Sarà banale come considerazione, ma non posso non dire che la lunga attesa è stata ampiamente ripagata. A ben cinque anni distanza da Skyshaper, ecco finalmente uscire il pluri-rinviato Modern Ruin, album che si va a collocare tra le migliori releases firmate Covenant. La band svedese (che vede ormai in pianta stabile Daniel Myer al posto di Clas Nachmanson) ci regala un album eccellente a ribadire (se mai ci fossero dubbi) per l’ennesima volta il talento compositivo dei nostri: la musica dei Covenant è indiscutibilmente quanto di meglio si possa ascoltare al momento in campo “elettro” e l’ingresso di Myer ha indubbiamente regalato nuove prospettive al sound dei nostri (il suo influsso è evidente in alcune tracce del nuovo disco). Modern Ruin è contraddistinto da un mood piuttosto malinconico, con brani che non eccedono mai nel numero dei BPM, ma prediligono disegnare atmosfere oscure per un disco che brilla per ricercatezza dei suoni e produzione di altissimo livello. La title-track è in pratica un “intro” che ci porta alla già nota “Lightbringer”, l’ottimo singolo che ha anticipato l’album; è quindi la volta di “Judge of my domain”, brano al 100% Covenant, dotato di una linea melodica favolosa ed ammaliante. “Dynamo Clock” (già proposta nel corso dei concerti dell’estate 2010 tenuti a Fano e Torino) è uno dei pezzi in cui si può maggiormente ravvisare l’influsso di Myer. Dopo la breve ma comunque deliziosa “Kairos”, è la volta di “The beauty and the grace” anch’essa già inclusa in “Lightbringer”, ma più convincente in questa versione. “Get on” e “Worlds collide” sono altri ottimi pezzi: più ritmata la prima, maggiormente introspettiva ed ipnotica la seconda; “The night” è l’unico pezzo che non mi entusiasma, sopratutto per via della voce eccessivamente filtrata. Eccoci a “Beat the noise”, un altro dei punti di forza di questo album, brano che immagino diverrà uno dei punti fermi delle scalette dei prossimi concerti: un pezzo irresistibile, dai toni epici e trascinanti. Chiude la tracklist “The road”, brano ispirato dall’omonimo romanzo/film e le atmosfere si fanno più che mai crepuscolari, a chiudere egregiamente un album bellissimo, che si colloca sin d’ora tra le migliori uscite discografiche che il nuovo anno ci riserverà. L’album è disponibile anche in “limited edition” con accluso un secondo dischetto, imperniato (quattro versioni) sul brano “Wir sind die nacht”, interessante brano “techno-oriented”, interpretato da voce femminile.
Una delle uscite più attese dopo il quinquennio sabbatico della svenskt band. Splendido articolo di Candiman, come sempre.
Grazie Marcello. Ci volevano i Covenant per farti uscire dal letargo, eh? 🙂