Colin Wilson è uno dei grandi irregolari della letteratura inglese. Divenne noto nel 1956 con The Outsider (in italiano la prima edizione venne tradotta con il titolo Lo straniero per Lerici editore mentre ora è disponibile presso Atlantide con il titolo originale), un saggio in cui ripercorreva l’esistenza dei “diversi” nella letteratura come il Raskòl’nikov di Fëdor Dostoevskij, protagonista di Delitto e castigo o il Malte Laurids di Rainer Maria Rilke. In The Outsider venivano analizzate le biografie di autori come Friedrich Nietzsche, Vincent Van Gogh, Ernest Hemingway, Albert Camus e molti altri. Dal testo traspariva la visione “esistenzialista” di Colin Wilson che aveva condotto, fino a quel momento, una vita da vero e proprio “marginale”. In realtà c’è uno scrittore che non compare in quel saggio ma che sicuramente gli ha ispirato il titolo: si tratta di H.P. Lovecraft che appunto scrisse il racconto The Outsider, una storia in cui risulta ancora troppo netto il divario, a livello stilistico, con Edgar Allan Poe. Tuttavia Wilson ne  ha saputo sfruttare il simbolismo. Ma la figura di Lovecraft stende la sua ombra su molta della sua produzione. Come molti, lo scrittore inglese aveva un atteggiamento di malcelata superiorità nei confronti del Solitario di Providence. Fu per questo che scrisse, su sollecitazione di August Derleth, I parassiti della mente (The Mind Parasites). Fu il primo di una serie di romanzi dedicati alla filosofia dell’universo impazzito di HPL a cui vanno aggiunti La pietra filosofale (The Philosopher’s Stone) e Il ritorno dei Lloigor (The Return Of The Lloigor). Ma soprattutto, nell’introdurre I parassiti della mente, Wilson ammise che Lovecraft, più di Hemingway, Kafka o Faulkner, era il simbolo dell’artista-outsider nel ventesimo secolo.

Queste considerazioni sono valide anche per il romanzo appena pubblicato da Carbonio Editore ovvero Riti notturni (Ritual In The Dark – 1960). Il protagonista, Gérard Sorme, è proprio un “outsider” e, sotto molti aspetti, la sua figura può ricordare un personaggio come H.P. Lovecraft. Di sicuro ci sono dei rimandi autobiografici. Infatti Gérard Sorme racconta di aver vissuto per un periodo in isolamento a Londra come fece lo stesso Wilson. L’incipit è molto potente: “Uscì dalla metropolitana di Hyde Park Corner a testa bassa, ignorando le persone che gli si accalcavano intorno e lasciando che fossero loro a spostarsi, Non gli piaceva la folla. Lo irritava. Quando gli capitava di osservarla, si ritrovava a pensare che c’erano troppe persone in quella maledetta città: ci sarebbe voluto un massacro per fare un po’ di spazio”. La vicenda narra dell’uccisione, in modo efferato, di alcune donne nel quartiere di Whitechapel a Londra. Da questi delitti, che ricordano il famigerato Jack lo Squartatore, Gérard Sorme prende spunto per elaborare una sua particolare filosofia (imbevuta di teorie esistenzialiste allora, era la fine degli anni ’50, alla moda) dove interpreta l’omicidio come un atto creativo. Il ritratto che Wilson fa dell’atmosfera della Londra sotterranea di fine anni ’50 inizio anni ‘60 è indimenticabile: si ha la sensazione di rivivere quella particolare epoca ricca di fermenti culturali. Troviamo inoltre dei personaggi eccentrici come Austin Dunne, l’amico gay e sadico di Sorme e artisti bizzarri come il pittore masochista Oliver Glasp  oltre a Gertrude Quincey, una donna intellettuale, Testimone di Geova e, a suo modo, anche lei un outsider. La perversione sessuale come motore delle azioni umane è sicuramente uno dei temi del romanzo.

Riti Notturni è lungo ma, a distanza di tempo, funziona ancora, è piacevole e si lascia leggere. Purtroppo al giorno d’oggi libri così ne vengono pubblicati pochi. Colin Wilson ha scritto una sorta di thriller metafisco esistenzialista e “lovecraftiano”. Il volume è disponibile sul sito della Carbonio Editore: https://carbonioeditore.it/.