La Italian Doom Metal Records rilascia uno split 12” in vinile in edizione limitata diviso fra Runes Order e Abysmal Grief. Si tratta di una pubblicazione molto interessante che non abbiamo esitato a prendere in considerazione. I due gruppi considerati hanno stili molto differenti (gli Abysmal Grief sono horror doom metal mentre i Runes Order sono dark-ambient anche se si tratta di artisti con la medesima attitudine all’oscurità) e per questa ragione ci siamo ‘spartiti’ la recensione in base ai gusti personali.
Con il suo progetto Runes Order – nato nel 1991 dalle ceneri degli Order 1969 – Claudio Dondo è un veterano della musica dark-ambient italiano. Dondo è un grande ammiratore del primo Klaus Schulze e dei primi Tangerine Dream, influenza che si può riscontrare in alcuni suoi album come Winter (1993), sorta di omaggio alla Cosmica tedesca. Ma in ogni caso è anche un seguace della scena oscura electro-dark (In Waiting Forever del 1997 c’era ospite alla voce Diego Merletto dei Frozen Autumn) e dell’estetica decadente di gruppi come Death In June e Kirlian Camera. Nella sua ormai lunga carriera ha poi continuato a sperimentare nuove soluzioni sonore unendo industrial, dark-ambient e electro-dark come in The Art Of Scare Ans Sorrow (2002), album ispirato al film capolavoro di Pupi Avati La casa dalle finestre che ridono (1976). Ha creato così, nel corso degli anni, una dark-ambient a tinte oscure, sorta di colonna sonora di film horror con ambientazioni da incubo. Runes Order è qui protagonista con la lunga “Snuff The Nun” (il titolo fa riferimento ai rituali Snuff), una traccia divisa in 5 capitoli che ci immerge, nella sua migliore tradizione, in paesaggi tetri e orrorifici. L’inizio è quieto e pacato in puro stile “cosmico”, poi subentrano imponenti percussioni, chitarre elettriche dark-metal e la voce femminile di Alex De Siena. E’ un viaggio in un sogno macabro senza fine fra tastiere horror, voci inquietanti e ambientazioni tenebrose: un vero e proprio inno di morte dove si celebra la profanazione del sacro. Si tratta di musica che, per essere apprezzata al meglio, andrebbe ascoltata al buio in solitudine. Un’ottima prova che rappresenta un’ulteriore conferma del talento oscuro di Claudio Dondo. (Caesar)
Il doom sepolcrale degli AG affonda le sue radici nel fertile sub-strato del dark-sound italiano, rinnovando una tradizione originatasi negli anni settanta e giunta fino a noi, anche se in forme e modalità espressive differenti. “Hymn of the afterlife” è brano esteso, andando a coprire quindici minuti scarsi di sonorità fosche, una lunga cerimonia che procede con andamento compassato, funereo, come il corteo che s’avvia, sferzato dal dolore, verso l’epilogo, verso quelle zolle divelte a colpi di zappa che andranno a ricoprire la bara, calando con secchi tonfi sul legno levigato appena. Pochi sono in grado di esporre una materia così difficile con tanto trasporto, vivendoladal di dentro e per questo risultando assolutamente credibili. E’ un rito occulto che viene celebrato da un ventennio circa, e che trova ancora nuova linfa da suggere ad ogni testimonianza che si succede nel Tempo, destinata al culto rispettoso di pochi, ma non per questo da liquidare come fenomeno marginale. “Hymn of the afterlife” è una lapide, fra le tante che gli Abysmal Grief hanno piantato percorrendo un cammino lineare, e che presto il muschio festonerà col suo verde smeraldino, e reca ornamenti modesti, ma la sua disadorna bellezza fa fermare il nostro sguardo, dedicandole attimi di compassionevole meditazione. Poi l’officiante spenge i ceri, l’odore di stoppa bruciata si sparge, sovrastando quella della terra smossa, ed è già ora di incamminarsi, un’altra inumazione ci attende… (Hadrianus)