Una volta tanto resto piacevolmente sorpreso dal pubblico romano, accorso piuttosto numeroso per vedere l’esibizione dei fiorentini Neon al Jailbreak. Stranamente non c’è nessun gruppo spalla in apertura, e sul palco salgono direttamente i quattro Neon, per l’occasione Marcello Michelotti, Piero Balleggi, Adriano Primadei e Leo Martera.
Un’oretta e mezzo di concerto in totale, durante la quale i quattro mostrano una grinta invidiabile, alternando pezzi dalla spiccata vena punk-wave a brani dove invece è la componente elettronica eighties ad avere maggior risalto. La produzione discografica passata dei nostri non è stata particolarmente ampia, ragion per cui i brani che ci si aspettava di ascoltare ci sono tutti: “Harry”, “Isolation”, “Runnin'”, senza dimenticare altri classici del loro repertorio come “Lobotomy 2” e “Dark Age”.
Un pregio dei Neon di oggi è quello di saper reinterpretare il proprio passato senza stravolgere i brani originali. “Drivin'”, ad esempio, suona molto più cupa rispetto al disco, grazie anche alla chitarra sempre precisa e affilata di Adriano Primadei, ma allo stesso tempo rispecchia fedelmente il brano su disco. A rendere ancora più coinvolgente il set vanno aggiunte la spiccata presenza scenica del quartetto e l’energia profusa nel concerto, cosa che, considerando anche la non più giovane età, dovrebbe far riflettere sui gruppetti più o meno mediocri che spesso si vedono sui palchi della capitale.
La reazione del pubblico ai brani che si susseguono senza sosta è entusiasta, c’è chi balla, chi poga e chi segue attento, tutti comunque sembrano più o meno d’accordo sulla qualità dell’esibizione dei fiorentini.
Concerto perfettamente riuscito quindi, chiuso con una bella versione di “Warm Leatherette”. E’ incredibile che ci siano voluti così tanti anni per rivedere i Neon in azione, di certo si spera che il rinnovato interesse per il gruppo, unito alla serie di ristampe ed esibizioni, sia di stimolo a non abbandonare di nuovo.
Un plauso va senz’altro a chi ha organizzato l’evento; unico neo, è da veri incivili far iniziare un concerto a mezzanotte. Nel resto d’Europa, dove le città sono a misura d’uomo, a quell’ora di solito si finisce.
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