Aggancio fornito dalla partecipazione a questa corposa compilation dei nostri beniamini Clustersun, presenti con una splendida versione della classica “Morningrise”, e conseguente approfondimento del curioso Hadrianus che ha portato allo ritrovamento di questa anfora abbandonata sulla rena contenente ben ventuno tracce. Una stagione effimera, quella frettolosamente catalogata nel faldone shoegaze, che ha però prodotto una serie di dischi dei qualoi non ci si poteva non innamorare, per quel suono così profondo, dilatato, elevato su cataste di feedback eppure così intimamente (dream) pop. Breve era presto obnubilata dall’avanzare impetuoso di altre mode, che ha potuto contare negli anni su uno zoccolo duro di appassionati sparsi sul globo terracqueo che ne hanno tenuto viva la fiammella. Eppoi con i ritorni sulle scene dei My Bloody Valentine, degli istessi Slowdive, dei magnifici Ride, con l’affermarsi delle nuove leve di “nu-gazers” (impressionante l’evoluzione manifestata dai nuovaiorchesi A Place To Bury Strangers i quali ebbi la ventura di ascoltare live agli albori della loro carriera, quando divisero il ruolo di headliners con i Raveonettes al festival free di Village Voice, a Coney Island, piazzandomi fiero tra schiere di devoti adepti, era il 2009), i quali hanno saputo riverniciare l’imperioso “wall-of-sound” elevato dai loro maestri a fine anni ottanta/inizi novanta. Ora la “scena che celebra se stessa” viene (ehm) “celebrata” da questa label con sede a Sao Paulo, Brasile, certamente non una località caratterizzata da brume e da uggia, segnale che le distanze si sono davvero azzerate e che l’ambiente può venir “sterilizzato” dalla passione per questo o quell’altro genere. Ecco così che scorrono queste belle canzoni architettate dalle anime delicate di Rachel Goswell e di Neil Halstead, interpretate con rispetto dai loro più giovani colleghi ed alunni. Ci sono tutte, “Slowdive” ovviamente ma anche “Dagger”, “Alison”, “Star roving” e pure “Golden air” di Syd Barrett (inclusa nella raccolta “Blue day”), ma a svettare sono proprio loro, i Clustersun, e dopo aver ascoltato “Morningrise” proverete quella leggera sensazione di ebbrezza che solo un’intepretazione così intesa sa generare.