Endless chiude in bellezza il 2016 che, se per moltissimi aspetti, è stato un anno funesto, non ha deluso in quanto ad uscite di musica italiana. I Soviet Soviet sono diventati una tale garanzia di qualità da essere stati notati all’estero praticamente subito – hanno suonato anche negli Stati Uniti! – e, come si disse a proposito di Fate, sono oggi una realtà che non può che renderci orgogliosi. Il nuovo album, uscito da pochissimo, non propone grosse innovazioni rispetto alla formula che avevamo riconosciuto come vincente: una chitarra a volte corposa, a volte più ‘frizzante’, una parte vocale non potente ma sicuramente elettrizzante, ritmica efficacemente sostenuta e il basso cupo, aggressivo, in una parola: fantastico. Fra le novità da segnalare, mi limito a indicare la presenza discreta di qualche elemento più melodico ma di valore, che rende l’ascolto più scorrevole e godibile. Apre “Fairy Tale”, uno degli episodi di maggior rilievo, con il basso straordinario cui si è accennato, una chitarra brillante e ricca di energia e l’intenso e vigoroso canto di Giometti. Bella anche la seguente “Endless Beauty”, forse un filo più pacata ma con un’incantevole atmosfera sognante e una chitarra davvero magica. “Remember Now” dopo il tempestoso basso iniziale, scopre le sonorità più melodiche di cui si diceva e “Going Through” strizza l’occhio allo stile ‘wave’ introducendo suggestivi momenti di glaciale freddezza. Poi, se “Star” opta ancora per il nuovo ‘corso’ melodico, “Pantomime” ristabilisce solidi ‘ponti’ con il passato postpunk ricordandoci che, forse, ai Soviet Soviet piacevano i Joy Division. Infine, ancora grandi basso e batteria in “Rainbow”, che ospita anche le tastiere di Yppah, e, bypassati i nervosi suoni dark di “Surf a Palm”, l’impetuosa “Blend”, come una luminosa ‘cavalcata’ che fende cupi orizzonti, chiude con travolgenti note di chitarra e un’intensa prestazione vocale un disco che possiamo definire pregevole.
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