Trattasi di brani già composti in passato, per la prima volta raccolti in un disco, i dieci (più l’intro “Cantico”) presenti su On the way back, prima release dei Martiria seguente l’ottimamente accolto “Time of truth” del 2008 (per la precisione, sono custoditi nei due demo “Twilight of remembrance” del 1987 e “Gilgamesh epopee” dell’anno seguente, con alla voce Massimo Di Vincenzo). Il metallo sacrale espresso dal gruppo di Andy Menario e Derek Maniscalco (col fondamentale apporto lirico di Marco Capelli, a tutti gli effetti un membro dell’insieme, e del nuovo skin-beater Umberto Spiniello) viene sublimato dalla voce potente di Rick Anderson, uno dei migliori interpreti del sotto-genere epic, definizione di comodo che, per i capitolini, risulta decisamente limitante. On the way back incrocia i Black Sabbath era-Tony Martin (da troppi sottovalutati solo per il nome non altisonante dello screamer di Birmingham, ma andatevi ad ascoltare, per una rapida smentita, “Tyr” o “The headless cross”…) coi primi, seminali Candlemass e Veni Domine, generando una fuoriuscita lavica travolgente che ha in “Drought” ed in “Apocalypse” due dei suoi apici assoluti. Ma la liturgica “The sower” o la sua sorella “The slaughter”, come la lenta “You brought me sorrow” hanno pieno diritto di rappresentare anch’esse l’albo, una testimonianza della qualità delle produzioni degli albori di questa band, come troppe altre marginalizzate da un music business incapace di valorizzare l’Arte ed asservito all’apparenza generatrice di facili introiti. Ma i Martiria evocano epoche lontane ed incorrotte, attualizzando il loro messaggio all’oggidì, e di sicuro non si curano troppo di queste mediocrità, per loro conta davvero la sostanza! (Mi giunge in sede di stesura di questo pezzo la notizia della dipartita di Anderson, i Martiria sono attualmente alla ricerca di un nuovo cantante).
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