Sulla crescente popolarità della band di Andy La Plegua non vi sono dubbi ed il tour intrapreso come “supporto” dei Rammstein ne è la migliore conferma. Giunti quindi all’apice del successo, i Combichrist realizzano un disco (il quinto full-length della loro discografia) che pur non scostandosi più di tanto dai capitoli precedenti, introduce nuovi ed a mio avviso positivi, elementi compositivi. In Making Monsters gli episodi più tipicamente harsh-industrial vengono affiancati da brani più prossimi alla tendenza prettamente americana di certo industrial-rock e, cosa assai positiva, in diversi brani Andy La Plegua torna ad un cantato pulito, in linea con quanto fatto con Icon of Coil o come Panzer AG. Dopo l’into “Declamation”, le successive “Follow the trail of blood” e “Never surrender” (singolo che ha anticipato l’album), si segnalano come episodi discreti ed in linea col tradizionale sound di Combichrist, mentre “Throat full of glasses” e “Just like me” (per altro mediocri) introducono gli elementi industrial-rock (echi di Marylin Manson e Nine Inch Nails?) di cui sopra. “Fuckmachine” riporta a galla il lato più becero di Combichrist, con un testo imperniato su concetti triti e ritriti che non faranno la gioia delle femministe (“…you are a fucking whore, you’ll get what you deserve”). “Slave to machine” e “They”, unitamente alla oscura ballad “Through these eyes of pain”, sono i momenti migliori del disco: le prime due possono veramente ricordare alcuni episodi dei mai troppo rimpianti Icon of Coil (sopratutto la seconda è un ottimo pezzo!), mentre la terza ci mostra un lato introspettivo sin’ora inesplorato da Combichrist. Interessante il lavoro svolto in “MonsterMurderKill”, caratterizzata dall’uso del vocoder, a ribadire la voglia di sperimentare ed introdurre elementi nuovi in sound che ormai rischiava di suonare stantio. Il risultato è un disco che forse non soddisferà completamente i fans piu’ oltranzisti e conservatori, ma al tempo stesso potrebbe portare al progetto di La Plegua nuove schiere di seguaci. Per quanto mi riguarda, pur continuando a non rappresentare certo la mia “cup of tea”, Making Monsters si gioca con Everybody Hates You il titolo di miglior album di Combichrist.
concordo pienamente. making monster per quando posso sembrare un po’ lontano dai suoni che avevano caratterizzato la band negli anni precedenti a me piace veramente moltissimo