In un lustro di attività i n6m6ti6n hanno saputo consolidare un impianto narrativo credibile, conforme al “southern gothic” che è il genere al quale si riferiscono (anche se il contenuto è assai diversificato), e che necessita, per forza, di un apparato testuale dal forte impatto visivo. Perché drammi più o meno reali o puramente immaginari necessitano di un adeguato palcoscenico ove venir portati in scena e, di conseguenza, pure di un pubblico adatto a recepirli.

La proposta artistica del quintetto può soddisfare una platea di fruitori assai ampia, non necessariamente circoscritta a chi magari ritiene che tutto sia già stato esposto a regola d’arte da chi la celebrità l’ha già conseguita (a chi mi riferisco forse è chiaro). Non lasciatevi ingannare dall’impostazione vocale o da alcune armonie. Sono indizi che vanno approfonditi, come ci insegna l’Ispettore Jimmy Perez della serie TV “Shetland”. Funeral parade of lovers (prende il titolo dalla pellicola “Funeral parade of roses” diretta da Toshio Matsumoto) intriga nella sua sostanza fatta di ballate macabro/crepuscolari intrise di ironia, e lo stesso atteggiamento dei musicisti, naturale, per nulla artefatto, quasi che sia faccenda d’uso quotidiano, mette a proprio agio. Accomodiamoci ed ascoltiamo cos’hanno da dirci.

Ma non commettete l’imperdonabile errore di sottovalutarli, essi sono esecutori eccellenti e vi sorprenderanno con soluzioni inattese. L’impetuosa chitarra di Eros Piani su “The long morrow” che lascia spazio al crescendo d’organo di Andrea De Colle e, sul retro, la tumultuante sezione ritmica di Lorenzo “Tubo” Della Rovere (batteria) e di Alessio De Colle (basso) disegnano uno scenario strumentalmente composito, che trapassa dall’irruenza post/punk alla grandiosità del dark progressive… E l’entrata della title-track, con quel piano e quella batteria che saltellano ed il canto da crooner consumato valgono da sole un encomio. Brano che, attenti, vi troverete a canticchiare come accaduto al sottoscritto (che magari testo non fa) impegnato con zappa e rastrello a preparare l’aiuola per la fioritura primaverile. Figuratevi sennò a lucidare il marmo d’una tomba. Ma anche qui la tempesta orchestrale è pronta a scatenarsi.

 

L’intiero album era già stato eseguito live al Tetris di Trieste il 16 dicembre ’17 (https://www.versacrum.com/vs/2017/12/nomotion-trieste-16-12-2017.html), a lavorazione già iniziata (conclusasi nel luglio del ’18), questo per la cronaca, una specie di prova generale. Funeral parade of lovers è ben definito nei suoni, gli strumenti e la voce sono ben bilanciati e perfettamente distinguibili, se lo ascoltate in cuffia, poi, apprezzerete alcuni accorgimenti finemente confezionati. Il complesso ha evidentemente chiaro il suo obiettivo e si diverte nell’operare al suo conseguimento. Le undici tracce che compongono la scaletta del disco non si conformano ad un canovaccio che viene ripetuto fino all’esaurimento; la forma ballata (“The edge of abyss” dal mood notturno da club frequentato da chi dalla vita ha subito solo sconfitte) viene esaltata proprio dal seguire od essere seguita da tracce più spedite (“Glasgow smile”), creando così un giuoco di ombre cangianti. Funeral parade of lovers ostenta una eleganza un po’ blasé, di chi ha già visto tutto e tutto gli viene a noia, ma sa come richiamare l’attenzione su di sé; aumenta il ritmo, si aggroviglia su una distorsione, e basta un attimo, è fatta. Finale affidato all’imperiosa “Our black sun”, che tiene fede al suo titolo, e non poteva esserci chiusura migliore, l’essenza del n6m6ti6n-sound è tutta racchiusa nei suoi cinque minuti scarsi di durata, poi basterà schiacciare nuovamente il tasto play del lettore di cassette: è questo infatti il formato scelto per custodire Funeral parade of lovers, ma potrete reperirlo anche in digitale. Serve altro? Adesso tocca a voi.