Riedizione di una demo che presumo sia ormai introvabile, Under the strawberry moon concentra otto tracce di doom autarchico e rutilante al quale vengono inflitte staffilate di stoner/drone e buone dosi di psychedelia di qualità. Indizio importante, le Blacklab provengono da Osaka. Sono “solo” due ma bastano, è un diluvio doom squassato da improvvise esplosioni ed amplificato nella sua immane portata da un canto (in madrelingua) dai toni ieratici, che pare provenire da ere remote, in una generale compostezza che richiama i cipressi dannunziani. Yuko Morino (voci e chitarra) e Chia Shiraishi (percussioni) concedono sguardi misti di severità ed afflizione, ed il costrutto sonoro che i loro strumenti rilasciano non rassicura. Viene da pensare a “The grudge”, è suggestione, anche questo provoca la musica; le voci oltretombali di “Warm death”, celebrazione sabbathiana nel senso di “quelli di Birmingham”, si levano su una struttura scarna, “Symptom of the Blacklab” si muove inizialmente sul binario di “Symptom of the Universe” poi deraglia. In Under the strawberry moon c’è di più che “semplice” doom, perché ai temi sepolcrali s’accompagna una inclinazione alla riottosità del grunge meno addomesticato (ed il substrato riot-grrrls non è da trascurare), poi c’è lo stoner di “His name is…” ad ampliare il cerchio, la chiusura affidata alla lunga “Big muff” è lì a confermare la bontà del disco (in pellegrinaggio dai Mudhoney, dieci minuti di rumore da esaltazione psych del pedale, al quale andrebbe di diritto una porzione di credits!). Agiscono dal 2012 e l’anno scorso hanno pubblicato un omonimo ep, contenente “Black moon”, “Fall and rise” ed “His name is…”, ed uno split con The dope (con “Warm death” ed “Hidden garden”), sarebbe interessante ricuperarli per verificare la resa sicuramente più grezza di queste tracce, alle quali Wayne Adams avrà lavorato di mix senza risparmiare energie. Disponibile anche in vinile nero ed arancione.
Per informazioni: http://www.goodfellas.it
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