Qual è il progetto solista di una figura a noi ben nota, poichè fa parte di un duo che seguiamo con soddisfazione fin dai primordi. William Maybelline, infatti, si è fatto onore fino ad oggi all’interno dei Lebanon Hanover, a fianco di Larissa Iceglass, e ora si presenta invece con Sable, un disco di matrice elettronica contenente dieci tracce, in cui viene rivelato l’aspetto più drammatico ed oscuro della sua personalità, con risultati molto interessanti. Sable, in effetti, ricorda le produzioni dei Lebanon Hanover fino ad un certo punto, pur restando, indicativamente, nell’ambito dei medesimi riferimenti cui il duo è andato attingendo, pur con tante rielaborazioni, nel corso della sua carriera. Ma William sembra fatto un po’ di un’altra pasta e si cimenta qui con sonorità assai più impegnative ed inquietanti, dimostrando un’inattesa attitudine ‘severa’ e, forse, anche più depressa oltre che, occasionalmente, un’affinità con l’elettronica più dura ed aggressiva. Si comincia con la title track, brano minimale dall’andamento solenne e dallo stile largamente ‘funereo’; subito dopo, “Spit on Me” rallenta ancora proponendo suoni talmente opprimenti da risultare minacciosi e “Flay”, una delle mie preferite, è un’incursione di classe nella dark-wave e il canto di William rigira letteralmente il coltello nella piaga. “Benevolent Technologies” è il primo esempio della tendenza dark electro del nostro, che prosegue comunque in “O’ Ornate Spade”: il ritmo diviene assai sostenuto, i toni più duri, lo scenario ipnotico almeno per quanto è ‘nero’; non appare più rilassante la successiva, bellissima “The Geometry Of Wounds”, forse la più sperimentale del lotto, in cui la melodia al synth trasmette visioni cupe ed angosciate. Poi, dopo la sinistra e ‘cinematografica’ “Luxurious Bleedings”, “Putrid Perfumes” dà un ulteriore contributo al synth-pop più oscuro ed il timbro gutturale della voce non alleggerisce di certo l’atmosfera, mentre “Desolate Discotheque”, quasi ballabile se non fosse così pervasa di disperata malinconia, è comunque una di quelle che maggiormente si avvicinano allo stile dei Lebanon Hanover. Infine, la tragica quanto spietata “Rip Doth Thy Scarlet Claws” conclude in modo decisamente positivo un lavoro valido ed importante che ci apre gli occhi circa gli sviluppi di una carriera che potrebbe diventare sorprendente.
Progetto interessante. Riecheggiano i D.A.F. ( timbro volale e moduli compositivi ) ma arricchiti e rielaborati in un prodotto sicuramente più “raffinato”. Un bel lavoro sicuramente.