Ver Sacrum Cosa si può dire di Lustmord, nel 2007, che non sia già stato detto in precedenza? In effetti è difficile approcciare un artista che è il simbolo vivente di un genere musicale come il dark ambient che, all’interno dell’area grigia, oggi rappresenta uno dei filoni più popolosi. Più che contribuire a creare questo genere, Brian Williams lo ha di fatto inventato, miscelando con maestria (in anni assolutamente non sospetti) ingredienti che erano senza dubbio a sua disposizione (ambient dalla lenta evoluzione e industrial della prima ora, sapientemente e solidamente agglomerati attraverso atmosfere asfittiche e tetre) ma che nessuno aveva ancora avuto il coraggio di associare tra loro. Evidentemente si è trattato di una mistura vincente, considerato il “successo” che ha avuto a distanza di tempo, che è stata in poco tempo ingurgitata, digerita e rielaborata da una schiera di musicisti di notevole caratura (inutile citarne i nomi) che ne hanno tratto nuova linfa e sono stati in grado di generare, a loro volta, numerosi “sottogeneri” tra i quali i confini sono stati spesso molto labili. Fin qui la storia… Questo CD, però, costituisce per il musicista un’importante novità: probabilmente tutti ricordiamo che, poco più di un anno fa, tutti i telegiornali hanno annunciato che stava per arrivare un giorno dalla data particolare: il 6 giugno 2006 o, se vogliamo, 06.06.06. Il numero della bestia. Fortunatamente si sono anche affrettati a ricordarci che il nostro calendario è solo una convenzione e che, per altre culture, la data era completamente diversa e quindi non c’era da preoccuparsi. Però, quella data, qualcosa di particolare lo aveva: quella di spingere, per la prima volta in circa venticinque anni di carriera, Lustmord ad esibirsi dal vivo, in occasione della prima “high mass” pubblica della Church of Satan, fondata quarant’anni prima da Anton LaVey. Il risultato è questo Rising (06.06.06), che raccoglie musica proveniente da varie registrazioni del passato, nuovi brani ed improvvisazioni i cui titoli vanno a comporre quella che credo sia la “scaletta” di una messa di questo genere. Notazioni di costume a parte, da un punto di vista musicale si tratta di un bellissimo album, come d’altra parte si può dire di quasi tutte le opere di Lustmord, caratterizzato da un lento fluire praticamente privo di soste. Certo, non si tratta di un disco rivoluzionario, ma riesce a coinvolgere molto più di quanto abbiano fatto la gran parte dei suoi “colleghi” negli ultimi tempi.