A qualche mese di distanza dalla riuscitissima coppia di EP “I” e “II”, recensiti su questo sito, Alexander Leonard Donat torna a far parlare del suo progetto Vlimmer con i due nuovi episodi, chiamati rispettivamente “III” e “IIII”, per un totale di dieci canzoni (5+5).
Le aspettative, dopo gli ottimi brani dei primi due EP erano molto alte e la curiosità su questa uscita era tanta: conferma o stravolgimento erano infatti le due paroline che mi viaggiavano in mente nell’attesa di poter mettere orecchio a queste nuove produzioni.
Già dopo il primo ascolto, sono rimasto sorpreso dalla seguente conferma: Alexander Leonard Donat è un grande manipolatore del suono. Anche in questi due EP non troverete nessun riempitivo.
Ascoltandoli e soprattutto riascoltandoli, vi renderete conto di quanto siano meticolose e ricercate le soluzioni sonore che vi vengono proposte.
Il genere di Vlimmer, come in precedenza era stato detto, è difficilmente ascrivibile ad una qualche corrente musicale precisa. Possiede caratteristiche che spaziano dalla synth/cold wave al post-punk amalgamato con chitarre effettate che ricordano qualche passaggio black metal (Burzum di Filosofem su tutti). Chiaro esempio ne è il brano di chiusura di “IIII”, ovvero “Knochenbruch”.
Ma il fascino che la manipolazione sonora di Alexander riesce a conferire a tracce come “Antäuschung”e “Finsterblindheit”, impreziosite da ricami di chitarra che ricordano molto da vicino i Clan of Xymox di “Medusa” è a dir poco struggente ed incantevole.
La voce di Alexander a volte sussurrata ed eterea, altre pulita ma sempre moderata, non brilla per virtuosismi ma risulta essere elemento essenziale, tratto caratteristico, strumento aggiuntivo indispensabile nell’economia di ogni singolo brano.
“Rückspiegel” con il suo incedere malinconico che riporta alla mente “Knives Out” dei Radiohead, è probabilmente un pezzo destinato a conquistare tanti culturi di una certa darkwave decadente ed estremamente struggente, ma anche su pezzi che alzano il ritmo, Vlimmer dimostra grande mestiere: la cacofonia di “Grenzebereich”  è abilmente addomesticata e risulta estremamente vigorosa e arguta.
L’incedere epico di un brano più etereo come “Erschöpfung” o il ritmo metronomico di una canzone estremamente elegante come “Minenslalom” chiudono il cerchio attorno alla cifra stilistica di un artista che dimostra una maturità compositiva fuori dal comune.
L’unica domanda che continua a ronzarmi in testa e che rinnovo come sfida al nostro è: “e se provassi a comporre in Inglese, cosa accadrebbe?”