Questa uscita dell’etichetta Krysalisound – ovvero Night’s Highest Noon, opera di debutto dei Klās’tĭk, duo formato da Masaya Hijikata e Andrea Koch – è veramente particolare: si tratta di un disco di musica di avanguardia che potrebbe risultare ostico ad un ascolto superficiale. Tuttavia richiede molto impegno anche da parte degli ascoltatori più avvezzi a certe sonorità. Si avverte, ascoltando questo lavoro, che c’è alla base un duro e rigoroso lavoro di ricerca: non a caso Night’s Highest Noon è il frutto di 2 anni di sperimentazioni in studio in cui il risultato finale è un affascinante connubio fra antico e moderno. L’obiettivo, indubbiamente ambizioso, è quello di creare un nuovo linguaggio musicale attraverso la sovrapposizione di voci, percussioni ed elettronica. Le ambientazioni create alla fine sono molto minimali: le percussioni creano una sorta di vortice tribale che evoca antichi riti ancestrali ormai dimenticati mentre gli elementi elettronici mantengono ancorata la musica alla modernità. È difficile fare paragoni con esperienze del passato anche se, facendo andare la memoria agli anni ’70, possono venire in mente, almeno a livello di atmosfera e suggestione, certe sperimentazioni di gruppi italiani come i N.A.D.M.A.. Tuttavia siamo di fronte ad una proposta assolutamente originale e questo è sicuramente un merito: ci sono sicuramente dei richiami alla cultura orientale e, in particolare, a quella giapponese. È un album che potrebbe piacere agli amanti dell’ambient anche se chi è abituato ai quieti e pacati paesaggi sonori di Brian Eno e Steve Roach dovrebbe andarci con i piedi di piombo. Alla fine Night’s Highest Noon è un folle impasto di ambient-jazz, psichedelia e avanguardia in cui la musica procede attraverso stratificazioni sonore ardite e momenti realmente concitati e tribali. L’iniziale “Chauvet” è emblematica in questo senso: voci mistiche si alternano a ritmi tribali dando vita ad un impasto sonoro di grande fascino e poesia. Non mancano però anche i momenti più eterei e pacati dove possiamo farci cullare dalle armonie minimali delle voci e degli archi come nella traccia “Delle marianne”. Al contrario un brano come “Regina coeli” è un coacervo di ritmiche impazzite e futuriste, un po’ il simbolo della realtà folle in cui ci troviamo a vivere. In definitiva il rischio, in produzioni di questo tipo, è che venga meno l’emozione, un aspetto che considero fondamentale nella fruibilità della musica: non è fortunatamente questo il caso di Night’s Highest Noon che riesce ad avere un senso ad essere comunicativo. Disponibile su Bandcamp: https://krysalisound.bandcamp.com/album/nights-highest-noon.
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