In questa sua prima incursione ufficiale nel mondo del cinema Trent Reznor ha raccolto un consenso pressoché unanime. Se il mondo delle major discografiche ha di fatto tagliato i ponti ufficialmente con i Nine Inch Nails e il suo bizzoso “mastermind”, Hollywood invece ha accolto Reznor a braccia aperte. Da una parte infatti la HBO, il canale televisivo statunitense famoso anche da noi per aver prodotto True Blood, Six Feet Under, I Soprano e Sex and the City, ha in cantiere una serie televisiva ispirata la mondo descritto nell’album dei Nine Inch Nails Year Zero. Dall’altra questa colonna sonora per The Social Network sta raccogliendo grandi consensi, culminati nella vittoria al Golden Globe (con probabile nomination agli Oscar) e premio della critica come miglior soundtrack. Non sorprende quindi che The Social Network sia stato invece completamente ignorato ai Grammy Awards, in cui l’industria discografica premia se stessa e non certo chi l’ha ripudiata in maniera così plateale.
Considerazioni di contorno a parte questa colonna sonora è davvero intrigante e originale. Di fatto Reznor, coadiuvato dal fido Atticus Ross, sua immancabile spalla da ormai diversi anni, ha declinato il suo mondo sonoro, in cui melodie e dissonanze si uniscono al confine tra ricerca avantgarde e mainstream, negli ambiti più ristretti di una colonna sonora. La musica qui, per quanto decisamente diversa da quanto si ascolta al cinema, soprattutto in una mega produzione hollywoodiana, è al servizio delle immagini anche se risulta all’ascolto tutt’altro che didascalica: i 19 strumentali dell’album hanno una forma completa di canzone che ha senso ascoltare anche autonomamente. Di fatto come sonorità sono state riprese le atmosfere del monumentale doppio album strumentale dei NIN Ghosts, non a caso usate dal regista David Fincher come colonna sonora estemporanea nei montaggi di test della pellicola. Rispetto alla sperimentazioni più aperte ed eclettiche di Ghosts, The Social Network suona assai più rigoroso e “disciplinato”. Ad esempio molte delle melodie sono costruite a partire dal pianoforte, il cui suono quindi è sempre in primo piano in molte delle composizioni della collezione. Diversi sono gli episodi di stampo intimistico, quasi romantico, (“Hand Covers Bruise”, “It Catches Up with You”, “Almost Home”, …). Non si deve pensare però ad un’opera omogenea, visto che non mancano incursioni in territori sonori più “movimentati”, dal rock industriale di “Carbon Prevails” alla tecno-house di “In Motion”, con la sua cassa in 4/4 su un ritmo regolare e danzabile e le sonorità sintetiche da videogioco anni ’80 a fare da contorno. Curiosa anche la ripresa del brano classico “In the Hall of the Mountain King” composto da Edvard Grieg nel 1876, un omaggio esplicito nelle intenzioni degli autori al lavoro di Wendy/Walter Carlos nel sonorizzare l’Arancia Meccanica di Kubrik.
Il futuro dei Nine Inch Nails è ancora in dubbio ma quello del duo Reznor/Ross ad Hollywood è ormai spianato: come annunciato su queste pagine anche il prossimo film di David Fincher si avvarrà di una colonna sonora da loro composta. Se i risultati sono del livello del The Social Network c’è da essere contenti.