Ver Sacrum Giuovini e coraggiosi, gli svedesi Darkwater! Escludendo l’intro rappresentata da “2534167”, i restanti otto pezzi inseriti su “Calling the earth to witness” (un titolo originale, finalmente) superano tutti ed abbondantemente i sette minuti, raggiungendo i tredici (!) con “Habit”. Eppure tale durata, apparentemente estenuante, non inficia menomamente la riuscita piena di ogni singola track, rendendo il disco uno dei meglio riusciti in ambito prog-metal (con evidenti sfumature dark) dell’anno. Se i maestri Dream Theater si lasciano sovente andare a lunghe digressioni iper-tecniche (e cervellotiche), i nostri ragazzi arricchiscono le loro canzoni di una fondamentale componente melodica, senza strafare pur disponendo di un bagaglio qualitativo considerevole, e senza pertanto cedere alla- facile, in questi ambiti – tentazione della sterile esibizione di bravura. Un insieme maturo e coeso, capace di produrre spunti ragguardevolissimi, come nelle magniloquenti “In my dreams” e “Shattered”. Sul lavoro intiero aleggia un’aura oscura, che si può far risalire ai loro onorati conterranei Opeth, e che rende il disco appetibile alle frangie più aperte della goth-community. Auspicando che CtEtW non resti prova isolata, mi sollazzo con “All eyes on me” e con “Again”, certo che ulteriori soprese, ad ogni reiterato ascolto, mi verranno riservate dai promettenti Darkwater!