Forse non tutti sanno che esistono due band dal nome The Danse Society, ed entrambe composte da membri fondatori dello storico gruppo degli anni ’80. Dopo la recensione del gruppo capitanato da Paul Nash, recensito un paio di mesi fa da Mrs. Lovett, ecco Reincarnated l’album della band capitanata da Paul Gilmartin, composto da quindici pezzi, che mischiano reinterpretazioni delle vecchie hits e nuovi pezzi.
Le versioni 2015 iniziano con “Belief”,  proposta in versione goth nello stile delle bands del Sacrosant, con piccoli cori con reminiscenze punk. “Red Light” ha mantenuto il fascino remoto, impalpabile che era l’elemento caratteristico della band alle origini: suoni che paiono provenire da anni luce di distanza e che ritroviamo anche nella versione di una delle loro hits, “Come inside”, che mantiene intatto tutto il suo fascino ipnotico, inossidabile… “Seduction” è riproposta in chiave intimista: tutta la prima parte è quasi recitata su un tappeto di tastiere, per poi aprirsi agli altri strumenti pur mantenendo sempre un’atmosfera tormentata. “Valiant to vile” è riproposta in chiave epic rock, con assoli vicini al metal pur mantenendo di sfondo gli arcani suoni di tastiera.
I pezzi nuovi sono “Message in the wind”, che fonde suggestioni goth glam, tastiere elettroniche e la voce piena di potenza di Brian O’Shaughnessy. “Child of paradise” è un gotico più lento, con un fascino arcano, che si avvicina maggiormente alle sonorità delle origini. “Into the grey” è una ballata lenta impreziosita da cori ed un bel gioco di tastiere. “All things shine” è un altro pezzo in cui soprattutto gli intrecci tra batteria e tastiere evocano ricordi di vecchi, indimenticabili capolavori. “Reincarnated (instr)” ha la batteria in primo piano, in cui si inseriscono nervosi, a sprazzi, i pezzi degli altri strumenti, quasi a rappresentare le tribolazioni della vita… È forse una specie di diario emotivo, della difficile storia che ha seguito la “reincarnazione” su scena di questo gruppo. “More than dreams” mischia goth e suggestioni metal alle quali si sposa bene la voce di Brian. “Glory and grace” è un pezzo più rock, intimista e tormentato, che pone anche riflessioni esistenziali… per ricordarci che il tempo che passa a volte ci esorta a fare dei bilanci e delle constatazioni, non sempre facili. “Seance and Heresy” è un altro brano che, se non fosse per la voce diversa, sembrerebbe un inedito degli anni ’80, con le tastiere atmosferiche e gli arpeggi eterei di chitarra sul ritmo lento ed avvolgente della batteria. “Jezebel” è un po’ nella stessa scia, con i suoni stemperati in riverberi remoti. “Towers” è un pezzo più rockettaro, con sullo sfondo le tastiere caratteristiche del sound di questa band.
Per concludere definirei questo lavoro come una fusione tra il passato e sonorità più vicine al gotico e al metal.
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