Un’altra serata interessante ha avuto luogo lo scorso sabato 5 dicembre all’Exenzia di Prato, un locale che – bisogna ammetterlo – si sta dimostrando sempre più una risorsa importante per quanto riguarda le proposte musicali di un certo tipo in Toscana: il programma prevedeva infatti il rientro in pista di una band abbastanza storica per il genere gothic in Italia, i Burning Gates, e, contestualmente, la presentazione di Through The Oceans Of Time, il nuovissimo disco di From the Fire. Come già illustrato su queste pagine, si tratta del recente progetto acustico fondato da Michele Piccolo, il cui debut album è una significativa rivisitazione in chiave, appunto, acustica di alcuni classici gothic del passato di Burning Gates e Ordeal By Fire, suoi gruppi precedenti. Tralascio i soliti commenti sulla presenza tutto sommato esigua di pubblico, ritenendo che, di questi tempi, essere fuori moda forse sia da considerarsi encomiabile: l’impegno degli artisti non è per questo venuto meno e tutti hanno dato il massimo per la buona riuscita dell’evento, nonostante una serie di problematiche di natura tecnica – quanto un minuscolo rumore prodotto da una spina possa risultare molesto… – abbia visibilmente innervosito il frontman soprattutto all’inizio, allorché si esibiva con From the Fire nella parte acustica del concerto. In ogni caso, gli sforzi profusi per la risoluzione del guasto hanno fatto sì che il programma venisse globalmente rispettato e qualche sorso di vino opportunamente consumato nel marasma generale ha contribuito ad ‘ammorbidire’ l’irritazione di Michele Piccolo, che è apparso in buona forma in tutti i suoi ‘ruoli’.
Nella prima ‘fase’ dello show, dunque, egli si è esibito in compagnia del solo Fabrizio Busso: uno scenario intimista, due chitarre e musica grondante malinconia ci hanno così intrattenuto per circa mezz’ora. Sugli arrangiamenti dei brani di Through The Oceans Of Time ci siamo dilungati in sede di recensione: la dimensione live, in teoria, avrebbe potuto essere meno consona all’atmosfera discreta che li caratterizza ma, paradossalmente, proprio l’assenza di un pubblico numeroso ha reso più godibili i pezzi acustici. C’è da precisare, comunque, che, rispetto al disco, l’esecuzione dal vivo è apparsa ovviamente più ‘tirata’ e meno pacata, e la chitarra elettrica di Michele – ma quella di Busso non è stata da meno! – ha avuto i suoi momenti di gloria. Abbiamo così potuto ascoltare circa la metà delle tracce dell’album fra le quali, bellissime, “Oceans of Time” – purtroppo ‘tormentata’ dal problema tecnico di cui si diceva! – e “Life’s Uncertainty” ma anche “Re-creation” e “Killing Hate” sono risultate davvero emozionanti. Alcune altre, poi, abbiamo potuto gustarcele nella seconda parte del concerto eseguite dai Burning Gates nella loro versione originale.
Il rientro di questi ultimi è stato in effetti l’evento più ‘eccitante’, dal momento che i componenti della band avevano preso altre strade da oltre dieci anni. Della reunion a scopo celebrativo con la line up più nota – Michele Piccolo, Andrea Cannella, Danny Tartaglia e Davide Bo – si sapeva già da un po’ e, presumibilmente, i vecchi ‘seguaci’ stavano all’erta: i nostri, per altro, a quel punto hanno potuto vedere una sala un po’ più piena e un pubblico più attento, anche perchè, si sa, le sonorità più ‘toste’ tendono ad attirare maggiore interesse. I quattro sono apparsi disinvolti e sicuri di sè e, palesemente, sembravano godere di una ritrovata, perfetta sintonia. Grandissima padronanza del basso – tenuto in effetti all’altezza delle ginocchia! – da parte di Daniele Tartaglia, potente la batteria di Davide Bo e le chitarre non avrebbero potuto essere più incisive: aggiungiamo il canto travolgente del frontman… e gothic rock fu! Il gruppo non si è risparmianto ed ha snocciolato, uno dopo l’altro, i brani più significativi della sua collezione, fra i quali, tanto per citarne qualcuno, le splendide “To the Moon”, “The Ritual will never Die”, “Burn”, e “Dancing in the Mirror”: un’esibizione forte e sentita, sia dal pubblico che dai musicisti che, alla fine, non hanno potuto esimersi dal ritornare sul palco per i richiami di fan e amici, ad eseguire la versione di “The Wait” dei Killing Joke: una cover che tradizionalmente fa parte del loro repertorio. Si è così conclusa una serata di musica e di festa che ha lasciato noi pienamente soddisfatti e, si spera, in fondo anche la band, alla quale non possiamo, sia pure con una punta di rimpianto, che augurare il meglio riguardo ai nuovi progetti in cantiere, in particolare i From the Fire, il cui album consigliamo ancora una volta caldamente.