Una piacevole sorpresa l’album di La Grazia Obliqua Canzoni per tramonti e albe – al crepuscolo dell’Occidente, uscito alcuni mesi fa. Il progetto romano, che con l’Ep La Grazia Obliqua aveva posto le basi per un sound interessante ed originale, mantiene qui tutte le promesse sfornando dieci brani di ottimo livello, alcuni addirittura straordinari, dove arrangiamenti elettronici a colori dark tipicamente legati alla tradizione postpunk – ma caratterizzati da una singolare ‘patina’ decadente – si ‘sposano’ con testi impossibili da ignorare. Le tematiche affrontate sono, come in passato, connesse a situazioni di crisi che qui, in ogni caso, assumono una valenza più ‘intima’ e umana. Il disco è stato ancora una volta registrato al Ghostrack Studio di Roma, mixato e masterizzato dal greco George Priniotakis. Apre “Kaos/Sempre” con suoni ‘aspri’ e graffianti di derivazione postpunk, impetuosi e coinvolgenti, mentre la seguente “Genealogy” rallenta, accentuando la natura dark della modalità espressiva dei nostri e proponendo, al contempo, uno dei riff più riusciti dell’album. Subito dopo, “Oasis”, uno degli episodi migliori, è un esempio di wave libera e briosa e “Velvet 1994-2000”, già presente nell’Ep, è dedicata, come si sa, all’omonimo locale romano degli anni ’90, la cui memoria genera un’intrigante miscela di sonorità evocative e ritmiche vivaci; “Lilith”, poi, è una sorta di ballata avvolgente quanto oscura. Molto bella anche “Friedrich”, davvero insolita in questo contesto poichè sembra rifarsi piuttosto alla tradizione elettronica degli anni ’70, con suoni consistenti non privi di una certa solennità abbinati a liriche che colpiscono, mentre, poco dopo, “Verso Aden” seduce con tristi note di pianoforte e un arrangiamento fra i più impegnativi. Il disco si chiude con la splendida “Pasolini”, ballata lineare ma di grande poesia intitolata ad una delle figure cui il gruppo si sente maggiormente legato, che testimonia di una ricchezza di ispirazione tutta da scoprire.