Clock DVA. Foto di Mrs.Lovett

Il concerto dei mitici Clock DVA ci offre l’opportunità di parlare di una lodevole iniziativa – giunta quest’anno alla sua sesta edizione – intrapresa dall’Associazione Universitaria ‘New Grass-Ricerca Musicale all’Università di Pisa’: ‘Elettronica Alla Spina’ (EAS) ha lo scopo di approfondire tutto quanto riguarda la ricerca acustico-tecnologica, con particolare riferimento ad invenzioni e apparecchiature finalizzate alla sperimentazione musicale e sonora. Si tratta quindi di appuntamenti che comprendono, fra l’altro, un’ampia e dettagliata sezione teorica, con incontri e tavole rotonde di esperti delle materie analizzate. Quest’anno, oggetto della ricerca era l’uso delle tecnologie da parte dei musicisti e lo sfruttamento delle stesse a fini artistici. A tale proposito, è stata decisamente una scelta vincente quella di invitare un gruppo come i Clock DVA, da sempre avanguardista e sperimentatore di tecnologie e sonorità legate al moderno mondo industriale. Nato negli anni ’80, come si sa, il progetto si incentra sulla figura di Adi Newton, intorno al quale si sono alternati, nel tempo, svariati musicisti, fino ad arrivare all’attuale formazione che include, oltre al nostro, l’italiano Maurizio Martinucci, studioso di suoni e luci e il greco Panagiotis Tomaras, anch’egli attivo nell’ambito delle arti audiovisuali; Newton ha voluto dunque circondarsi di personaggi che potessero aiutarlo a concretizzare una visione dell’arte a tutto tondo, stimolatrice profonda di sensazioni, così come del resto egli è andato alimentandola fin dagli esordi, quando la sua musica veniva collocata all’interno della ‘rivoluzione’ postpunk anche se appariva diversa e, a volte, un po’ complicata. Newton ha sempre ribadito il suo interesse per le arti figurative spiegando, come si è letto più volte, che gli spettacoli dei Clock DVA erano concepiti per essere ‘osservati’ oltre che ascoltati e che i video erano parte integrante del messaggio destinato al pubblico. Di tutto questo si è avuto a Pisa un saggio importante e bello.
Prima dell’esibizione del gruppo è svolto un incontro, moderato dal noto critico musicale Vittore Baroni, cui hanno partecipato, insieme a Newton, anche il conduttore radiofonico Nicola Catalano e il musicista d’avanguardia Massimo Magrini, famoso soprattutto come Bad Sector. La discussione si è prolungata per poco più di un’ora, toccando sia le tematiche ‘tecnologiche’ al centro della serata che svariati aspetti della ricerca musicale e artistica dei Clock DVA. Trattandosi di argomenti particolari e legati a interessi specifici, chiaro che a seguirli fosse una minoranza dei presenti, mentre gli altri si attardavano in fondo alla sala; l’attenzione è poi velocemente risalita quando i tre sono apparsi sul palco insieme a tutte le loro apparecchiature per dare inizio ad uno show che non trovo esagerato definire stupefacente. Se la sostanza della musica di Newton non ha bisogno di descrizioni e, comunque, è di certo conosciuta a chi lo segue da anni e magari acquista i suoi dischi, il concerto rappresenta un momento unico e irripetibile di meraviglia e godimento estetico, tanto che necessita, a mio avviso, di una concentrazione notevole e della disponibilità ad immergersi completamente in un contesto multimediale insolito e straordinariamente emozionante. Il trio mantiene un atteggiamento composto e formale dietro alle tastiere su cui lavora, evitando non solo gli eccessi da rockstar ma anche l’interazione con il pubblico, come preferisse tenere un profilo basso per porre lo spettacolo al centro della serata; alle spalle dei tre, in apparenza scaturiti dalla stessa musica che, mai come in questa occasione, nel suo minimalismo di base ha saputo delineare atmosfere dagli ampi orizzonti e ha mostrato legami evidenti con l’elettronica del passato, anche dal retrogusto kraut, immagini e video in sequenza, sempre belli e spesso sorprendenti, che includevano tipologie diversissime, dalle più psichedeliche combinazioni di colori, alle più ipnotiche figure geometriche, per arrivare a composizioni di foto e filmati ispirati a svariati aspetti della realtà o dello spazio. Numerosi i momenti esaltanti, come le visioni di intenso blu che hanno accompagnato “Return to Blue”, la sconcertante grafica sfondo di “Kabaret 13” e tanti altri che, procedendo rapidamente dinanzi ai nostri occhi, non siamo riusciti a catturare. Nonostante il carattere colto di una forma di espressione che presuppone, oltre alla sensibilità musicale, un’enorme conoscenza di molti campi della cultura e della tecnologia, non un secondo di noia si è percepito in una sala attenta e anche un po’ stupita, che non ha nascosto il suo gradimento per questa esibizione da non dimenticare.

Clock DVA. Foto di Mrs. Lovett