E’ nello spirito del prog-metal contaminarsi ed accogliere nel suo seno elementi di diversa estrazione, i quali possono poi divenire focali nell’apparato espositivo di un gruppo. Ho utilizzato questo termine (prog-metal è in fondo assai ambiguo) per tracciare una prima linea di congiunzione tra due punti: l’altro indica la frangia più estrema del metal stesso.
“De Rervm Natura” poggia le basi del suo costrutto lirico sull’omonimo poema di Tito Lucretio Caro, oggidì sorprendentemente attuale, chiamando l’umanità ad una presa di coscienza netta circa il suo rapporto con la propria coscienza, con la Natura, con il proprio essere. Con la realtà. Traendo ispirazione e guida dall’epicureismo, Lucretio compose la sua opera nel secolo primo avanti la venuta di Cristo (la datazione è incerta).
Il De Rervm Natura degli EoD si suddivide in otto tracce, caratterizzate dall’uso assai appropriato del latino nel loro ingresso. Queste poi si sviluppano inglobando appunto orchestrazioni eleganti, trame elettroniche, vigoria strumentale, con le voci di Gloria Zanotti e di Matteo Salvarezza in primo piano (due canzoni vedono il supporto di Marco Migliorelli). Le trame chitarristiche sono complesse ma mai ridondanti, tutto è funzionale alla narrazione, la sezione ritmica mostra l’esuberanza tipica del prog pur non eccedendo nell’autocompiacimento. E’ moderno, De Rervm Natura, amalgamato da una produzione curatissima, ma la bontà del “tocco” di Giuseppe Orlando (Outer Sound Studio) non la scopriamo certo noi. La masterizzazione è stata inoltre curata da Mika Jussila, uno che ha assoluta dimestichezza con la materia e che suppongo trascorra buona parte del suo quotidiano al chiuso dei suoi Finnvox. Il risultato è letteralmente spettacolare, De Rervm Natura coinvolge, mantenendo sempre alta la tensione. L’approccio progressivo allo svolgimento dell’opera è da intendere come rinunzia ad una formula di comodo (si ascolti “De Pavore Mortis”), rinunziando all’ampollosità che altri esibiscono senza pudore. Cambi di tempo e di atmosfera stordenti (come il ricorso al growl che appare talvolta forzato) denunziano a tratti una certa mancanza d’equilibrio, quasi che l’impeto prenda il sopravvento, ma trattasi di peccato veniale, considerando il disco nel suo complesso. E’ quel gusto tutto italiano (permettetemelo), già peraltro presente in “Humananke” del 2014 e quivi vieppiù evidente, a ristabilire la misura dello svolgimento. Brani come l’imperioso “De Motv Rervm” o come la riassuntiva, solenne “De Formatione Orbis” che chiude De Rervm Natura sono il più fulgido esempio di come un genere ritenuto a torto di nicchia meriti invece una platea assai ampia.