Arctic Plateau, pseudonimo del musicista romano Gianluca Divirgilio che con il suo The Enemy Inside ha realizzato un lavoro dallo “spessore” internazionale. Artista equilibrato ma dotato di una “propria” personalità, crea ed offre suggestivi scenari. Divirgilio racchiude in sé una capacità compositiva ed esecutiva di qualità. Una one-man band, sono sue chitarre, tastiere, campionamenti, arrangiamenti e testi. Sua è anche la voce limpida e distesa. Live line up: Carlo Di Tore Tosti al basso e Massimiliano Chiapperi alla batteria. Siamo davanti ad un Alt-Rock Shoegaze caratterizzato da un elevato contenuto di oscure armonie trasognanti. Bisogna fermarsi un attimo e “dedicarsi” all’ascolto. Album emotivamente coinvolgente e pieno di impalpabili emozioni. Le musiche e le melodie regalano un quadro onirico di ricordi celati dall’anima. Un sound malinconico, ma non depressivo. Un percorso introspettivo, più o meno tormentato, alla ricerca di sensazioni occulte. Atmosfere desolanti ma terse e limpide come un “gelido altopiano” della steppa siberiana.

Apre “Music’s Like” nel segno della purezza e delle chitarre dalle sonorità quasi floydiane; dopo il breve intermezzo “Bambini Piangete”; segue “Idiot Adult” suggestivo, emozionante, di una straordinaria intensità; “Abuse” delicati arpeggi di chitarre e voce Wilsoniana; “Catarctic Cartoons” strumentale, quasi una cavalcata nel suo incedere; “The Enemy Inside” una calma melodia che affoga in un’atmosfera apocalittica Black-Metal grazie all’inserimento della voce di Carmelo Orlando dei Novembre; “Melancholy Is Not Only For Soldiers” (forse la mia preferita) la sottile eleganza della melanconia; “Loss And Love” bello come un brano dei Cure, qui il cammeo di Fursy Teyssier (Les Discrets); “Big Fake Brother” la meno cupa potrebbe essere una ballata; “Wrong” la lenta avanzata shoegaze ben si abbina alla voce trascinata; chiude “Trentasette” altro bel brano strumentale pieno di nostalgia.

Ancora una volta mi ritrovo a parlare di una proposta italiana che non riceve i giusti riconoscimenti. Mi chiedo perché progetti nostrani, il cui valore non è inferiore a quello dei cugini d’oltralpe, debbano restare di nicchia. Più “acuta” l’etichetta tedesca Prophecy che ha deciso di produrli. O forse abbiamo bisogno degli “Anathema” che, riconoscendo il talento di Arctic Plateau, gli affidano l’apertura delle tappe italiane dei loro concerti. Nemo propheta in patria……