L’inclinazione di David Tibet a scoprire nuovi e nascosti talenti è cosa ormai nota; molto spesso, però, i musicisti da lui scovati nei risvolti più strampalati dell’ambiente musicale rimangono in uno stato semisommerso e raramente emergono dallo stato di musicisti di culto; chissà se, quando ha iniziato ad ascoltare e sostenere Antony and the Johnsons, si era già reso conto del fatto che, ne giro di poco tempo, questi sarebbero diventati il fulcro di un movimento quasi a sé stante: oggi sembra quasi che tutto ciò che tocca Antony Hegarty diventi oro e che una piccola collaborazione con lui valga quasi come una certificazione di qualità. In effetti bisogna dire che il nostro sceglie bene le proprie amicizie e questo Songs from the coal mine canary sembra dimostrarlo una volta in più: oltre allo stesso Antony, che ha prodotto il disco e si è cimentato al pianoforte, l’album si fregia anche della collaborazione di Joe Budenholzer (Backworld) alla chitarra ed è composto da dieci ballate in cui vengono miscelati diversi generi musicali diversi tra cui il le nuove espressioni del folk d’oltreoceano, il jazz più intimista, il blues malato dal mood non lontano da quello di Nick Cave, la no wave. A difesa di Annie Anxiety Bandez,c’è da dire che non si tratta di una “scoperta fresca fresca” del buon Antony: fu infatti notata, in tempi non sospetti, da un tale chiamato Frank Zappa ai tempi in cui suonava regolarmente a New York col suo gruppo Annie And The Asexuals e ha collaborato con i Coil ai tempi di Love’s Secret Domain: si tratta di un’artista a tutto tondo, che si diletta, oltre che al canto, nella pittura e nella recitazione e la cui voce, che sembra piena di fumo e vodka, affascina fin dal primo ascolto anche persone come me che, usualmente, frequentano lidi sonori abbastanza lontani da questi.
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