Il ritorno degli Swans a dodici anni dal loro ultimo lavoro, programmaticamente intitolato Swans Are Dead, non poteva essere più gradito. Annunciato lo scorso gennaio sul sito della Young God Records, l’album è stato in larga parte finanziato dai fan attraverso l’acquisto del CD autoprodotto I Am Not Insane (di cui potete leggere qui la nostra recensione), una “limited-edition” di demo per sola chitarra acustica e voce registrati in casa dallo stesso Michael Gira. Quei pezzi sono poi andati a costituire My Father… quasi per intero (giusto “You Fucking People Make Me Sick” non era inclusa nella prima release) e da già belli come erano nella grezza versione unplugged si sono qui trasfigurati in vere e proprie gemme, attraverso robuste iniezioni di suoni elettrici, oscuri e nervosi, e inserti acustici, in un collage creato con tantissimi strumenti diversi. Per questi Swans 2.0 (anche se stilisticamente sarebbe più esatto definirli 3.0 o addirittura 4.0) Gira si è circondato da collaboratori di lunga data dei suoi vari progetti, tra cui Norman Westberg e Christoph Hahn alle chitarre, il primo già membro della formazione originaria degli Swans, e Phil Puleo e Thor Harris alla batteria, già negli Angels Of Light. La cosa che ho trovato davvero interessante di My Father… è il suo essere una sorta di summa di quasi tre decenni della storia musicale degli Swans e di Michael Gira in particolare, pur possedendo un’originale e distinguibile personalità. Nell’album si può rintracciare così l’impatto “wall of sound” degli esordi, dove le distorsioni e i feedback cedono però sovente il passo agli assemblaggi di suoni acustici (si ascolti il finale di “You Fucking People Make Me Sick”). Si ritrova il rock oscuro del periodo più recente degli Swans, non mediato però dalle aperture melodiche che Jarboe, le sue tastiere e la sua voce sensuale apportavano: ora tutto suona più rigoroso e nervoso, buio e urgente, in una bilanciata unione tra sonorità elettriche e acustiche. In questo stile sono gli episodi più belli dell’album, dall’iniziale “No Words/No Thoughts”, che apre in modo grintoso My Father…, a quel capolavoro che è “Eden Prison”, con le sue atmosfere oscure e malate. Infine gli episodi più lenti e acustici non possono far pensare al gusto folk, davvero apocalittico, dei progetti solisti di Michael Gira e a certi episodi di Angels Of Light: sono pezzi decadenti, pregni di una religiosità malata, veri esempi di gotico americano, una definizione che mai come in questo caso va presa alla lettera e non confusa col Death Rock. Si ascolti “Jim” con il suo incedere quasi da gospel o “Reeling The Liars In”, anch’essa costruita quasi come una preghiera spiritual, che si apre con un melodico e accattivante refrain irrobustito dai suoni della chitarra elettrica. Non è un’esagerazione affermare che questo è il ritorno che tutti i fan degli Swans attendevano con impazienza, visto che non uno degli otto brani dell’album è meno che bello. Già da ora e senza minimo dubbio My Father… finirà nella mia playlist di fine anno e, ne sono certo, non sarò l’unico della redazione di Ver Sacrum a fare questa scelta.
Probabilmente finirà anche nella mia, di playlist.
Un grandissimo ritorno.