foto di Mrs.Lovett

Tempi duri per il rock in Toscana se, perfino ad un mostro sacro come Lydia Lunch viene riservata un’accoglienza non spettacolare. Poca gente infatti si è data appuntamento al Cage di Livorno per un concerto che pure si preannunciava interessante. Lydia Lunch infatti si presentava con il suo progetto The Big Sexy Noise, cioè accompagnata da James Johnston (chitarra) e Ian White (batteria) dei Gallon Drunk e, come è noto, le sue esibizioni dal vivo sono sempre sorprendenti vista la natura estrosa dell’artista. E che lei abbia un caratterino niente male si è capito subito l’altra sera, allorchè, dopo una lunga ed inutile attesa, si è finalmente offerta ai pochi che erano stati così pazienti da aspettarla, in abitino nero strizzato il giusto e la voglia di dare sfogo a tutta l’energia al suo interno. Certo, con gli anni è cambiata: 55 anni compiuti da qualche mese si vedono negli occhi e sulla pelle, anche volendo fidarsi dei nerissimi capelli che porta come sempre in stile ‘sbarazzino’. Ma gli sguardi provocatori che sottintendono una continua sfida all’umanità – ed al pubblico – quelli sono i soliti. Poi, le basta avvicinarsi al microfono ed aprire la bocca per attirare chi le sta di fronte nel suo mondo popolato di sensazioni forti e pulsanti, di alcol, sesso e sigarette, ovvero di tutto ciò che viene comunemente ritenuto trasgressivo.

Fin dal principio, la signora instaura un rapporto speciale con la chitarra di Johnston; non che sia una novità, per l’amor del cielo: in passato i chitarristi hanno mimato di tutto con il loro strumento, Mr.Hendrix docet, ma, appunto, erano altri tempi ed inoltre in questo caso, l’oggetto del desiderio di Lydia era fra le braccia di James Johnston e non fra le sue. E’ stato subito chiaro quanto lo show di The Big Sexy Noise sia pervaso dall’inizio alla fine di un’‘aura’ di sensualità in cui la Lunch non solo si muove a suo agio ma che emana in prima persona, al di là dell’età che non consentirebbe a nessun altro di reggere una parte del genere. La chitarra diviene qui una metafora del piacere sessuale – beh, la sua forma si presta in effetti a diverse interpretazioni… – e la ‘pantera’ non ci pensa proprio a lasciarsi dominare: è lei che conduce il gioco come ha sempre fatto, noncurante di ciò che la gente possa pensare; poco importa se, prosaicamente, sul palco dell’esibizione porta con sè una borsetta verde dalla quale, dopo averla deposta a lato dietro la tenda, estrae numerose sigarette. Se a questo si aggiunge il timbro della voce, roca di anni di fumo e di altri vizi assortiti, abbiamo tutti gli elementi per un live ad alta tensione. Il pubblico reagisce bene, è impossibile non lasciarsi trascinare dalle aspre note ‘blueseggianti’ di una chitarra che brucia e lacera i timpani. Johnston asseconda la ‘fame’ di sesso di lei con tutto ciò che serve: schitarra a volontà e, con un copione che risale agli anni 70 o giù di lì, si dimena eroticamente, ammicca alla sala e si butta ai piedi della dea; l’intero concerto contiene una numero imprecisato di siparietti fra i due, sempre in questo stile ‘infuocato’ e la temperatura è veramente ‘hot’. Mentre il batterista assiste flemmatico alla sceneggiata che si svolge davanti ai suoi occhi, il gruppetto – il tastierista, presente in altre occasioni, stasera è latitante – snocciola il suo repertorio in modo tecnicamente impeccabile: la chitarra fa davvero tanto rumore, talvolta anche troppo, considerando che, in qualche passaggio, oscura persino il canto scatenato della Lunch. Uno dopo l’altro, scorrono i pezzi per cui i nostri sono diventati conosciuti, fra cui “Ballin’ The Jack”, “Trust the Witch” e, chicca inattesa, la cover del brano di Lou Reed “Kill Your Sons”, tratto da Sally Can’t Dance, uno dei suoi dischi più controversi. Negli intervalli, le battute provocatorie, spesso in un linguaggio non proprio aristocratico, suscitano l’ilarità generale: non c’è niente da dire, Lydia sa come gestire un pubblico da un palco e dal punto di vista musicale ha molto da insegnare. Il tutto dura un’oretta circa e termina bruscamente, con un saluto superrapido: niente bis per Livorno, non ce lo meritiamo e lo si comprende dall’espressione sdegnosa con cui, con la mano, fa un gesto di diniego all’indirizzo dell’uditorio, rifiutando ciò che in altre città aveva concesso senza problemi. L’avevo detto che aveva un caratterino… Speriamo almeno che sia stata più carina con il suo chitarrista, alla fine del concerto: dopo averlo stuzzicato tutto il tempo, povero ragazzo…

foto di Mrs.Lovett