Il suono di NYC. Sporco, deviato, urticante. Un grumo di polvere e cicche incrostato tra le piastre del marciapiede. Non un genere, ovvero uno stile, ma proprio un “suono”, del quale i Beechwood si sono appropriati, divenendo i più autorevoli prosecutori. Gordon Lawrence all’epoca delle registrazioni aveva diciassette anni. Isa Tineo uno di più. Sid Simons sarebbe arrivato dopo. Trash glamour è ruvido, come “Genocide” che esce fuori come gli Stooges od i Dead Boys amplificati dalle fantasie di due adolescenti. I semi di “Songs from the land of Nod” e di “Inside the Flesh Hotel” sono stati piantati allora, in un terreno inquinato dai liquami degli scarichi industriali. Trash glamour è puro rock’n’roll, violento, immediato, sguaiato, come si deve essere a quell’età (“Trash glamour”). Trita i Jesus and M.C. con i Velvet Underground (che per un nuovaiorchese sono un riferimento irrinunciabile), indossa le vesti sgargianti dei NY Dolls, ma è più Thunders che Johansen. E quando non si capisce bene dove vuole andare a parare, come in “Bleach blonde” od in “Milk”, basta un attimo e tutto si chiarisce. Spontaneo. Ingenuo. Significativamente, essi citano i due dischi che all’epoca ascoltavano fino allo sfinimento, “Raw power” (“Rich cunt”) ed “Exile on main street” (“I can’t stop it”). Quasi ovvio, ma “Run away”, Santo Cielo, sono i Nirvana senza le camicie di flanella. La logica di questa uscita? Piacerà a chi i Beechwood già li apprezza, completa la “visione” del loro sound. Due dischi pubblicati in pochi mesi, ed ora un salto nel passato, Trash glamour. Una manciata di mesi, mica lustri. Una foga espressiva d’altre epoche. Speriamo che non brucino troppo in fretta…
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