Lo strumentale “Februus” introduce un’opera sfaccettata, ove il gothic-metal assume forme cangianti ed evolute, formando la base per elaborazioni audaci alle quali gli Eva Can’t si sono adeguatamente preparati. Esprimersi in madrelingua può costituire un azzardo o, peggio, un ostacolo insormontabile se affrontato con leggerezza, ma il testo magnifico di “Vermiglia” fuga tosto ogni dubbio: traccia impressionante nel suo incedere deciso, l’apparato lirico e quello strumentale fusi in un tutt’uno. Decisamente sorprendente, ma solo se non si ha dimestichezza con i trascorsi artistici del quartetto bolognese, essendo Febbraio preceduto da altri quattro dischi (dei quali recensimmo il precedente “Gravatum”), e con il passato dei componenti il complesso (la teatralità degli In Tormentata Quiete è un tratto distintivo anche per EC). Le sfuriate metalliche della title-track paiono ispirarsi a quel capolavoro di chiaroscurale lirismo che è “The silent enigma” degli Anathema, la compostezza goticheggiante di “Candele”, drappeggiata da chitarre ispirate, le impennate hard progressive di “Finale”, la quale parrebbe citare illustri rappresentati del prog italiano dei settanta, ma che risulta attualissima nei suoni proposti, sono solo alcuni tasselli di un’opera assai più complessa. La tecnica dei singoli viene saggiamente messa al servizio del collettivo, essendo Febbraio una raccolta corale ove ogni componente deve legarsi alle altre con naturalezza; se confrontato a “Gravatum” il presente lavoro risulta più omogeneo, fors’anche più fruibile, e questo è un indizio, a parer mio, di ulteriore maturazione del progetto
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