Se c’è un suono che può evocare l’orrore cosmico, la paura dell’altro, dell’ignoto che cala dagli abissi nell’Universo, generatosi ai suoi margini più remoti, va ricercato nella produzione di insiemi quali Univers Zero e Present. Questi ultimi fondati nel 1979 da Roger Trigaux, che degli UZ fu una delle anime iniziatrici, e che con la nuova creatura esplorò inediti spazi sonori, assemblando una creatura aliena che, forte di una tecnica e di una inventiva impareggiabili, produsse capolavori d’avanguardia in bilico tra sperimentazione, urgenza espressiva, rock (o suoi brandelli) innestato su tessuti jazz, classica e progressive. E che non lasciano all’ascoltatore margini di movimento, costringendolo letteralmente a seguire una trama mai lineare, pronta a variazioni repentine, stipulando un solido patto con il chamber-rock ermetico dei King Crimson, modello al quale ci si può riferire per districarsi nel groviglio di note prodotto dal complesso belga, sempre e comunque retto da una disciplina che evita cadute nel caos. Privo di coordinate, di punti cardinali, di riferimenti, l’uditore scivolerà in uno stato di autentica stupefazione, se saprà lasciarsi coinvolgere, beninteso. Perché non verrà travolto da sequele di riff catacombali, da passaggi sepolcrali cari al doom che tanto amiamo, anche se al minuto quindici della versione dal vivo della title-track (parte I), indentificherete una chitarra iommiana che si muove solenne tra i cenotafi edificati da civiltà aliene portatrici di riti crudeli e folli. No, la musica dei Present non è così immediata, identificabile, definita. Invero è liquida, inafferrabile, è cenere di sacrificati che si disperde in nuvole sulla superficie gelata di un pianoro antartico, per poi raggrumarsi in forme assurde, sconosciute all’umano. La ristampa di Le poison qui rend fou (pubblicato in origine nel 1985) viene qui arricchita da cinque tracce dal vivo (registrate nel 1982 a Livry-Gargan, dipartimento a nord di Parigi), ulteriore dimostrazione della perizia dell’ensamble. I rintocchi di piano che accompagnano meste cerimonie, i vocalizzi arditi di Marie-Anne Polaris ed il percussionismo spiritato di Daniel Denis intrecciano trame solo apparentemente esili, note che si insinuano sotto pelle, fendono le carni per giungere all’anima, tormentata dalla visione di riti decadenti provenienti da uno spazio che cela deformità che una mente sana non può figurare. Colonna sonora della venuta di Nyarlathotep…
Lascia un commento