Gli Albireon continuano ad essere uno dei progetti italiani più interessanti e proseguono il loro cammino attraverso una complessa selva di sonorità differenti. I primi brani che mi capitò di ascoltare risalgono, se non ricordo male, al 2001 e l’ultima loro opera che ho avuto modo di apprezzare è stata Il volo insonne, pubblicato ormai tra anni fa. L’evoluzione di questo progetto nostrano che, va detto, ha sempre avuto caratteristiche piuttosto personali è evidente, al punto che quest’ultimo CD potrebbe è difficilmente associabile ai precedenti lavori a me noti; ad esempio, la chitarra acustica è quasi assente e, laddove se ne sente (o, addirittura, intuisce) il suono, è assolutamente in secondo piano. Di fatto I passi di Liù è costituito da basi dark ambient su cui viene sovrapposta la voce, spesso recitante o caratterizzata da quel cantato minimale che ha sempre caratterizzato gli Albireon. Per quanto assurdo possa sembrare, quest’album mi ha fatto pensare ad un impensabile connubio tra un Arturo Stalteri all’epoca dell’esordio dei Pierrot Lunaire e un moderno gruppo di ambient scura ma non immobile: nn avrei mai pensato che liriche recitate in italiano potessero combinarsi così bene con una chitarra in lontano sottofondo e drone rugginosi. A concludere il tutto, un lungo brano (12 minuti abbondanti) che si distacca alquanto dai precedenti, caratterizzato com’è dai suoni di corde pizzicate e di un violino minimale che si sovrappongono e si vanno a stemperare in strutture noise ambient in continuo movimento e crescendo che, a loro volta, scompariranno in un arpeggio di chitarra accompagnato dalla voce. Chapeau!
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