Dopo che il deludentissimo Eat Me, Drink Me ci aveva lasciato con molti dubbi sulle capacità artistiche attuali dell’artista americano, ecco che invece con questo nuovo album Marilyn Manson mostra di possedere ancora un gran talento e soprattutto di avere – cosa non scontata – delle cose da dire. Non è un’esagerazione affermare che The High End Of Low sia il miglior album del Reverendo dai tempi di Mechanical Animals (se non addirittura di Antichrist Superstar). Intanto si tratta di un’opera piuttosto complessa, in alcuni momenti anche sofisticata, tutt’altro che “caciarona”, cosa che potrebbe rendere l’album poco gradito al pubblico metal e metal-indus più interessato a sonorità immediate ed elementari. Musicalmente è difficile inquadrare The High End Of Low in un’etichetta ben definita: sicuramente la sua impostazione è quella di un album di hard-rock classico, in cui si mescolano influenze blues e psichedeliche ad un approccio più genericamente indie/alternativo. Forse la definizione che meglio calza per The High End Of Low è “american gothic”, solo che con questo uno non deve pensare a Rozz Williams quanto ad uno Screamin’ Jay Hawkins post-moderno. La qualità del song writing è davvero superba: il lavoro svolto da Twiggy Ramirez (il cui ritorno è stato davvero salutare per il Reverendo) e dall’ex NIN Chris Vrenna, già con Manson dal tour del precedente album, è davvero eccelso e fra le 15 canzoni presenti ce ne sono davvero molte che possono essere annoverate nella migliore produzione di Marilyn Manson; Manson invece limita il suo contributo alla scrittura dei testi se si eccettua una “comparsata” per comporre la musica del pezzo “Wight Spider”. Fra i pezzi che più colpiscono figurano “Four Rusted Horses”, che incarna alla perfezione l’idea di “gotico americano” citata poc’anzi; eccellenti anche la lunghissima e delirante “I Want To Kill You Like They Do In The Movies”, l’opening track “Devour” e l’apocalittica “I Have To Look Up Just To See Hell”. Davvero accattivante è poi il primo singolo “Arma-Goddamn-Motherfuckin-Geddon” così come di ottima qualità è il pezzo che la band ha rilasciato da settimane come anticipazione dell’album, ovvero quella “We’re From America” nel cui testo Manson racconta in maniera assai efficace, e altrettanto diretta, le ipocrisie della società americana (un esempio su tutti: “We don’t like to kill our unborn/We need them to grow up and fight our wars “). Un po’ meno riuscite sono invece le ballate qui incluse, annacquate in arrangiamenti assai melensi, ovvero “Into The Fire” e “Running To The Edge Of The World”: intendiamoci, non si tratta di brani orrendi ma solo di episodi un po’ insulsi che avrebbero potuto essere tranquillamente relegati come bonus track. Altro pezzo un po’ debole è “WOW” che curiosamente ricorda alcune cose dei NIN (“Closer” e “Only”). In generale comunque l’album è davvero buono, forse anche troppo per piacere ad un pubblico più interessato all’immagine trasgressiva del nostro che alla sua musica. Per il motivo opposto c’è poi il rischio che l’audience ideale di The High End Of Low possa ignorare questo CD considerando Marilyn Manson (anche alla luce delle sue recenti e opache prove) un semplice fenomeno mediatico privo di talento. Il mio consiglio quindi non può che essere quello di dare a quest’album una chance e di ascoltarlo senza alcun preconcetto: potreste rimanere piacevolmente sorpresi.
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