Erano ben cinque anni che i finladesi Tenhi non pubblicavano un album con materiale nuovo e almeno nel mio caso stavo aspettando impazientemente il loro nuovo album già da un bel pezzo. I primi ascolti mi hanno spiazzato, il disco è sostanzialmente diverso da Maaäet, molto diverso. Il primo è più potente, immediato, ti cattura da subito, Saivo invece ha bisogno di più tempo per essere assimilato, è più scarno e minimalista sia nelle atmosfere che nei suoni. Di certo si sente la mancanza di Ilkka Salminen, uno dei fondatori del gruppo, che ha lasciato la band nel 2008.
Altra grande differenza è il peso dato agli strumenti: il retrogusto prog dato da basso, chitarra e batteria è messo in secondo piano, lasciando ampio spazio al pianoforte, ai violini e in generale ad atmosfere più dilatate e ad ampio respiro, come negli 8 minuti di “Uloin” o nei cori che danno un tocco sacrale alla delicata melodia acustica di “Sateen Soutu”. Tra tutti, il brano che più si avvicina ai Tenhi di Maaäet è “Haaksi”, ma anche in questo caso è bene fare i dovuti distinguo.
Di certo non piacerà a tutti, soprattutto a coloro che hanno amato Maaäet alla follia, ma Saivo è un altro degno capitolo nella stellare discografia del gruppo finnico. Ha bisogno di qualche ascolto in più, dell’atmosfera giusta. Mettetevi comodi su una poltrona, infilate un paio di cuffie e fatevi un goccio di buon whisky lasciando che le distese innevate descritte dai Tenhi si aprano davanti a voi.