Trovare un disco di sano e solido gothic è sempre una soddisfazione: l’originalità è una qualità fra le più apprezzabili ma non è necessario, ogni volta, gridare al miracolo per trarre piacere da un lavoro musicale pregevole: è il caso di Blind To Reason dei Subterfuge, band australiana fondata nel 1990 da Clifford Ennis, Rick Mullen e Brendan Toull – quest’ultimo in verità non più presente – la cui produzione non è vastissima ma che comunque è riuscita a crearsi un certo seguito fra gli intenditori, che ne apprezzano la cura e la professionalità, oltre che l’evidente passione che traspare da ogni brano. Il sound dei Subterfuge è quanto di più classico e ‘puro’ si possa immaginare, eppure non ha il sentore di ‘datato’ che si percepisce in tanti gruppi attuali ispirati dall’epoca aurea del gothic. Tale caratteristica è ben rispecchiata dall’album uscito quest’anno, fin dall’opener, “This Long Hour”: l’esordio ‘truce’ e ad alto contenuto drammatico ci proietta in uno scenario tenebroso e dalle tinte ‘sanguigne’, appena scandito dalla ritmica sobria ma efficace. Poi, “Unhinged” ‘sforna’ alcuni fra i riff di chitarra più elettrizzanti del lotto, che andrebbero solo immaginati in una esibizione live, mentre in “You Play the Victim So Well” è ulteriormente accentuato l’elemento drammatico, che risuona nel cupo ‘rimbombo’ del basso, nel piano e, in genere, nell’atmosfera tetra che pervade il pezzo. Più melodica e facile – ma con il solito basso incisivo e la chitarra che letteralmente ‘buca’! – la seguente, notevolissima “Blind to Reason – Tide High Mix” e “Jealousy” dà il meglio nelle tastiere gotiche e il canto funereo, contornato da un fosco sottofondo ‘corale’. Ma anche ‘Vow’ merita la menzione per come sa evocare sensazioni scurissime con pochi, indovinati ‘ingredienti’ e innegabile è poi la suggestione di un brano come “Guilty by Association”, che conclude con vibranti arpeggi, voce densa di pathos e mood tormentato un disco da godere ogni minuto.