E’ da poco uscito per la Felte il debut album dei californiani Sextile: Brady Keehn, Melissa Scaduto, Kenny Elkin e Eddie Wuebben hanno materializzato un progetto molto particolare che si inserisce nel revival post-punk proponendone una versione ‘chitarrosa’ ed aggressiva tutta americana ma che nulla ha da invidiare alle più oscure atmosfere, quelle che, per tradizione, ci sono care. A Thousand Hands contiene undici tracce, caratterizzate da sonorità corpose ed anche abitate da uno spirito dissacrante, occasionalmente perfino devastante. C’è ‘rumore’, ci sono chitarre riverberate e altri effetti ipnotici e anche un vocalist con i controfiocchi: in sostanza l’album ha tutte le premesse per destare interesse. Apre la title track con uno scenario malsano e un po’ ‘crudele’: la ritmica sostenuta dalle tinte ‘marziali’, la chitarra affilata e il canto dalle tonalità intense sono un esordio molto intrigante. In “Flesh” emerge anche una parte ‘sintetica’ dai suoni decisi ed un basso assai incisivo e l’amalgama è idoneo per i palati più robusti, mentre “Can’t Take It” – gran pezzo! – concentra tutta l’attenzione sulla chitarra potente e visionaria. Anche “Smoke In The Eye” è uno dei brani di rilievo del disco: fortemente influenzata dal punk, vede un’impeccabile e coinvolgente parte vocale abbinata ad un andamento travolgente ed il pensiero va ai Killing Joke. Poi, dopo la torva e ‘sanguinosa’ “Truth And Perception” che ne anticipa il mood, più o meno un minuto e mezzo di enigmatici suoni in ‘modalità’ elettro/industrial (“Romance”) e “Mind’s Eye”, bell’omaggio alla new wave più elettronica, con ritmo serrato ma canto assai più accattivante, non a caso a cura della batterista Melissa Scaduto. Delle rimanenti, cito la cupissima, addirittura drammatica “Shattered Youth”, la deliziosa “Visions Of You” – sonorità ‘vintage’ per una melodia davvero riuscita – e la strumentale “Introvert” che conclude questo lavoro con due minuti circa di elettronica ‘astratta’, molto poco allineata con il resto dei brani ma perfetta per rendere quel senso di straniamento ed alienazione che, anche se in altre forme, si percepisce un po’ ovunque in A Thousand Hands.
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