Delizioso per intelligenza, profondità e capacità di coinvolgimento, Frank è uno di quei piccoli film che sanno dare tanto. Girato dall’irlandese Lenny Abrahamson, ha tratto in parte ispirazione da una figura realmente esistita: Frank Sidebottom, il personaggio interpretato dal musicista e cabarettista inglese Chris Sievey, leader della band dei The Freshies; a lui, quanto meno, è ispirato il mascherone di cartapesta che, per quasi l’intera durata della pellicola, ci priva della visione dei bei lineamenti di Michael Fassbender costringendoci a concentrarci sulla sua pregevole interpretazione del personaggio di Frank, totalmente basata  sull’atteggiarsi del corpo. Una sfida davvero ardua anche per un attore ormai affermato, in quanto significa rendere sentimenti e stati d’animo senza l’aiuto della mimica facciale, normalmente uno dei veicoli più importanti della comunicazione. Tuttavia Frank non è soltanto Michael Fassbender ma è costituito prima di tutto da una sceneggiatura semplice e brillante – proveniente dalla penna di Jon Ronson e Peter Straughan, già apprezzati per il soggetto e la sceneggiatura de L’uomo che fissava le capre – da una regia sobria ed efficace e da un cast in genere ben assortito che con ogni evidenza si è impegnato al massimo.

I Soronprfbs sono una band del tutto fuori dagli schemi guidata dal frontman Frank, musicista geniale o almeno dai compagni ritenuto tale di cui però nessuno ha mai potuto vedere il viso poichè indossa giorno e notte una grossa maschera di cartapesta. Jon è un’aspirante rockstar alla ricerca della sua occasione: tira avanti un’esistenza grama e, tutto sommato, è convinto di avere doti da genio, se anche sugli aspetti del tutto insignificanti del suo quotidiano tenta di trovare spunti musicali. L’incontro casuale con i mitici Soronprfbs sembra essere il classico colpo di fortuna e il giovane ci si butta anima e corpo. Oltre a Frank, nella band militano anche Clara – scontrosa e cupa, fra tutti la più legata al frontman – Baraque, che sembra sempre scontento di tutto e la batterista Nana, l’unica ad essere interpretata da una vera musicista, Carla Azar della band americana Autolux: inserirsi in questo contesto così eterogeneo ma, a modo suo, armonico,  non sarà per niente facile. Jon si sente parte di un progetto eccezionale che non può non essere destinato ad un successo mondiale. Questo spiega il suo entusiasmo nel collaborare alla registrazione di un fantomatico album e l’impegno a far conoscere ovunque su web le opere immortali dei Soronprfbs. Ma le relazioni all’interno della band hanno leggi loro proprie e non funzionano secondo i meccanismi che lui dà per scontati: la vicenda prenderà quindi una brutta, del tutto imprevista piega e una serie di problematiche di carattere psicologico e personale verranno messe a nudo. Così la commedia surreale che, nella prima parte, strappa numerose risate – si ascoltino, per esempio i testi dei brani del gruppo, praticamente un campionario di spassosi nonsensi! – si evolve in dramma esistenziale sui legami fra arte e nevrosi, sul disadattamento e sull’incapacità di gestire relazioni e notorietà. Se rinchiusi in un’isolatissima casa nel bosco i Soronprfbs riescono a tirare fuori il meglio di sé – e non si creda che la loro musica sia insignificante, tutt’altro! – e si dimostrano creativi e geniali, tolti dal contesto privato sono schiacciati dalle loro inadeguatezze, paralizzati da svariate ansie ed incapaci di interagire con un pubblico. Lo stesso Frank si dimostra molto più fragile di quel che appariva e molto più incline alla tragedia che alla farsa.

Frank racconta una vicenda che potrebbe appartenere a tante rockband realmente esistite ma va oltre: pur mantenendo il registro leggero, indaga nei meccanismi che collegano i disturbi della psiche alle manifestazioni creative, la bizzarria al genio. Frank, come se il suo ascendente fosse connesso in qualche modo al mascherone che indossa, si dimostra il più fragile e al termine del film la sua debolezza ed il suo smarrimento si riveleranno chiaramente condizionando fortemente i compagni. Indescrivibile il talento di Fassbender nel rappresentare le diverse fasi e gli stati d’animo del personaggio rimasto infine ‘nudo’. L’ingenuo Jon, deluso negli scopi personali, sembra poi comprendere quanto il raggiungimento della celebrità non fosse fra le esigenze del gruppo per il quale la posizione di outsider appare di gran lunga la più congeniale. Abrahamson sembra conoscere assai bene le insidie dell’uso dei social network lì dove allude alla transitorietà e all’imponderabilità della fama che con quel tramite si acquista. Via via che per i Soronprfbs aumenta il numero dei followers, il gruppo diviene più estraneo e spaesato, vanificando gli sforzi dell’aspirante rockstar. La creatività dei suoi componenti dà i frutti migliori in assenza di pubblico e fans:  a questo proposito è da elogiare il lavoro di Stephen Rennicks, il musicista irlandese che si è occupato delle canzoni e della loro esecuzione con attori nella maggioranza dei casi privi di cognizioni specifiche; i risultati sono stati pregevoli e la colonna sonora di Frank ha un fascino tutto particolare, che si può apprezzare anche al di là del film.