Tying Tiffany

Tying Tiffany a Fano Foto di Derfel

Un Festival in Italia non è cosa che avviene esattamente tutti i giorni. La prima cosa che mi è saltata alla mente affidandomi ai ricordi è stato un tentativo nel 1995, proprio il 31 luglio, stessa data di apertura del festival di cui ci stiamo occupando, non troppo distante dalla location di questo Moonlight, in un simpatico borgo dal nome Morciano di Romagna. Tra gli altri, The Frozen Autumn e The Eternal Afflict. Organizzazione di livello, ma purtroppo clamoroso fallimento. È per questo che era più che giustificato nutrire timori alla vigilia di questo nuovo tentativo. A dire il vero le cose si presentavano bene: alberghi e ristoranti convenzionati, il più importante teatro di Fano concesso al festival per conferenze stampa e incontri con artisti. Due organizzatori, Annalisa Magi e il tastierista dei Neon Piero Ballegi, che sapevano il fatto loro riuscendo a strappare al Comune di Fano e la Provincia di Pesaro-Urbino il patrocinio del festival grazie ad un assessore alla cultura probabilmente “alleato”. Era evidente che non si poteva fallire quando ci sono di mezzo le Istituzioni, non esattamente gente che si sarebbe commossa di fronte a frasi tipo “l’anno prossimo andrà meglio”, “fa troppo caldo”, “non era sufficientemente pubblicizzato”, “era solo la prima edizione”. Gli organizzatori se la sono giocata bene. Può far storcere il naso quel “ingresso gratuito” che ha mescolato appassionati a famiglie in vacanza con tanto di bermuda, infradito e passeggino che curiosavano tra gli stands e ai concerti in generale. In realtà la cosa non è risultata affatto fuori luogo o tirata per i capelli.

L’annuncio di un Moonlight Festival 2010 è la risposta alla domanda che probabilmente vi state già facendo: è andata bene? Decisamente sì. Siamo in Italia, che non vi venga minimamente in mente di pensare a risultati alla Zillo, M’era Luna o addirittura WGT, ma è stato comunque l’evento gotico italiano più grosso che io possa ricordare. L’organizzazione parla di 8000 presenze spalmate sulle tre giornate del festival, furba strategia per contare anche la stessa persona tre volte. Ma al di là di questo il colpo d’occhio era notevole. Io credo che questo report del Moonlight Festival possa essere utile a voi più che altro per capire se la cosa è organizzata bene o meno e se vale la pena, eventualmente, essere presenti la prossima edizione, più che darvi una fredda descrizione dei 12 concerti. La risposta è che ne vale la pena.

Fano è una splendida località di mare con un bel centro storico. Prenotare una camera attraverso l’organizzazione del festival voleva dire trovare all’interno della stessa una ricca brochure contenente il programma del festival, una guida sui ristoranti della Città, una mappa della Città e vari opuscoli sulla Regione Marche. Insomma, se la prima impressione è quella che conta certamente si parte con il piede giusto. Abbiamo preso parte alla conferenza stampa di apertura il mattino del 31 luglio, nel più importante teatro della Città, il Teatro della Fortuna. Presenti alla conferenza stampa di apertura c’erano gli organizzatori Annalisa Magi e Piero Ballegi con due ospiti, i giornalisti Luca Frazzi di Rumore e Stefano Morelli di Ritual Magazine. Particolarmente interessante il contributo di Frazzi che, invece di pontificare noiosamente, ci ha portato i suoi ricordi della sua esperienza della prima era post-punk. Morelli si è impegnato in un arduo tentativo di convincere un audience formata al 90% dallo zoccolo duro dark dell’importanza di far convivere sullo stesso giornale gruppi come Cradle of Filth e Joy Division ottenendo, all’onor del vero, aperte critiche quando è stato il momento di passare il microfono al pubblico. Probabilmente sarebbe stato meglio dire semplicemente che Ritual Magazine è un giornale che sta in edicola e che deve stare nel mercato. Una scelta più che comprensibile.

Il punto debole del festival è stato probabilmente la sequenza dei djs pomeridiani nel ristorante self-service convenzionato. Al di là del fatto che faceva piacere pranzare o cenare a prezzi speciali al suono di una musica a noi cara, probabilmente penalizzante è stato il soffocante caldo sotto il quale i vari djs hanno eseguito le loro performances. Non era francamente pensabile resistere molte ore senza cercare refrigerio. Le presenze non sono state altissime, molti hanno preferito (comprensibilmente) un pomeriggio in spiaggia. L’area concerti era situata al porto turistico, non molto distante dal ristorante self-service, in mezzo a yatchs di lusso e con il palco montato di fronte ad un moderno J Lounge anch’esso convenzionato che offriva cene a buffet a prezzi ragionevoli. C’era anche la possibiltà di mangiare sul terrazzo con vista palco alla modica cifra di 30€ a capoccia. Ad essere onesti non mi pare quest’ultima opzione sia stata sfruttata. Non molto soddisfacenti gli stands, mi aspettavo qualcosa in più. Cds abbastanza comuni e i soliti vestiti, ma non ho dubbi che così come il pubblico aumenterà di numero nel 2010, anche l’offerta dell’area market sarà migliore.

Una critica anche alla tenda nel merchandise ufficiale che, esclusi Neon e Sex Gang Children, offriva i cds dei gruppi presenti al festival solo il giorno della performance del gruppo stesso. Comprensibile se vogliamo, dato che erano le bands stesse a portare il materiale e a ritirarlo nel momento in cui lasciavano la Città anche se non comunque una grande offerta. Avrei, ad esempio, aperto volentieri il portafogli per Deadspan, l’ultimo album degli Spetsnaz, ma, direi piuttosto clamorosamente, non l’ho trovato. L’unico cd presente della band svedese era l’ormai già datato That perfect body.

Ora forse vorrete sapere qualcosa di specifico sulle varie performances, che erano poi il cuore del festival. Al di là del gusto di ognuno di noi occorre dire che tutti, ma proprio tutti gli artisti, hanno suonato bene, hanno eseguito bene quello che sono capaci di fare indipendentemente dal fatto che poi quello che sanno fare piaccia o meno. Nessun rilevante problema tecnico ha rallentato la scaletta. Tutto è filato liscio e non c’è stato un gruppo che abbia sofferto di un’acustica deficitaria. Ora la line-up nel Moonlight Festival 2009 può soddisfare o meno. Ognuno di noi avrà sicuramente una differente opinione, ma sarebbe disonesto dire che gli shows non sono stati all’altezza.

Hanno aperto, il 31 luglio, i Christabel Dreams. Band italiana con sonorità old school che riportano a quel dark malinconico tipicamente 80’s. Una sezione ritmica precisa e una chitarra incisiva. Se avete amato gruppi wave come i The Cure, The Chameleons e Sad Lovers and Giants, questo quartetto post punk italiano potrebbe per voi essere una piacevole sorpresa. Ho visto gran parte del pubblico più giovane letteralmente impazzire durante la perfomance dei giapponesi Gothika. Electro goth, filtrato attraverso quel gusto tipicamente nipponico che devo dire non mi entusiasma. Tying Tiffany live suona molto più electro punk che sui dischi che trovo di un electroclash piatto e con poca originalità. Invece la performance davvero energica ha convinto. La commistione punk ed elettronica che emerge nel suo show live, credo le si addica di più. La prima serata del festival è chiusa dai Sex Gang Children. Faccio fatica ad essere obiettivo, Chi mi conosce sa che quelle bands dei primi anni 80 definite “positive punk” sono state la mia passione per anni. Andi Sex Gang è un istrione, neanche più di tanto invecchiato (anche se qualche problema di voce lo ha denunciato). Circondato da una band potente ed energica, non sono mancate hits come “Mauritia Mayer” e “Sebastiane”. La notte è proseguita con la solita serata danzante all’interno del J Lounge guidata dai vari djs della manifestazione.

Specimen

Specimen a Fano, Foto di Derfel

La seconda giornata del Festival è stata forse la più intensa. Al di là dei Global Citizen, formazione dark electro di Londra, io sicuramente attendevo con ansia Din A Tod, Neon e Specimen. I Din A Tod per me sono stati una delle più interessanti scoperte degli ultimi due anni. Sven e Claudia, duo berlinese, autori di un sound che poggia le basi sulla tradizione post punk circondandolo di sonorità minimal electro e dark wave. Moltissimi pezzi dall’ultimo album Westwerk. Dal primo The Sound of Clash, la band ha suonato “Creation Crucifixion” e “Time Made Dogs Of Us”. Bellissime le versioni live dei pezzi nuovi, come “Some Kind Of Hate”, “Glory In The Highest” e “Vorwarts, Wir Mussen Zuruck”. È stato quando Clive Malcom Griffiths, presentatore del festival che sicuramente i più attempati ricorderanno assieme a Rick come uno dei volti della compianta Video Music, ha annunciato l’arrivo dei Neon sul palco ricordando le notti del Tenax di Firenze, che il festival ha cambiato marcia. Sarà stata probabilmente la presenza di molti ex wavers tra il pubblico, ma l’entusiasmo è salito alle stelle. Inutile dire che hanno creato un’atmosfera suggestiva. E certo dei Neon si potrebbe dire che in fondo vivono di rendita per quei pochi dischi fatti negli anni 80, dato che ormai è già qualche anno che si sono riuniti. Ma pezzi come “My Blues Is You”, “Dark Age” e “Isolation” mi hanno dato più di un brivido lungo la schiena. Devo dire sono rimasto sorpreso dall’assenza di “Information Of Death” dalla scaletta. Una chiacchierata fatta con Michelotti, mi ha comunque confermato la prossima pubblicazione della versione rimasterizzata di Crimes Of Passion che fu a suo tempo il seguito di Rituals e anche di un album nuovo di zecca (vedremo).

È il momento degli Specimen. Dirò la verità: ero molto curioso e non avevo, devo dire, grandi aspettative. Non li avevo mai visti dal vivo e pensavo che fossero più o meno una band immagine, che aveva legato la sua fama alla leggenda del Batcave e a quegli eccessi estetici che hanno definito una certa moda dark negli 80’s. E invece questi “ragazzi” spaccano. Un batterista che è un martello e se è vero che in fondo Johnny Slut non è mica un vero tastierista, Jon Klein è fantastico. Ma del resto non avrei dovuto sottovalutare un chitarrista che a suo tempo fece parte anche dei Banshees di Siouxsie per gli album Peepshow, Superstition e The Rapture per poi collaborare addirittura anche con Sinead O’ Connor. Ottima la voce di Ollie Wisdom che sa decisamente tenere il palco e scaldare la folla. La discografia degli Specimen non è ampia, quindi la scaletta è stata esattamente quella che potete immaginarvi. Non sono mancate hits come “Kiss Kiss Bang Bang”, “Stand Up Stand Out”, “Hex” e “The Beauty Of Poisin”. Ho addirittura vinto la scommessa sull’unico pezzo che avrebbero suonato dall’ultimo album Electric Ballroom e cioè “Death Drive”. Peccato che non avevo un interlocutore e quindi non ho potuto bere una birra alle spalle dell’eventuale perdente.

L’ultima giornata di festival prevede un cambio di scaletta. Il progetto noise-industrial italiano, Ira-K Organisation, viene spostato come ultimo show causa ritardo. Spetta quindi ai tedeschi Shadow Minds aprire: onesta performance, ma, perdonatemi non riesco a tenermela, la scena future pop è ormai più che satura. Non sentivo il bisogno di loro. Il secondo gruppo a salire sul palco sono il duo svedese old school ebm Spetsnaz. Sì, va bene, suonano proprio come i Nitzer Ebb, ma hanno un’energia incredibile e pezzi decisamente all’altezza, spesso anche un gusto per la melodia non comune tra le bands del genere. Pezzi come “Allegiance” , “Apathy” e “Hardcore Hooligans” hanno trasformato la banchina del porto turistico in un’immensa pista da ballo, impossibile stare fermi. Tutte le attese tra uno show e l’altro venivano riempite da brevi performances dei djs che salivano sul main stage, ma quella che precede i Katzenjammer Kabaret è un’attimino più lunga causa fuochi d’artificio dovuti ad una contemporanea, non meglio precisata, festa popolare della città di Fano.

A questo punto, la tanto chiacchierata band francese di dark cabaret sale sul palco e regala al pubblico quella che io ritengo sia stata la miglior performance del festival. I Katzenjammer Kabaret hanno il merito di entrare a pieno titolo nel filone deathrock e dark cabaret senza somigliare davvero a nessuno. Il che, quando si parla di deathrock è una cosa quasi impossibile. Un’atmosfera noir anni ’30, un atteggiamento divertito e giocoso. La cantante, Mary Komplikated, dotata di una presenza scenica e di una voce che varrebbero da soli il prezzo del biglietto se se ne dovesse pagare uno. Linee melodiche imprevedibili. Quando pensi di aver capito il pezzo e di aver colto dove il cantato vuole andare, i Katzenjammer Kabaret cambiano improvvisamente direzione, cosicchè devi ricominciare da capo non riuscendo mai a fermare l’attimo. Questo lascia letteralmente il pubblico incantato ed ipnotizzato.

Sarebbe stata la degna conclusione di un festival ben riuscito così come era da programma, ma c’era da recuperare ancora lo show di Ira-K Organisation: è un progetto noise-industrial che gli appassionati del genere dovrebbero tenere d’occhio. Non posso aggiungere molto di più in quanto devo riconoscere che non stiamo parlando di un qualcosa che sono solito ascoltare. È il momento delle conclusioni. Non ho intenzione di dilungarmi più di tanto, ribadisco che l’esperienza è stata più che positiva, estremamente divertente e piacevole. Io consiglio vivamente di non mancare l’anno prossimo. Mi rendo conto che questo tipo di decisione è legata alla line-up che il festival proporrà la prossima edizione, tuttavia io farei lo sforzo di muovermi anche se non dovesse completamente soddisfarmi. Sembra che finalmente anche l’Italia abbia un festival, non è il momento delle critiche e delle divisioni. Bisogna sostenerlo.

Links:

Katzenjammer Kabaret: sito ufficiale

Katzenjammer Kabaret @ MySpace

Spetsnaz @ MySpace

Shadow Minds: sito ufficiale

Shadow Minds @ MySpace

Specimen @ MySpace

Neon: sito ufficiale

Neon @ MySpace

Din A Tod @ MySpace

Global Citizen @ MySpace

Sex Gang Children: sito ufficiale

Sex Gang Children @ MySpace

Tying Tiffany: sito ufficiale

Tying Tiffany @ MySpace

Gothika: sito ufficiale

Gothika @ MySpace

Christabel Dreams @ MySpace

Din A Tod

Din A Tod a Fano, Foto di Derfel