Tra le diverse parole per designare un fantasma nella lingua giapponese la più rappresentativa è certamente “obake”; in questa parola troviamo la vera essenza di questi esseri, la trasformazione, la mutazione. Tralasciando il prefisso onorifico “o-” si ottiene “bake” che ha il significato di “qualcosa che si trasforma, che diventa altro, che prende una diversa forma”. Nell’ideogramma cinese con cui il verbo “bakeru” è scritto (sotto), si distinguono due forme stilizzate di un uomo: la prima, a sinistra, nella forma normale con la quale è presente in molti altri ideogrammi (radicale) e la seconda capovolta o alterata, suggerendo quindi l’idea di una qualche tipo di azione che l’ha resa diversa.
I fantasmi giapponesi sono essenzialmente delle trasformazioni, fenomeni che sperimentano alterazioni e che mettono alla prova le certezza della vita di ogni giorno.
Il tempo dei fantasmi è l’estate, non le freddi notti invernali, e non sempre la loro apparizione o manifestazione è terrificante o raccapricciante. Un bakemono, altra parola per “cosa che si trasforma” equivalente a “o-bake”, può nascondersi in un ombrello o in una lanterna, ovvero in oggetti comuni di tutti i giorni. E proprio così può venire rappresentato dai bambini nei loro disegni, un ombrello che cammina in una strada di campagna con una faccia che ride oppure come una “chochin obake”, una lanterna che pende dal soffitto al cui interno la candela sembra, a guardare bene, nascondere un ghigno beffardo. Nessuno può dire quando la trasformazione dei comuni oggetti familiari avrà luogo e se sarà benevola o meno. E proprio questa la caratteristica che li rende potenzialmente pericolosi.
Tra gli elementi che più ricordano la trasformazione c’è il fuoco ed è proprio al fuoco che molti “o-bake” sono collegati, con la sua doppia valenza positiva quando riscalda dal freddo o cuoce i cibi e negativa quando distrugge il raccolto o le abitazioni.
Volendo fare una classificazione si può dire che gli “o-bake” si dividono in yuurei, youkai e oni.
Yuurei
Gli yurei derivano dalla credenze Shintoista del reikon, l’anima che tutti gli esseri umani possiedono. Al momento del trapasso il reikon abbandona il corpo per ricongiungersi alle anime degli antenati a patto che la morte non sia stata violenta e che i riti funebri siano stati eseguiti nel modo corretto. Gli spiriti degli antenati sono presenze benevole che proteggono la famiglia, l’equivalente dei Penati latini, e secondo le credenze ritornano sulla terra a fare visita ai loro cari durante la festa dell’obon.
In presenza di una morte violenta o cui è mancata la necessaria tranquillità al momento del trapasso, oppure il mancato rispetto dei riti funebri, può fare in modo che il reikon si trasformi in yuurei, un obake tormentato che resta nel mondo dei vivi in cerca di vendetta o per completare ciò che non ha potuto in vita. Gli yuurei non hanno libertà di vagare ovunque, ma sono obbligati a restare nelle vicinanze del posto dove hanno trovato la morte, i due caratteri cinesi, yuu (confinato, rinchiuso) e rei (spirito, anima) rafforzano questo concetto.
Inizialmente gli yuurei erano indistinguibili dall’essere umano originario, ma nel 17° secolo con la popolarità dei racconti di fantasmi, i kaidan, iniziarono ad acquisire caratteristiche che li distinguevano. Le caratteristiche degli yuurei derivano dalle tradizioni funebri del periodo Edo, ad esempio la veste bianca, il colore dell’abito con cui le persone venivano sepolte allora (il katabira, kimono bianco oppure il kyokatabira, un katabira con iscrizioni dai sutra buddisti) e il pezzo triangolare di stoffa o carta bianco legato con un nastro alla fronte (hitaikakushi) quale protezione contro gli spiriti maligni. Attorno al 18° secolo gli yuurei vennero progressivamente rappresentati privi di gambe, nelle rappresentazioni del teatro Nou gli attori indossavano un lungo kimono che le copriva o venivano sorretti da una corda che li sollevava dal suolo.
Youkai La parola youkai è composta da “you”, “che attrae”, “che seduce” e da “kai”, “apparizione”. Appartengono a questa categoria tutti i folletti, spiritelli maligni e mostri delle tradizioni popolari. Fanno la loro apparizione al crepuscolo e a differenza degli yuurei hanno caratteristiche grottesche e bizzarre. Tra questi i più noti sono i Kappa, i Tengu e i Rokurokubi e Yuki-onna. I Kappa sono creature che vivono sulla terraferma e sull’acqua, hanno il muso a forma di becco, mani e piedi con pinne, una corazza sul dorso e un piattino con dell’acqua sulla testa. Fino a quando il piatto contiene dell’acqua allora i Kappa mantengono i loro poteri soprannaturali.
Esistono storie in cui i Kappa attaccano gli esseri umani, ma molte altri in cui gli aiutano e per il loro aspetto buffo sono frequentemente presenti nei cartoni animati.
I Tengu sono gli spiriti della montagna, dal viso rosso e dal lunghissimo naso, in origine un grosso becco, e portano sempre in mano un ventaglio di piume. Dotati di grandi poteri, possono essere tanto generosi protettori, quanto un essere crudele. Venerati dagli yama-bushi (preti erranti che vagano per le montagne del Giappone), di solito indossano proprio l’abito tipico di questi preti, e dei grossi geta (zoccoli giapponesi).
I Rokurokubi sono mostri dall’aspetto femminile dal collo lungo e flessibile. Di giorno sembrano dei normalissimi esseri umani, ma di notte si trasformano, allungando il collo per andare a spiare gli esseri umani in cerca di vittime da cui succhiare l’energia vitale.
Infine le yuki onna, come indica il nome, sono le donne delle nevi di molti film e racconti dell’orrore con il caratteristico kimono bianco e lunghissimi capelli neri.
Oni
Gli oni sono la categoria dei demoni e degli orchi. Creature feroci con corna e artigli, conosciuti per essere i guardiani dei cancelli degli inferni buddisti e per praticare sugli umani le torture caratteristiche di questi inferni. Ogni anno, il 3 febbraio, si tiene la cerimonia per scacciare gli oni, durante la quale fagioli secchi (simbolo di prosperità e salute) sono sparsi sull’ingresso di casa e all’interno declamando ad alta voce “Oni wa soto, fuku wa uchi” (“Oni fuori, fortuna dentro”). Ma gli oni, come tutti gli obake, sono suscettibili di trasformazioni e in certi casi possono anche diventare buoni.
Riferimenti
– Mangajin, numero 40. Tim Screek “Japanese ghosts”.
– Kaii youkai denshyou deetabeesu, “Database dei fantasmi e altre stanezze del folklore” (http://asagi1.nichibun.ac.jp/youkaidb/)