E’ tempo di mutazioni per molti progetti dell’ambito marzial-apocalittico. Dopo l’orrida involuzione di Der Blutharsch (patetica, a mio modesto parere, la sua svolta musicale), in questi giorni ci confrontiamo con i nuovi lavori di Blood Axis (vedi la recensione del mese scorso), di Dernierè Volonté (vedi la recensione di Immortel) e di Rome. Come già preannunciato con il singolo “L’Assassin”, il nuovo full-lenght del progetto di Jerome Reuter (ormai stabilmente affiancato da Patrick Damiani in fase di composizione e produzione), smette la sua veste “marziale” e si cala completamente nelle vesti di chanssonier, sulla scia di Jaques Brel e della scuola “cantautoriale” francese. Nos Chants Perdus è composto da dodici tracce, idealmente suddivise in cinque capitoli e se il precedente Flowers from exile era un disco dall’anima spagnola, questa volta Rome si sposta in Francia: detto dell’approcio compositivo, c’è da sottolineare che tutti i titoli dei brani sono in francese (ma i testi sono in inglese, tranne “Les exigences de la foi”) e nel booklet appaiono (tra gli altri) scritti di Camus, Apollinaire e Proust. Opera quindi dai tratti decisamente “intellettuali”, con brani dalle strutture minimali ed atmosfere soffuse, notturne e malinconiche, ma che indugia sin troppo in questo mood, risultando alla lunga disco monotono e che non può non far rimpiangere i precedenti lavori di Jerome Reuter. Le percussioni marziali, i toni epici ed il piglio di un capolavoro come Masse Mensch Material sono, ahimè, lontani anni luce e nonostante la mia stima per Rome (anzi, forse proprio per questa), non posso che essere deluso da questo disco ed auspicare un ritorno ai tempi che furono.