Già nei riformati Symbiosi (già recensimmo il loro “Un unico nucleo di dolore”, raccolta delle testimonianze rilasciate dalla band nel corso della sua breve ma significativa esistenza), Alessandro Grassini è anche voce e chitarra dei Dorothi Vulgar Questions, insieme che approda a lidi musicali diversi da quelli lambiti da quella prima esperienza. DVQ giungono alla loro terza manifestazione concreta con Against myself, disco che segue l’autoprodotto esordio del 2006 e “L’equilibrio” del 2008, abbracciando definitivamente la scelta d’esprimersi in inglese, e compiendo un deciso passo in direzione di un approccio internazionale della propria proposta. Significativo che il gruppo abbia maturato una salda coesione interna, i cinque musicisti (Alessandro Tucci, Marco Provvedi e Matteo Lotti provengono dagli stoner-rockers Horn Beat, Nico Bottiglioni militò nella reggae-band Full Vibrations) suonano assieme fin dagli esordi, e le precedenti competenze, apparentemente inconciliabili ad una distratta disanima, rappresentano forse il più efficace collante, sopra tutto se si considera i comuni intendi che si intende perseguire. Il chitarrismo di “Somewhere” può ricordare i Love And Rockets, la voce profonda della darkeggiante “Twenty years ago” si ispira chiaramente ai canoni eldritch-iani, ma Against myself nel suo complesso presenta una definita ossatura hard-psichedelica (che i citati LaR fecero propria con successo), inserita in un contesto lirico che esprime rabbia, dolore e disillusione nei confronti di quanto ci circonda (“Fight for yourself”). Le digressioni strumentali di “In your bedroom”, gli ottanta rivisitati con personalità nella citata “Twenty years ago” ed in “Staying alive”, l’abbozzo poppeggiante di “Keep away from me” delineano le caratteristiche salienti di un’operazione dai tratti decisamente propri, distante dalle facili fascinazioni alle quali siamo usi ultimamente, liquidabili come meri tributi di convenienza ad una epoca riscoperta più come atteggiamento che come sostanza. Against myself è un disco onesto e vero, un nuovo punto di partenza per un gruppo che può e deve essere lasciato libero di palesare il proprio concetto di musica indipendente, una voce chiaramente alternativa che non va fatta tacere.
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