Con grandissima soddisfazione ho qui l’occasione di parlare della ‘seconda’ vita di un’altra ‘icona’ della new wave italiana. Non so quanti ricordino Lisfrank e brani come “I Still Believe In Love”, “It’s Life” oppure “Man without Limits” che per me fu una specie di folgorazione. Chi, come la sottoscritta, ha amato la musica di quegli anni sa che Fulvio Guidarelli è da considerare uno dei personaggi che maggiormente ha contribuito a definire il suono italiano degli ’80, sia con le sue composizioni che con l’attività come Mask Productions  e si è spesso chiesta le ragioni del suo silenzio. Che ultimamente qualcosa si muovesse l’abbiamo capito con l’apparizione di Mask Rewind nel 2009 a cura dell’etichetta tedesca Anna Logue (già, tedesca…): il disco ha raccolto molta della produzione del nostro risalente agli anni ’80 e così il nome Lisfrank ha cominciato a circolare di nuovo finché ecco Elevator, l’album del ritorno, di freschissima uscita. Gli orientamenti non sono ovviamente cambiati: Guidarelli è un ‘viaggiatore’ in terra elettronica e conosce bene il suo spazio. Il tempo trascorso dai suoi esordi ha naturalmente ridimensionato l’effetto sorpresa giacché oggigiorno gli ‘adepti’ del genere sono assai di più rispetto all’epoca in cui Lisfrank fungeva da apripista. Ma Elevator è un lavoro di spessore e come tale va ‘letto’: qui non si trovano soltanto motivetti per ballare e manca qualunque atteggiamento celebrativo in riferimento a se stesso o alla tradizione musicale di cui è ‘figlio’. Si riconosce chiaramente il legame con lo stile che caratterizzava la produzione precedente, ma vi si percepisce l’evoluzione in senso moderno e, sempre, la volontà di sperimentare, ciò che fa di Elevator un ascolto non banale. Un esempio calzante? L’opener “War”: il ritmo pulsante e le sonorità elettroniche sono ben lontane dalla freddezza di certe produzioni dello stesso genere e l’elemento melodico appare originale e fantasioso al di là delle parole del testo; raramente si troveranno testi ‘leggeri’ nei brani di Lisfrank . Subito dopo “Those Nights” è synth pop  accattivante con una vena oscura che brilla come ossidiana; “Anna O”, con la ‘ripresa’ ritmica che non può celare la tinta cupa ed introspettiva che spunta qua e là, per qualche ragione mi ricorda proprio Lisfrank del passato: andate ad ascoltarvi “I Still Believe In Love” di cui dicevo! In “Joy’s Room” dilagano oscurità ed inquietudine mentre “Alternative Way”, dal ritmo piacevolmente vivace, è quanto di più ‘frizzante’ possiate aspettarvi qui. La title track, strumentale, spicca per l’eleganza minimale alla Kraftwerk ma, sotto la raffinatezza dei suoni, cupe ombre affiorano. Subito dopo, “Virtual Lovers”disegna un paesaggio evocativo ma misterioso e sfuggente, “Resurrection” è uno dei pezzi più articolati e variegati e vi si ‘annusa’ nuovamente la tradizione ’80 mentre delle ultime due tracce la più intrigante è la conclusiva “Light and Shade” in cui l’ombra del titolo, più seducente ed allettante della luce, le si impone con suoni che, fatti i debiti distinguo, sembrano ricreare certe atmosfere dei Bauhaus. Da tutto ciò appare evidente che Lisfrank/Guidarelli ha ancora molto, molto altro da dirci.

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