Sono trascorsi ben 11 anni per gli Horrors dall’esordio in full lenght con quel Strange House in grado di cogliere trasversalmente l’attenzione degli amanti della musica alternativa. Le sue venature garage e punk che lo contraddistinguevano mai avrebbero fatto presagire un proseguo di carriera così camaleontico ed intrigante. Con Primary Colours gli Horrors spiazzarono gli estimatori della prima ora virando il suono verso lidi post-punk marcatamente contaminati da deelay shoegaze ed un’attitudine pop in grado di regalare perle di cristallina bellezza, senza compromessi. Su tutte la meravigliosa “Sea Within a Sea” la cui ampia coda elettronica preparava di fatto già l’ascoltatore verso la successiva metamorfosi dell’assemble britannico. Evoluzione complessiva del suono che a partire da Skying si fece più dreamy ed elettronico, abbracciando atmosfere wave più lontane dall’anima marcatamente oscura degli albori, per raggiungere lidi romantici più solari in odor di primi Simple Minds e Psychedelic Furs. Con grande personalità, e forse un po’ di maniera, tutte queste caratteristiche portarono gli Horrors alla consacrazione con il successivo Luminous, impregnato di una psichedelia in grado di mescolarsi a tratti con ritmi più dance, con risultati mai banali.
Tutto questo per arrivare alla quinta prova discografica, chiamata semplicemente V. Cinque, come i volti dei componenti sulla copertina a sfondo bianco, fusi assieme in un tutt’uno quasi indistinguibile. Espressione visivamente chiara di un progetto che ha raggiunto la sua maturità, sfornando un album di dieci brani elettronici che confermano quanto la band sia ancora in grado di alimentare la fiamma creativa.
Se il singolo di lancio dell’album “Machine” mostra i muscoli con le sue distorsioni che riportano gli Horrors a rileggere la loro anima degli esordi, con gli occhi più maturi di chi ha percorso diverse tappe della via che ha deciso di intraprendere, diverse piacevoli sorprese arrivano dai restanti brani.
L’opener “Hologram” con quei synth alla Numan o la successiva “Press Enter To Exit” che strizza l’occhio a certe atmosfere surfing a la Beach Boys dimostrano quanto gli Horrors amino sperimentare nuove vie, portandosi dietro forti contaminazioni con il passato.
La dimensione electro–rock di “Ghost”, che costituisce un chiaro esempio di quanto le chitarre taglienti siano diventate funzionali all’elettronica e non più il contrario, convive con grande naturalezza anche con i toni più dimessi ma molto fascinosi di una “Waighed Down” o della preziosissima “Gathering”, i cui inserti acustici riportano alla memoria gli Psychedelic Furs di “Book of Days”.
L’anima più pulsante di V arriva con le due canzoni finali, una “World Below” accattivante apre egregiamente la strada a quella che, sono sicuro, rimarrà uno dei brani synth pop più belli del 2017 e probabilmente degli anni 00: “Something To Remember Me By”, ammaliante ed irresistibile nei suoi quasi sette minuti di incedere irrefrenabile.
Con V siamo di fronte ad un album molto valido, che possiede un’importante caratteristica: crescere con il numero degli ascolti.
Non ci rimane che andare a vedere gli Horrors dal vivo per valutare se la loro magia è in grado di colpire anche in dimensione live.
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