da tutti gli attori. Tre personaggi (in realtà il lavoro ne prevede quattro ma uno, assente, è stato provvidenzialmente sostituito da una registrazione fuori scena con un risultato forse ancora più straniante) si presentano sul palco immerso in una inquietante oscurità. Solo la luce tremolante di decine di candele poste su candelabri mobili permette di percepire a mala pena ciò che sta accadendo. Nessuna scenografia ingombra la visione, solo i muri esterni pongono un limite alla scena, il rigore è totale, un gusto per l’essenziale, insieme semplice ma inquietante, domina i gesti degli attori che si spostano sul palco seguendo precise geometrie. E la recitazione spesso si trasforma in una danza, in una ricerca coreografica scandita dal ritmo ossessivo e alienante di una colonna sonora di musica techno decisamente oscura. La ripetizione dei gesti, dei movimenti, le pause e le improvvise accelerazioni ricordano la rappresentazione di un rito tribale, ai limiti della possessione. Guardando alcune scene il mio pensiero è andato a certe performance “ritual” di un gruppo, guarda caso, proprio francese, ovvero gli splendidi Rosacrux.
L’atmosfera oscura, il gioco di luci, i continui movimenti, il ritmo incalzante vengono così a costituire la vera scenografia di Blue Vampire in cui parola e movimento riescono a incontrarsi e a sorreggersi reciprocamente sprigionando una carica emotiva che colpisce inevitabilmente lo spettatore. Dunque non una semplice rappresentazione teatrale, ma un lavoro unico e complesso, capace di unire forme espressive differenti in una visione di rara forza ed eleganza.
Per contatti:
Compagnie Là Hors De
26, rue St. Pierre de Vaise
69009 Lyon Francia