La prima delle tre date del mini-tour “Days of the dead” che vede affiancate le due band si consuma al LOFT di Trieste, serata organizzata dall’etichetta dei primi, la giovane ma già attiva Mold Records.

I Black Corrida sono un duo chitarra acustica/batteria. Si affidano a questa formula collaudata, sul tappeto sonoro creato dalla batteria s’inserisce il cantante e chitarrista. Da anni ormai line-up così essenziali non sorprendono più, ma nel caso dei Black Corrida, è la personalità a metterli al riparo da ingombranti (ed inutili) paragoni.

Black Corrida – Foto di EleNoir

Lo scorso maggio hanno pubblicato Moorea, la tracklist del quale costituisce l’ossatura della loro esibizione. Brani interpretati da un performer che si tiene in equilibrio sulla sottilissima lama che divide ammirazione da irritazione. Interpreta il ruolo a dovere, consapevole che se si scivola ci si fa male, si finisce tagliati in due, col sangue che t’imbratta il bell’abito e le viscere che si sparpagliano tutt’attorno come punicei e carnosi petali di rosa. Mettono in scena le loro ballate tragiche, alcune le gradisci al primo impatto, altre le vorresti riascoltare con più calma, da solo, senza che nessuno si accalchi, ti spinga. E’… western/gothic (?) scheletrico, risolto con noncurante eleganza. Perché non ci si può presentare sciatti, quando si affrontano certi temi allo stile non si deve rinunziare. Poi a concerto ultimato magari ti verrebbe la tentazione di prenderlo a calci, ma non lo fai, perché… ti sono piaciuti. Al netto di false (volute) partenze, di una verbosità manifestatamente irritante, dell’ostentazione di pose che mostrano il segno del logorio, tanto sono state sfruttate. Moorea è consacrato da titoli come “The reminiscent (a hateful ballad for ambiguous cowboys)” e “Leaky morality”, su disco la voce è magnifica, il duo facendo leva su pochi elementi architetta un blues deviato e scarnificato. La Mold Records deve lavorarci su, ha in scuderia un’ottima band, un nome da spendere.

Nomotion – Foto di EleNoir

I Nomotion tornano ad esibirsi a due anni dall’ultimo concerto, tenutosi al Tetris (sempre Trieste), data che noi documentammo. Così, senza il tempo di provare, di allineare i meccanismi, salgono sul palco. L’intesa la trovano subito, e di questo non avevamo timore, il repertorio è solido, Funeral Parade of Lovers è una splendida raccolta di brani che incalzano l’ascoltatore e che dal vivo trovano la loro più fulgida forma. Interpretati da un vocalist carismatico che non toglie spazio ai compagni, i quali lo assistono stendendo un manto di suoni cangianti, anche se tendenti sempre al grigio/nero/seppia. Anche nelle inevitabili imperfezioni (dovute ovviamente al lungo periodo di inattività), coinvolgono con la forza dell’epopea crepuscolare e decadente che inscenano, quella dell’ultimo ballo prima che si dia inizio alla ritirata tra gli acquitrini della Louisiana, con gli stivali lucidi che si chiazzeranno dei resti di organismi in decomposizione. E’ sempre un piacere vederli dal vivo, le coloriture delle tastiere, l’audacia della sezione ritmica, la chitarra che non disdegna fraseggi più grintosi evitando di sfoggiare vano virtuosismo. E quella maledetta voce, Santo Dio, a raccontare queste fosche storie di abiezione, di dolore, di Morte, consumate nelle stanze di magioni che cadono a pezzi, uno dopo l’altro. Presentano un inedito (“Colour of failure”), che auspico di poter riascoltare presto e che si incastra perfettamente nel contesto narrativo della loro esibizione, ove tutto trova un suo senso, anche un a-solo scomposto, sgangherato, che ci consegna però ad un finale d’epica fiammeggiante, perché così deve essere.

Serata chiusa dal collaudato set di The Retromantics, sigla sotto la quale operano il produttore/compositore Cosmo Cocktail (che attinge ad un repertorio personale letteralmente sconfinato) e dalla dinamica dj (ed eccellente fotografa) EleNoir.

Si ringrazia EleNoir per le foto.