Partita di anime è solo un volumetto di poche pagine che si può leggere in una serata, ma dimostra come il fiorentino Giovanni Agnoloni, di cui avevamo apprezzato, tempo fa, il romanzo di esordio, Sentieri di notte, abbia imboccato con sorprendente sicurezza la strada della scrittura autoriale. Non che egli abbia abbandonato il fantastico: i due racconti che costituisono l’opera sono collocati da una cornice, per così dire, ‘epistolare’ in un’epoca futura in cui gli uomini non possono più utilizzare Internet ed hanno dovuto ritornare a forme di comunicazione precedenti: in sostanza è questo che li lega alla storia già narrata in Sentieri di notte, da cui tuttavia si distinguono per la scelta di penetrare non più nelle sorti di un mondo divenuto sottomesso ad un potere senza scrupoli ma nei segreti di anime umane messe alla prova dalla sofferenza. Il primo racconto, “Partita di anime”, infatti si presenta inizialmente come un giallo ma evolve poi in una vicenda quasi ‘sovranaturale’ tutta da interpretare. Il giornalista Vlaminck deve interessarsi per lavoro all’omicidio di un assicuratore freddato da una revolverata nel buio di un portone, sullo sfondo di una Amsterdam ricca di angoli inquietanti. Nell’analisi dei dati, fin dal primo momento egli sembra guidato, più che da spirito investigativo, da inspiegabili sensazioni che lo assalgono o particolari apparentemente irrilevanti che si rivelano invece decisivi e che lo porteranno a mettere insieme le varie figure in un modo che razionalmente non avrebbe mai potuto prevedere. I fatti, inoltre, vengono visti dalla prospettiva dei diversi personaggi che li hanno vissuti fino a formare un quadro complesso dove l’omicidio potrebbe anche smettere di essere tale oppure potrebbe non riguardare un soggetto unico. L’aspetto affascinante del racconto di Agnoloni è che sembra aver creato una versione originalissima del tradizionale ‘Doppelgänger’, in cui è l’anima stessa a ‘dissociarsi’, prendendo distinte forme fisiche e facendosi riconoscere come doppio in un gioco di specchi sfaccettato ed enigmatico. L’autore si concede infine il lusso di una conclusione movimentata e un po’ ‘mistica’ che sembrerebbe sancire la superiorità del lato ‘positivo’ su quello ‘negativo’.

Il secondo racconto, “Il sepolcro del nuovo incontro”, indipendentemente dallo spazio – una Firenze insolitamente tenebrosa! –  e dal tempo in cui è ambientato, mira nuovamente allo scavo interiore e parte dalla descrizione di una perdita e degli effetti che essa produce sulla vita del protagonista per giungere al superamento del trauma attraverso un percorso particolarissimo ma necessario: Aurelio vive infatti l’abbandono da parte di Sandra come la sottrazione di una parte di sé ma, prima che il cambiamento divenga irreversibile ed egli soccomba al potere un po’ sinistro della ‘fialetta’, compaiono dei segnali, anzi dei ‘presagi’ che indicano in una certa direzione. Che la svolta sia rappresentata dal trasferimento nell’ex-abitazione del custode di un cimitero, a stretto contatto con le tombe, di certo trova le sue motivazione nella condizione di lutto del personaggio che dunque si mostra sensibile all’atmosfera arcana ed oscura che lì si respira. In quel luogo i fantasmi della mente possono materializzarsi e, in questo modo, essere allontanati per liberare la vita dalla loro ingombrante presenza. Del resto le lapidi di un vecchio cimitero sono lo sfondo perfetto per evocare spettri, anche quelli interiori. Così, con un tocco di fantastico gotico, Agnoloni ci racconta una storia di tutti i giorni, quella di una separazione che è come una morte e di un ritorno che è come una resurrezione e la trasforma in un viaggio quasi irreale. Che tale narrazione segua i dettami della fantascienza o di altro poco importa: sono sentimenti che conosciamo e ci riguardano, più di tante altre opere di migliaia di pagine sanno parlare al nostro cuore, come accade con le parole di uno scrittore ormai maturo e consapevole.

Giovanni Agnoloni, “Partita di anime”,  Galaad 2014, pag.88, 10 euro