E’ vero, viviamo in un’epoca di revivalismo eppure ci rifiutiamo di studiare a fondo le pagine che la Storia ha consegnato alla nostra memoria, rischiando di cadere nei medesimi – letali – errori.

Per fortuna noi ci occupiamo (sopra tutto) di musica, vivendola con tale passione che diviene parte importante della nostra esistenza, non solo mera occasione di svago o colonna sonora di una parte ben definita della nostra giornata.

Entriamo così a contatto con delle realtà che sono animate da uno spirito indomito e che, pur sapendo di esser destinate a rimanere ai margini di un mercato che oggidì sconta un atteggiamento passato tacciabile di eccessiva disinvoltura, si impegnano in operazioni che appaiono perlomeno stravaganti a coloro ai quali questi ambiti sono ignoti, perché bisogna impegnarsi a ricercarvi notizie o semplici segni di vita. No, non trattasi di carbonari, ma di animi che anelano a scandagliare le profondità piuttosto che di accontentarsi di galleggiare in superficie.

Madness splinters è stato pubblicato (da My Kingdom Music, necessitano ulteriori credenziali?) giusto un paio di giorni prima del Natale del 2016. E’ un’opera ponderosa, quarantuno canzoni suddivise in tre ciddì per oltre due ore e mezza di musica, composta ed eseguita da un pugno di ragazzi che dal cuore di Trinacria sognavano chissà quali prosceni, e si peritavano di creare un corpo artistico personale pur in ossequio di canoni ben identificabili.

E’ un anniversario a segnare questa operazione, che di materiale ha poco (leggasi eventuale rientro economico) ma che molto ha romantico e di… insensato, e forse le schegge di follia richiamate dal titolo anche a questo possono riferirsi. Ma a noi piacciono proprio per questo, per il loro svincolarsi da regole e da costrizioni: facciamolo, intanto, perché no? Un’epopea durata un soffio, cinque anni di costante evoluzione, eppoi l’epilogo, il silenzio comune a tanti, troppi, sopra tutto in Italia. Ma nessun rimpianto, Madness splinters è qui davanti a me, nel lettore gira uno dei tre dischetti, musica obliqua fuoriesce dalle casse…

Carlo ha già risposto ad alcune mie curiosità (intervista del 21 luglio 2013 che vi invito ad andare a rileggere), e magari mi ripeterò, semplicemente perché il quadro complesso che illustra una vicenda artistica così identitaria lo rende necessario. Ognuno di noi, sfogliando le pagine ingiallite della propria vita passata, vi ritrova nuove note a margine delle quali si era scordato, a volte semplici particolari ai quali non si era attribuita importanza, ed invece… La lettura delle risposte determinerà poi livelli diversi di interpretazione, la polvere ricopre segni che poi il vento dell’emozione ritrovata riporta alla luce, è naturale e giusto che sia così. Non celebriamo un’epoca, non bramiamo ad un ritorno ai suoi presunti splendori, ma nemmeno cerchiamo di cancellare gli episodi più bui. Così deve essere, d’altronde…

Rispondono Carlo Disimone, Tony Colina, Antonio “MAd” Olivieri Francesco Palumbo.

 

Perchè Madness splinters? E’ ben vero che le case discografiche stanno sostenendo i loro non più pingui bilanci immettendo sul mercato una quantità assurda di ristampe, ma nel vostro caso non si può certo parlare di mossa opportunistica.

Toni: Perché la storia dei Fear of the Storm non era completa. C’era l’esigenza di rimettere a posto le cose.

Carlo: Abbiamo sempre intrapreso un percorso, sia come Fear of the Storm che come Dperd, valutando soltanto il lato artistico del progetto che intraprendevamo, con tutti i difetti o gli errori che abbiamo fatto (e continueremo a fare, ovviamente), ma mai l’aspetto commerciale. Tra l’altro, con il tipo di musica che abbiamo composto in passato e che creiamo oggi io e Valeria, non potremmo mai parlare di mosse opportunistiche…

MAd: Sentivamo che non avevamo chiuso con il passato, c’erano cose che rigurgitavano sensazioni non definibili, c’era una parte di noi non completa. L’atteggiamento di Francesco è stato quello più giusto per fare sciogliere questo incantesimo. Per noi è importante che si senta che non è una operazione commerciale, ma che si capisca che era una maniera per completarci e riappropriarci di quello che siamo stati e che siamo.

Francesco (My Kingdom Music): Perché credo che la storia dei Fear Of The Storm si sia interrotta troppo presto e in malomodo. Era un cerchio che meritava una chiusura diversa, che celebrasse la band per quello che è stata, per quello che ha espresso e per quello che ha significato in una scena come quella italiana. Inoltre mi premeva molto far capire a chi in quel periodo ancora non c’era, cosa significava fare musica underground nell’Italia degli anni 90.

 

My Kingdom Music è l’etichetta dei Dperd, dei quali fanno parte Valeria e Carlo; è questa collaborazione che ha fatto scaturire la scintilla, l’idea di pubblicare la raccolta?

Toni: Francesco ha espresso interesse per l’operazione, e quindi la cosa s’è fatta. Gliene siamo molto grati.

Carlo: La storia dei Fear of the Storm, in effetti, non si era mai conclusa. Nel ’96 avevamo registrato un album full lenght, che non vide mai la luce. Dopo che i Dperd si accasarono con la My Kingdom Music, tra noi e Francesco si instaurò un connubio che trascese i normali rapporti tra gruppo ed etichetta: diventammo amici. Divenne naturale, quindi, parlargli e fargli ascoltare l’album che allora avevamo intitolato “2”. A lui piacque moltissimo e sempre a lui venne l’idea di fare uscire l’inedito, con il remastering di tutti i brani dei Fear of the Storm editati, tra tape albums e mini cd. Ovviamente, la cosa trovò completamente d’accordo tutti i componenti. Trattandosi di una impresa di una certa mole e costo, però, tra il progetto e la realizzazione son trascorsi diversi anni. Nel 2016 ricorreva il ventennale dalla realizzazione dell’ultima registrazione e Francesco non poteva fare passare questa congiuntura astrale, senza pubblicare il triplo. Se avessimo saltato il 2016, credo che ne avremmo riparlato tra 5 anni!

MAd: Sì, certamente, ne hanno parlato prima tra di loro, poi un giorno hanno coinvolto anche me e Toni. Francesco è riuscito a farmi affrontare cose che non avrei più voluto affrontare.

Francesco (My Kingdom Music): Personalmente quando ho incontrato sulla mia strada Carlo e Valeria per i Dperd non conoscevo molto dei Fear Of The Storm se non qualche canzone apparsa su alcune compilation. Un giorno Carlo mi parlò della loro intenzione di pubblicare un loro disco inedito (stiamo parlando di “2”). In sé l’album aveva buona musica ma l’operazione non mi interessava molto (Carlo forse lo viene a sapere solo ora!). Andando a scoprire di più della band, del loro passato fatto di tapes e di compilation, del loro essere unici, del loro entusiasmo e della loro passione, ho capito che c’era qualcosa di non detto e non fatto che andava oltre il singolo lavoro non pubblicato, c’era una storia che andava raccontata e rispolverata. Ho trovato poi in loro e nella loro storia molto di me per cui passo dopo passo sono entrato a far parte della band ed a vivere il tutto dall’interno ma con un punto di vista più obiettivo. Alla fine la mia proposta di pubblicare una sorta di box che includesse tutta la loro discografia si è fatta largo. Prima con Carlo e Valeria, poi con Antonio “MAd” e Tony. Il tutto ha preso quasi due anni di lavoro, ma alla fine il risultato è davvero incredibile. Ne sono davvero orgoglioso. In questi mesi di continue mail, telefonate, suggerimenti, consigli, ma anche tanti no e tanti ritornare sui propri passi, ho visto il loro interesse crescere, ho notato la loro passione riemergere, ma ho visto anche il riaffiorare in loro di antichi fantasmi che forse non volevano che riemergessero.  È stata un’esperienza intensa per me, sicuramente, ma imparagonabile rispetto a quanto lo è stato per loro e per Carlo ed Antonio “MAd” in primis. Emotivamente sono certo che è stato tutto molto difficile e me ne rendevo conto quando si andavano a toccare certi punti e certi nodi irrisolti. Sono certo che accanto all’amore ed al desiderio di vedere realizzata questa opera, sono usciti fuori altri sentimenti come nostalgia, rabbia, dolore… è stata una catarsi vera e propria. L’ho notata in loro e l’ho vissuta su di me.

 

Come è stato assemblato il ponderoso corpo di Madness splinters?

Toni: S’è adottato un criterio filologico/cronologico, in modo da creare un percorso. S’è cercato di non stravolgere i brani e di intervenire solamente quando necessario, per problemi di durata dei singoli cd.

Carlo: Caro Adriano, devo dirti che abbiamo avuto delle discussioni su alcune scelte riguardo la scaletta dei brani e, soprattutto, se e dove includere “Sleepless dreams” (brano, come ricorderai, uscito in esclusiva per Ver Sacrum, nella compilation “Tenebrae”). Antonio, che ha fatto un gran lavoro sul suono nel rimasterizzare i vecchi brani, non riteneva opportuno includere il brano in coda agli inediti nel terzo cd, causa uno sfasamento del continuum temporale ed evidente differenza di suono tra loro. Di contro, la scelta era quella di non includere il brano, poiché non avevamo spazio per inserirlo negli altri due dischi, dove le tracks sono entrate a stento. Alla fine, ha vinto la scelta di non lasciare fuori nessuna traccia, anche se “Sleepless Dreams” è stata registrata, ovviamente, prima di “2”: chiude il box.

MAd: Devo confessare che in parte il lavoro di assemblaggio era già stato fatto molti anni fa, ci siamo dovuti adeguare alla durata dei dischi accorciando un po’ alcuni brani e mi sono limitato al minimo intervento di restauro di tutti i brani in modo che potessero almeno suonare allo stesso volume ed avere un impatto simile.

Francesco (My Kingdom Music): Ovviamente del tutto se ne sono occupati i ragazzi. Gli unici miei paletti erano quelli di seguire un ordine temporale e di rispettare lo spazio in minuti dei singoli CD. Il resto è venuto da sé.

 

Madness splinters raccoglie nei suoi tre dischi l’intera discografia dei Fear of the Storm, compresa la citata “Sleepless dreama” alla quale sono ovviamente molto legato (tratta dalla nostra cassetta compilation “Tenebrae” pubblicata nel 1995 in collaborazione con Neogothic ed Apathya), ovvero è rimasta esclusa qualche traccia, qualche inedito?

Toni: Frammenti di prove e pezzi, registrati neoliticamente durante alcune prove.

Carlo: Spulciando, abbiamo trovato tre brani che avevamo registrato in sala prove intorno al 1994, di cui serbavo un tenue ricordo. La qualità del suono è terribile! Allora erano rimasti inediti…. Vorrei che non lo rimassero per sempre, ma questa è solo la mia opinione.

MAd: Esistono alcuni brani che in origine dovevano essere inseriti in “1995” se fosse uscito come Cd di lunga durata, fra cui la nostra cover di “21st Century Schizoid Man” che tanti problemi ci ha dato. Per ciò che riguarda “Sleepless Dreams”, non credo di svelare un segreto dicendo che anche noi siamo molto legati al quel brano, proprio perché ci ricorda la grandissima amicizia che si era creata con tutti voi di Ver Sacrum. A me personalmente ricorda le nottate passate tra Pisa e Cinquale, la “gentaglia” che ha organizzato il concerto di Cinquale e quanto gli voglio bene!

 

La raccolta segue un criterio rigorosamente cronologico e tutte le tracce sono state rimasterizzate, riascoltando le vostre canzoni che sentimenti avete provato? Sopra tutto Antonio, che è colui che ha operato la masterizzazione, operazione certamente coinvolgente, trattandosi di una parte significativa della vostra vita, non solo artistica.

MAd: Per me ti assicuro che è stato difficilissimo, non dal punto di vista tecnico ma emotivo. Come dicevo tutti i brani erano già stati acquisiti molti anni fa agli inizi del 2000, ma ogni volta che pensavo di mettermi a lavoro su di essi non riuscivo a passare mai all’azione. Anche per la realizzazione di Madness Splinters sono passati alcuni anni dalla prima proposta di fare il box per My Kingdom Music, Francesco ha avuto la forza di aspettare i miei “capricci”, fin quando si è stabilito che non esistevano più margini di incertezze, il box doveva uscire. Ovviamente anche lì ho avuto un po’ di tentennamenti, ma alla fine sono soddisfatto del risultato finale, anche perché se si ha la pazienza di ascoltare tutti i dischi uno di seguito all’altro si capiscono due cose, la prima è che siamo davanti alla crescita e maturazione di un progetto musicale sicuramente avanti all’epoca, la seconda che non è una trovata nostalgica/commerciale, ma appunto la chiusura di un ciclo, l’uscita da un incubo durato troppo. (Ed effettivamente l’evoluzione è tangibile, nella scrittura e nell’esecuzione. N.d.Hadr.).

Toni: Non mi piace vivere nel passato. Ho riascoltato i pezzi nello stesso modo di sempre. Con tutti i loro difetti, ritengo fossero pezzi validi per quell’epoca e quella scena.

Carlo: Antonio è quello che è stato più coinvolto dal punto di vista emotivo, dovendo ascoltare e riascoltare i brani per il remastering. Personalmente, ho cercato di distaccarmi dalle emozioni, i rimpianti e la rabbia che mi dà l’ascolto ed anche il solo parlare dei Fear of the Storm. Ovviamente non ci sono riuscito e credo che non riuscirò mai  a parlare serenamente di quel periodo.

 

Come si sviluppava il processo compositivo del gruppo? Vi partecipava ogni singolo elemento? Considerate questo metodo ancora eventualmente applicabile?

Carlo: Provavamo i riff per ore, con sommo sconforto di Valeria che, essendo iperattiva (anche se allora non era un problema così conclamato!), mal sopportava il ripetersi infinito del duetto tra me ed Antonio. L’apporto di Toni è stato rilevante ed evidente sull’evoluzione sonora: più che una new entry è stato un ritorno, dato che militavamo assieme in altre formazioni precedenti i Fear of the Storm.

Toni: La maggior parte degli spunti musicali arrivava da Carlo e Valeria, seguiti a ruota da Antonio. A questi, io aggiungevo le linee vocali e qualche idea di arrangiamento. Poi, ovviamente, per qualche pezzo, c’erano delle eccezioni a questo modus operandi.

MAd: Purtroppo, siamo cresciuti anagraficamente ma solo quello. Devo dire che io e Carlo da quando abbiamo “chiuso” con Madness Splinters, abbiamo ricominciato a suonare insieme (non succedeva dal 1997 credo con un paio di tentativi andati a vuoto dopo) e l’atmosfera che c’è quando riusciamo a ritrovarci è la medesima. Stiamo giocando con gli inediti del 1994 e qualche altro brano, ma per nostro diletto, per vedere l’effetto che fa. Comunque anche ora uno parte con un riff e l’altro gli va dietro fino a quando le orecchie e le dita non ci fumano. Eravamo un organismo unico quando suonavamo tutti assieme e questo adesso posso dire che mi manca. Troppo a lungo non ho voluto affrontare la questione. I guizzi di Toni e Valeria erano e sono indispensabili per i Fear of the Storm, così come un altro elemento che c’è sempre stato nella line-up, lo trovate sempre dietro il registratore o in preproduzione, e cioè Tano Fontanazza il cui apporto era importante per mettere a fuoco le idee e il suono alla fine della fase creativa.

 

Parole e musica, come si combinavano, ed a chi vi ispiravate per i testi? Attingeste a fonti derivanti dalla grande tradizione letteraria, dalla morfologia e/o dal passato della vostra Terra, meta delle visite rispettose di tanti viaggiatori illustri che ne trassero pagine memorabili?

Carlo: I testi dei Fear of the Storm sono per la stragrande maggioranza di Antonio, tranne qualche eccezione.

Toni: Ho scritto solo due testi per i Fear of the Storm: “The Timeless Wailing of Ageless Souls” e “Higher and Farther”. Il primo ripete sempre tre frasi sul concetto di nemesi. Il secondo crea un’immagine di spazio e lontananza combinando fra di loro parole che si ripetono.

MAd: Quasi tutti i miei testi derivavano da quello che erano i miei incubi e miei sogni, oltre che dalle letture di Lovecraft, Poe, Kafka e Baudelaire. La combinazione con la musica era spesso casuale, nel senso che di solito si partiva dalla struttura musicale poi portavo i testi che avevo già composto o mi erano venuti in concomitanza o se c’erano testi di altri si valutavano e si decideva insieme.

 

Vi esprimevate in lingua inglese, non solo nei testi ma anche nella struttura delle vostre canzoni. Enna che vi ha dato i natali è la città più continentale di Trinacria, ma oltre i monti che la cingono c’è il mare, il sole che indora la costa, le rovine maestose dei Templi eretti dai Greci antichi… Ma non va nemmeno taciuta la cronaca, o la Storia più recente. Terra di contrasti ma anche di caratteri forti, d’una nobiltà d’animo e di un senso dell’onore per chi li legge da fuori a volte incomprensibili. Oppure l’ispirazione derivava solo da disillusioni, da paure, da angosce e dalla rabbia spesso alimentate dalla sensazione comune a quell’età, di sentirsi costretti in un ambito soffocante, dal quale liberarsi al più presto?

Carlo: Sul clima ennese, a mille metri sul livello del mare, stendiamo un velo pietoso! Anche lì siamo sfortunati: ad una ottantina di chilometri più in là, ci è capitato di trascorrere le festività natalizie in mezze maniche! Non ci siamo mai identificati nella sicilianità, in nessun senso. Personalmente, odio tutti quei comportamenti che sono così comuni in tutte le persone che mi circondano nella quotidianità. Il disagio di vivere in questo sistema, è forte oggi come lo era allora. Adesso lo celo e lo camuffo in apparenza… Sono diventato più ipocrita rispetto al passato. Da chi mi conosce superficialmente, oppure in ambito lavorativo, vengo scambiato per una persona normale (beh, quasi…!).

Toni: L’ispirazione per tutto ciò che riguarda i Fear of the Storm andava ben al di là della Sicilia. Non c’entrava proprio nulla. Anzi, Fear of the Storm forse era proprio un tentativo di allontanarci da modi di essere, agire e pensare che non ci appartenevano per niente.

MAd: Eravamo del tutto anarchici, alieni a dove eravamo, non avevamo schemi predefiniti. Il parlare in inglese ci aiutava a non sentirci troppo scoperti ed esposti e nello stesso tempo era anche la lingua che suonava meglio con le sonorità che amavamo e che ci veniva spontaneo suonare. In realtà ascoltavamo quasi esclusivamente musica straniera e quindi ci è venuto naturale adottare quei canoni. Tutti noi siamo, nel bene o nel male, la stratificazione delle dominazioni che ci sono state in Sicilia, ma penso anche che siamo pure dominati dalla cultura anglosassone, quindi come è diventato naturale mangiare pop corn al cinema è naturale pensare e agire in modi culturalmente distanti dalla terra che ci ha cullato.

 

Cinque anni, un soffio eppure sicuramente ricchi di emozioni, di scoperte, di condivisioni. Rileggendo quel lustro ora che ne sono trascorsi altri venticinque e più, quali sono stati gli episodi che più hanno segnato la vicenda dei Fear of the Storm?

Carlo: Certamente un soffio nel corso della vita di ognuno di noi, ma per me molto importante, direi fondamentale, che mi ha segnato e che mi segna tuttora. Una passione, quella musicale, che continua ancora oggi. Sono tantissimi i ricordi, gli aneddoti e le peripezie che abbiamo affrontato in quel breve ma intenso periodo. Tuttavia, per me sono ricordi amari.

MAd: Per me sono alcuni incontri, altri sono i viaggi sul furgone, in macchina o sul treno per suonare, registrare o a fare da fonico. Sapere che se ero in giro per l’Italia avevo degli amici da raggiungere e dei letti a disposizione, le nottate a parlare di musica di sogni e illusioni, la condivisione di tutto questo è stato bellissimo, poi la disillusione e il mio rifiuto totale.

Toni: Gli episodi sono tanti, in positivo e in negativo. Troppi da elencare.

 

Frequenti furono i contatti con altri gruppi, con quali divideste i palchi, vi sentivate in sintonia con la scena alternativa di allora?

Carlo: C’era un interscambio di opinioni tra le band dell’epoca, quasi uno spirito di corpo, direi. Con molti è rimasto un bel rapporto. Ci “sentiamo” ancora oggi con Giovanni degli Ataraxia. Molte volte, però, non capivo se, nei nostri live, riuscivamo davvero a coinvolgere il pubblico. Oggi noto un ulteriore peggioramento dell’interesse dei ragazzi nei confronti delle nuove band che cercano di proporsi. Magari sono io che, invecchiando, tendo a diventare ancor più pessimista.

Toni: Non tanto. A volte si aveva la sensazione che l’unica cosa di diverso tra la scena alternativa e il mainstream fosse il trucco e il vestiario, non l’attitudine e la sostanza.

MAd: Con le persone sì, con i gruppi solo con alcuni, Ataraxia, Kirlian Camera, Simon Dreams In Violet. Poi quando si andava alle feste o ai concerti si capiva che in molti erano lì per farsi vedere. Che ci fosse quel gruppo che suonava non gliene fotteva niente a nessuno, non parlo solo dei nostri concerti, ho fatto da fonico anche ad altri insiemi, ma la sensazione che avevo era quella, soprattutto nell’ultimo periodo.

 

I primi anni novanta segnarono un rinnovato vigore per il suono dark/gothic, vi sentivate interpreti e protagonisti di questa significativa rinascita che per l’Italia si concretizzò con la valorizzazione di gruppi validissimi come, fra gli altri, Burning Gates, Wasteland, Ataraxia, Artica?

Carlo: Se dico sì, sembro immodesto? (No! N.d.Hadr.)

Toni: Crediamo di avere dato un nostro personale contributo al genere, cercando di non scimmiottare nessuno. Per ovvi motivi geografici – e per la mancanza di internet, che adesso permette di annullare con un clic qualsiasi distanza – eravamo abbastanza isolati. Ciò da un lato era un male, perché ci lasciava ai margini della “scena” e assottigliava al minimo la possibilità di suonare dal vivo; dall’altro lato era un bene, perché ci permetteva di interpretare il genere senza troppi paraocchi.

MAd: Noi eravamo sempre noi stessi a prescindere, anche quando si doveva fare caciara, mentre molti gruppi non potevano farsi vedere che cazzeggiavano, noi questo non lo abbiamo mai accettato, non ci ponevamo limiti questo ci ha sempre distinto, per un certo periodo siamo stati protagonisti di qualcosa considerando che arrivavano lettere da tutto il mondo, ma il nostro scopo era di riuscire ad esprimerci in maniera autentica non pensando mai al business né alla moda né alla scena.

 

Valeria e Carlo ora hanno costituito un sodalizio solido che ha rilasciato testimonianze di grande spessore. Per Antonio e Tony la musica ha continuato a costituire parte importante ed attiva della loro esistenza? Quando avete deciso di compilare Madness splinters avete trovato subito un accordo su come sviluppare il progetto? E Massimiliano (Busa, il batterista sulla prima demo “R.I.P.”) è stato coinvolto?

Carlo: No, Massimiliano non è stato interpellato. In verità avevamo preso strade diverse, fin dall’inizio del nostro sodalizio musicale.

Toni: La musica ha continuato a essere importante per me, ma in ambiti totalmente diversi. L’accordo su Madness Splinters è stato abbastanza semplice: stampare tutto il catalogo. Quanto a Massimiliano, no, non è stato coinvolto.

MAd: La musica è stata sempre la mia vita, ma con il congelamento dei Fear of the Storm ho deciso di chiudere anche con quella parte, addirittura non ho più ascoltato le nostre cose per anni. Non riuscivo ad accettare e affrontare quello che era successo. Non sono andato a concerti per anni, poi ho rivisto i Kirlian Camera dal vivo a Messina (con Angelo non ci vedevamo dal 1996) e da lì mi sono un po’ riappacificato con me stesso. L’avvicinamento di Francesco, ribadisco durato anni, è stato poi determinante per far sì che le cose prendessero forma, e arrivati a quel punto tutto si è definito automaticamente. L’ideazione della parte grafica e l’idea delle copie numerate e i gadget sono state proposte di Francesco, che sono state accolte con gioia.

 

In questi venticinque anni di “inattività” ci sono state occasioni di incontro fra di voi?

Carlo: Siamo sempre rimasti amici, anche se adesso, abitando in comuni diversi, le occasioni di incontro sono sempre più limitate. A questo aggiungi gli impegni di lavoro e di famiglia…. Ci siamo incontrati più spesso recentemente, discutendo del triplo cd. Antonio, che per lavoro ogni tanto passa da Enna, è venuto a trovarmi recentemente nella mia sala prove e, tra una birra e l’altra, ci siamo ritrovati ad imbracciare gli strumenti come ai vecchi tempi, con un pizzico (che tanto pizzico non è) di nostalgia.

MAd: Dal punto di vista personale i rapporti sono sempre stati più che amichevoli. Eravamo tutti scottati da quello che era successo ed era l’unico argomento che non riuscivamo a prendere. Più volte abbiamo tentato di dare vita al box, ma alla fine ci arenavamo, penso che facesse male a tutti e ancora le ferite non si sono del tutto rimarginate, vedremo.

Toni: Non è cambiato niente a livello personale. I rapporti sono continuati e, se adesso si sono diradati, è solo perché viviamo in luoghi diversi e siamo presi dai nostri rispettivi impegni di lavoro, famiglia etc. A livello musicale, vi fu un breve tentativo di riannodare le fila, verso il 1999 – o 2000 – che non portò a nulla. E poi, per quanto mi riguarda, ci sono i miei cameo in “3non” dei Dperd, del 2007.

 

Madness splinters segna un nuovo inizio per il gruppo, o rimarrà semplicemente la celebrazione di un periodo vissuto con passione ed impegno che si è concretizzato in una urgenza espressiva irripetibile?

Carlo: Una bella domanda alla quale potremmo dare risposte diverse tra noi… Ho la sensazione che per Tony sia davvero un capitolo chiuso, magari solo una delle tantissime esperienze musicali a cui ha partecipato. Valeria glissa e, per quanto riguarda Antonio, è difficile leggergli dentro. Per me quel periodo è stato semplicemente il migliore della mia vita: ho sempre pensato che i Fear of the Storm non abbiano mai cessato di esistere veramente.

Toni: Sentivamo l’esigenza di scrivere l’ultimo capitolo di una storia che, con la mancata pubblicazione di “2”, sentivamo essere incompleta.

MAd: Veramente non so rispondere a questa domanda, come dicevo da qualche tempo con Carlo stiamo provando di nuovo insieme e il dolore alle dita è più forte di quello del cuore. Di certo c’è lo spirito, identico, è assurdo, non sembrano essere passati tutti questi anni, non è nostalgia di un’innocenza che non c’è più, per me è l’esigenza sempre più forte di riappropriarmi di me stesso e i Fear of the Storm sono una grandissima parte di me che ho sepolto per troppo tempo.

 

My Kingdom Music si è sempre contraddistinta per impegno e serietà profusi senza risparmio, ma sicuramente Madness splinters ha comportato ulteriori sforzi, realizzativi e promozionali. Francesco, ad un pugno di settimane dalla sua pubblicazione, quali sono i riscontri ottenuti dalla compilation (risposta del pubblico, della cosiddetta critica, copie collocate)?

Francesco (My Kingdom Music): Madness Splinters è un prodotto diverso da tutti gli altri. Per me era un modo, come ti dicevo prima, di celebrare una band che non avevo vissuto nella mia giovinezza ma che ho imparato a conoscere, a vivere ed a esserne in un certo senso il quinto membro. Sono felice di come è uscito fuori, sono felice del fatto che chi compra Madness Splinters si troverà di fronte non solo a tre CD, ma secondo me ad una scheggia della storia musicale italiana. C’era voglia di far conoscere questa band anche a chi non aveva vissuto quell’epoca, c’era voglia di far riemergere dalla polvere degli anni un gruppo che meritava ben altri traguardi, ma soprattutto sono entusiasta del fatto che da operazione nostalgia (molti degli acquirenti sono carissimi quarantenni coi capelli non più lunghi e non più folti), si sia ben presto trasformata in una collezione di grande valore non solo “storica” ma musicale in sé. Il vedere poi che gente non solo dall’Italia, ma anche dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra, dalla Polonia, dalla Francia, dalla Germania e dai più disparati paesi del globo aspettasse una cosa del genere non fa che aumentare il mio orgoglio e ravvivare la mia consapevolezza di aver fatto una bella cosa.

 

Trecento e trentatre copie stampate, confezione curatissima, custodia dei tre dischetti in cartone dalla grafica accattivante ed assai particolare eppoi il libretto con l’introduzione corposa di Gianfranco Santoro ed una serie di immagini che richiamano subito quell’epoca, a chi l’ha vissuta, e che certamente avranno incuriosito invece chi ancora, per ragioni anagrafiche, non c’era. Ma lo sforzo economico vale l’impresa (sono certo che sia così… n.d.HadR.)? Gli allegati (poster, t-shirt, adesivi) sono stati concordati subito, o l’idea si è sviluppata successivamente?

Carlo: Francesco risponderà meglio di noi al riguardo. Lo sforzo è stato sicuramente eccessivo per la label (anche per questo la gestazione del progetto è stata molto lunga)…. Spero che possa recuperare non solo le spese sostenute.

Toni: La parte grafica s’è sviluppata in seguito.

MAd: Sono idee proposte da Francesco che sono state abbracciate in toto da noi.

Francesco (My Kingdom Music): Tutta la parte grafica, gli accessori, il box etc. sono mie idee (quindi è colpa mia se volete…). Tutto parte da mie idee ma ovviamente senza la grande raccolta di materiale che era negli archivi cartacei dei ragazzi, sarebbe stato assolutamente impossibile proporre un qualcosa di così completo, definitivo e professionale. Ovviamente il richiamo all’epoca oltre che voluto e dovuto mi è sembrato assolutamente naturale (non avrebbe potuto essere fatto in maniera diversa).

 

In che lasso di tempo si è concretizzata l’iniziativa? L’apparato grafico è stato scelto in seguito, e con quale criterio?

Carlo: Come dicevo, abbiamo avuto tempi lunghi. Il meraviglioso artwork è esclusivamente frutto della My Kingdom Music.

MAd: Dopo più di vent’anni non c’era fretta, penso che il criterio di Francesco fosse di fare una cosa di cui andare fiero a prescindere dalle vendite, dalla moda, da tutto. Gli ho mandato buona parte dell’archivio fotografico e poi ha fatto tutto lui.

Toni: L’iniziativa ha avuto una gestazione molto lunga. Anni e anni. L’apparato grafico è stato scelto in seguito da Francesco.

Francesco (My Kingdom Music): Dal primo imput all’uscita vera e propria sono passati circa quattro/cinque anni, ma il lavoro effettivo di remastering e parte grafica ha impiegato due anni circa. La parte grafica l’ho interpretata nella maniera in cui l’avrebbe desiderata un fan della band. Per cui mi sono messo dall’altra parte della staccionata e ho cercato di capire cosa volevo vedere in un’opera del genere. Quello che vedi è ciò che ogni fan credo voglia dalla riedizione di una discografia, ovvero immagini dell’epoca (il fatto di mettere le foto delle cassette e le copertine delle fanzine dell’epoca è assolutamente un’operazione verità e nostalgia voluta e dovuta), informazioni tecniche e non, commenti dei protagonisti della storia. In più ho pensato anche a chi quell’epoca non l’ha vissuta ed a collocare la band in un preciso periodo storico/musicale e grazie all’incredibile supporto di Gianfranco Santoro ciò è stato possibile. A completare il tutto c’è il fantastico dipinto di Christian Montagna che fa da cornice al tutto. Un lavoro del genere meritava essere rappresentata da un’opera d’arte come il dipinto di Christian è. Il resto deve essere vissuto ed interpretato riga per riga, pagina dopo pagina, foto dopo foto, parola dopo parola alla ricerca di qualcosa dentro sé o alla scoperta di qualcosa fuori da sé.

 

Ogni volta che si sfoglia un album fotografico, se tanti anni sono trascorsi, si ripensa a quel tempo fissato dalle immagini, a come ci si atteggiava, agli abiti… Quelle fotografie sono lo specchio fedele di come eravate allora?

Toni: Sì. Non c’era nessun “atteggiarsi” in noi. Ciò che si vede è ciò che eravamo.

Carlo: Sì eravamo proprio così! Puoi immaginare l’effetto che sortivamo sulla cittadinanza intera! Oggi evito di andare al lavoro con lo stesso look di allora: l’estremismo è tipico dei giovani; guai se non fosse così! Valeria è l’eccezione che conferma la regola: più trascorrono gli anni e più diventa anticonvenzionale ed introversa…

MAd: Certamente, noi eravamo ‘wysiwyg’ ante litteram, peccato non si possano sentire le risate, le grida, i pianti che facevano da colonna sonora a quel periodo.

 

Ovviamente sono i brani che avrebbero dovuto far parte di “2” a suscitare maggiore interesse, anche per le vicende che segnarono la mancata pubblicazione dell’album. Trattasi di brani di gran valore, che segnano una vostra maturazione netta, nei suoni e nel peso specifico delle composizioni. Avrebbe costituito il vostro esordio lungo, invece uscì il pur valido, ma più breve “1995”; un’occasione perduta? Fu questa la causa principale dello scioglimento del gruppo? Come maturò la decisione, certamente sofferta, ed in che tempi? Erano mutate le fonti dalle quali traevate ispirazione ovvero si trattò di una evoluzione naturale?

Toni: “1995”, pur essendo un lavoro abbastanza riuscito, fu un compromesso che fummo costretti ad accettare obtorto collo. Dovevamo pubblicare un lavoro a lunga durata – alcuni dei pezzi che poi confluirono in “2” erano già pronti – ma poi furono cambiate le carte in tavola. Il gruppo cessò ogni attività nel 1996, a seguito di una catena di disillusioni troppo lunga da sintetizzare qui. Quanto alle fonti, le novità erano il risultato di un’evoluzione naturale.

Carlo: In verità, rompemmo con la label di allora. I brani di “2” non piacquero all’Energeia: dissero che non erano in linea con il target dell’etichetta. Ci restammo male… Avevamo avuto dei dissapori in occasione della produzione del mini cd, poiché avremmo preferito al suo posto l’uscita di un album intero. Accettammo il compromesso, ma poi il full lenght non vollero produrlo. Da lì cominciarono una serie di incomprensioni, anche all’interno della band, su come avremmo dovuto muoverci e reagire. Le settimane sono diventate anni e gli anni trascorsi sono ormai venti…

MAd: I problemi cominciarono con l’uscita di “1995” perché noi accettammo il compromesso di farlo uscire come mini con due brani (bellissimi e registrati nuovamente) ma che non c’entravano niente con quello che erano le cose che stavamo facendo e da lì sono entrato in un “helter skelter”, poi le cose sono degenerate sempre più rapidamente fino al punto di entrare in sala senza che l’etichetta avesse ascoltato i brani di “2”, poi il “maelström” è ulteriormente accelerato e il gorgo mi ha inghiottito. Dissi che non avevo più la forza di oppormi a questa tempesta, così mi eclissai. Toni, Carlo e Valy penso si siano sentiti traditi anche da questo. Francesco, pubblicando il box, mi ha ridato la forza di farmi affrontare alcuni di questi fantasmi.

 

Queste canzoni incorporano inoltre degli elementi inediti fino a quel punto della vostra carriera, che marcano una maggiore apertura a forme espressive che poi trovarono sbocco nei Dperd di Valeria e Carlo. Le atmosfere di “Bleeding fingers” rimandano alle melodie rarefatte dei The Cure, ma emerge tra le note una personalità ormai marcata.

Carlo: Ti ringrazio per il bellissimo complimento! Tutto è in mutazione e non siamo più gli stessi di allora… Anche come Dperd, pur essendo soltanto un duo, abbiamo modificato molti meccanismi nella composizione dei brani musicali e nei suoni, rispetto a dieci anni fa. Spesso l’evoluzione di una band non viene apprezzata dai fan, ma il cambiamento fa parte del corso naturale della vita e della natura.

Toni: Era abbastanza normale per noi evitare fotocopie di album precedenti. C’era la voglia di fare cose nuove, pur senza snaturarci. Caratteristica che non ci rendeva appetibili a tutti. Alla fine, molta gente non voleva ascoltare altro che l’ennesima variazione sui Sisters of Mercy o band simili.

MAd: Secondo me la musica dovrebbe essere ascoltata senza paraorecchi. Bisognerebbe solo essere curiosi e stabilire se mi emoziona o no, mi annoia o mi rapisce, tutto il resto sono stronzate. La personalità di cui parli è la stratificazione di esperienze vere non derivanti da compromessi o da scopiazzamenti.

 

Chi erano i Fear of the Storm nel 1991/1995 e chi sono oggi Valeria, Carlo, Tony ed Antonio? E quelle quarantuno canzoni come sono cambiate nella vostra percezione di artisti, quelle che magari consideravate meglio riuscite o più significative lo sono tutt’ora, o magari qualche episodio minore gode oggi di altra considerazione?

Carlo: Sono un tipo fondamentalmente insicuro. Tendo a rimuginare ed a rifare le cose più volte, cercando di migliorarle, ahimè non sempre riuscendoci. Le registrazioni dei brani sono soltanto l’espressione di quel particolare momento. Se avessimo dovuto registrare oggi le tracce di Madness Splinters, avremmo dei brani diversi nel box. Ogni traccia di allora risveglia ricordi diversi e sensazioni a volte in contrasto tra di loro; uno strano connubio tra gioia e dolore.

Toni: I Fear of the Storm erano quattro persone che credevano che l’underground fosse diverso dal mainstream, che pensavano a fare la loro musica senza stare troppo a guardare in giro cosa “fosse giusto” e cosa “non fosse giusto” fare, che cercavano di essere sinceri in ciò che facevano. Quanto ai brani, suppongo che ognuno di noi abbia delle predilezioni diverse. Per quanto mi riguarda, credo che i pezzi di “2” rappresentino la nostra maturità.

MAd: Di certo siamo persone diverse rispetto a quel periodo. Credo che “2” fosse un nuovo punto di partenza per noi tutti, come, del resto, lo erano tutte le uscite precedenti. L’unica cosa che nessuno ci potrà mai accusare di avere fatto scelte facili in nessuno dei cinque intensissimi anni che fotografiamo con questo box. Personalmente sono legato a tutto quello che abbiamo fatto, perché siamo noi, vorrei dirti alcuni che per me sono particolarmente significativi: “Into the Storm” (ingenuo ma è il primo brano composto da noi), “R.I.P.”, “Fear”, “Madness Splinters”, “Sunset”, “Drop after Drop”, “Weightless” (quando la suonavamo dal vivo avevo l’esigenza di girare le spalle al pubblico per le emozioni che mi provocava), “The Return”, “Adrift in Limbo”, “Bleeding Fingers”, “A Wondrous Sensation”, “Slow Motion” e “Sleepless Dreams”, ma veramente sto facendo torto a tutti gli altri.

 

Promuoverete Madness splinters anche dal vivo?

Carlo: Bisogna vedere se da parte di tutti c’è l’interesse a portare avanti il progetto. Credo che sarà più difficile di quanto si creda. Per conto mio, sono così abituato a suonare da solo o con Valeria, che mi parrebbe strano suonare di nuovo con altre persone (anche con lo stesso Antonio, con il quale c’è una confidenza e un rapporto fraterno). Inoltre, non suono dal vivo da vent’anni… mah!

MAd: Non ho più il fisico! Non ho toccato il basso per oltre vent’anni. Comunque dico mai dire mai, sarebbe bello riuscire di nuovo dividere il palco con gli altri. Vedere zompettare Toni che racconta le favole con la faccia truccata o suonare insieme a tre mani il mio basso, o i capricci e le follie di Valeria mi mancano. Per adesso mi accontento di guardare in faccia Carlo mentre proviamo a rifare vecchie cose e soprattutto quando ci lasciamo andare a fare nuovi esperimenti.

Toni: Non credo.

 

Una copia di Madness splinters giace su un tavolo, su una scrivania, su una mensola. La prendete, la aprite. Una pagina a caso. Capelli lunghi, uno sguardo che trasmette sfida, una posa, la copertina di una cassetta, l’immagine di un luogo preciso. Cristallizzate quell’emozione precisa su d’un foglio. Il giorno dopo rileggete quelle righe. Cosa avete scritto?

Carlo: Nel migliore dei casi un’imprecazione…

MAd: E’ stato bello, ma alcune cose non le rifarei, alcune persone non le vorrei credere amiche. Sono quello che sono, sono diventato così perché ero così, non c’era via di scampo, non potrei essere diverso da come sono, non potevo essere diverso da come ero. Chi mi ha accettato e cercato è a fianco a me anche quando non lo vedo per anni, chi non mi ha accettato si fotta!

Toni: “What’s done is done and cannot be undone.”

 

E’ la vita. Libri che si chiudono e che non vorremmo più riaprire, anche se la tentazione di andare a rileggere qualche pagina è forte. Il Tempo ci cambia, e muta il senso dei ricordi. Ringrazio i “tre FotS” e Francesco di My Kingdom Music per la pazienza e per la puntualità, le loro risposte trasmettono una spontaneità che va a loro merito. Questa lunga intervista si era resa necessaria anche per me. Perché riguardare quelle fotografie, rileggere gli articoli pubblicati su Ver Sacrum e su altre riviste di quegli anni, ha riaperto una finestra su una porzione della mia vita. Che, per certi versi, sto vivendo tutt’ora…