Definire “attesissimo” questo nuovo album dei VNV Nation non è certo un’esagerazione, visto che stiamo parlando di una delle bands piu’ amate in ambito elettronico, creatrice a suo tempo del cosidetto “futurepop” e fonte d’ispirazione per tanti epigoni; ecco quindi Of Faith, Power and Glory, a seguire di poco piu’ di un mese il box celebrativo Reformation 01, release consacrata ai fans piu’ accaniti del duo britannico. Il disco si apre con la strumentale “Pro Victoria” brano strumentale, caratterizzato da percussioni di stampo “apocalittico”, ben in linea con la copertina del cd; si entra quindi nel vivo con l’ottima accoppiata costituita da “Sentinel” e “Tomorrow never comes”: due pezzi in cui c’è tutta l’essenza dei VNV Nation e che, a conti fatti, risulteranno quanto di meglio il disco abbia da offrirci. Il ritmo, la melodia, le atmosfere epiche e malinconiche: sono canzoni come queste che hanno contribuito a creare il mito di questo gruppo e che tutt’ora lo fanno stare una spanna su molti altri, con buona pace dei detrattori. “The Great Divide” pone l’accento sul lato maggiormente “pop” dei VNV Nation e ci rimanda alle atmosfere del contraddittorio Matter and Form (il disco a mio avviso meno riuscito della loro discografia); ritroveremo tali sonorità anche nelle mediocri “Defiant”, “Verum Aeternus” e nella conclusiva “Where there is light”, che chiude l’album alla maniera di “Perpetual” nel sopracitato Matter and Form. “Ghost” è invece un bel pezzo, oscuro ed intimista, di quelli che non mancano mai nei dischi del duo Harris/Jackson; “Art of Conflict” fa impennare il numero di BPM ed il suo andazzo technoide ci riporta alla memoria pezzi come “Interceptor” e “Strata”. Manca all’appello la sola “From my Hands” immancabile “lento” che stavolta però risulta francamente debole e noioso. Il fatto che abbia citato spesso i brani del per me non entusiasmante Matter and Form come termine di paragone per le nuove canzoni, fa capire che non reputo certamente Of Faith, Power and Glory come uno dei migliori album dei VNV Nation. Le atmosfere epiche ed il vento innovativo che avevano caratterizzato sopratutto i capolavori Praise the Fallen e Empires si sono in buona parte affievoliti; detto questo, siamo comunque in presenza di un disco piu’ che buono e superiore a 3/4 di quello che la scena “elettro” ci propone di questi tempi.
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